Il primo pomeriggio regalò a Taehyung un inaspettato colpo di coda dell'estate appena passata. Sedeva sull'erba verde e umida e il vento gli accarezzava il volto più gentile di qualsiasi tocco che avesse ricevuto negli scorai mesi. L'aria umida gli entrava sotto il cappotto marrone, ma non lo faceva infreddolire e lui la lasciava passare tenendo gli occhi chiusi e respirando a pieni polmoni quella che non sapeva essere la sua ultima ora di libertà.
Rifletteva sulle recenti rivelazioni e non gli pareva possibile che tutto ciò fosse reale, che lui fosse reale. Le sensazioni che aveva provato, le domande che gli era stato detto non poteva fare, tutto adesso aveva acquisito un senso diverso e per quanto irrealistica, la spiegazione combaciava con tutto ciò che lo faceva sentire sbagliato.
Ancora non ci credeva, una vocina dentro di sé seguitava a ripetere che il signor Jeon era un folle complottista con teorie strampalate per la testa, ma non voleva ascoltarla. Era troppo rassicurante scoprire i motivi per cui i suoi genitori lo avevano rinchiuso, che fossero veri o meno, finora non era riuscito a trovarne e questo lo dilaniava.
Aprì gli occhi e osservò la collina di fronte a sé, verde e tranquilla l'erba ondeggiava sotto i fiati del vento tiepido, indifferente al suo tumulto interiore e questo piuttosto che calmarlo lo faceva arrabbiare. Come poteva la natura dimostrarsi così noncurante nei suoi confronti? Come faceva a risultare tanto pacata mentre operava i miracoli del mondo, mentre lui per un'inezia crollava?
Una lacrima gli scese sul viso e di nuovo si sentì sbagliato.
«Che fai qua fuori?» Una voce conosciuta lo fece riemergere.
Si asciugò rapidamente la gota e si voltò, trovandosi di fronte il signor Jeon. Quella giacca nera gli stava proprio bene.
«Niente, entro subito.» Rispose facendo per alzarsi.
«No no, non importa stiamo qua.» Lo frenò Jungkook, mentre con un gesto veloce e sgraziato gli si metteva di fianco. La sua voce non era spensierata come al solito e aveva l'espressione pensosa.
«È molto bello qua.» Disse quasi timidamente.
«Sì, ci vengo sempre mi rilassa.»
«Nelle colline sotto fanno un vino strabiliante, ma mi hanno detto che quest'annata non è andata molto bene per la siccità.»
«È vero, ma l'anno prossimo andrà meglio, è sempre così.» Taehyung guardava in basso mentre parlava e giocava con le proprie dita.
«Cos'hai?» Domandò il signor Jeon dolcemente.
«Lei cos'ha?»
Jeon sorrise e appoggiò le mani dietro di sé.
«Facciamo questo gioco adesso?» Gli chiese guardandolo e per la prima volta da quell'incontro anche il ragazzo incontrò i suoi occhi. Sentì qualcosa smuovergli lo stomaco.
«Cosa vuole che abbia? Tutte quelle cose che mi ha detto mi fanno pensare.»
«Ti fanno pensare a cose belle o brutte?»
«Mi fanno pensare e basta.» Rispose Taehyung portandosi le ginocchia al petto.
«Ho parlato con i tuoi genitori.»
Ci fu un momento di pesante silenzio in cui i due si osservarono soltanto.
«D-di me?»
«Di te.»
Taehyung voleva piangere.
«Perché? Avevo chiesto di non farlo.»
«Perché io non posso aiutarti e credevo che loro volessero.»
Taehyung sentì qualcosa rompersi dentro.
«Che vuol dire che non può aiutarmi? Non vorrà andare via?» Questa volta gli occhi gli si inumidirono, sciolse la sua posizione e appoggiò le mani per terra, vicinissime alla gamba di Jungkook.
«Certo che no, ma ho dei mezzi limitati e speravo che loro avrebbero fatto qualcosa.»
Il ragazzo tornò in sé riprendendo a respirare normalmente. Adesso però la rabbia si faceva strafa dentro di lui.
«Glielo avevo detto. Gliel'ho chiesto e le ho spiegato perché non doveva.» Proferì con tono accusatorio.
«Hai ragione, scusa. Ho fatto un casino.» Jungkook sospirò abbassando il capo.
«Si sono arrabbiati tanto?»
«Sì e... mi obbligano ad accettare quel signor leccapiedi in classe.»
Il ragazzo restò muto e riprese le sue ginocchia. Lì con il signor Jeon era stato più libero che mai e adesso di nuovo i suoi genitori trovavano un modo per soffocare quella poca libertà. Si sentì morire dentro.
«Mi dispiace.» Udì mentre una mano gli toccava la spalla, ma lui non avvertiva più niente, solo tristezza e con la testa sulle ginocchia si mise a piangere.
Jungkook non aggiunse nient'altro, si limitò ad abbracciare quell'esile figura accartocciata davanti a sé e ad accarezzargli la testa più delicatamente che poteva.
«N-non n-e p-posso più.» Sussurrava tra un singhiozzo e l'altro. «M-mi hanno p-portato v-ia tutto e o-ora anche l-ei.»
«Io non vado da nessuna parte Taehyung.» Gli rispose continuando ad accarezzarlo.
«N-on p-potremo più f-are nulla.»
«Sì invece, fuori dalle lezioni.»
«S-sono stanco d-di fare l-le cose di n-ascosto.» E così dicendo si voltò verso Jungkook e i loro occhi si incontrarono di nuovo. Qualcosa scattò in Jungkook, l'istinto di protezione più forte che avesse mai sentito che non gli permetteva di reggere oltre quello sguardo. Gli accarezzò la guancia, gli prese il viso e gli baciò la fronte per un lunghissimo istante.
Si scostò e lo guardò di nuovo, mentre le gote gli prendevano una colorazione rossastra.
«Ti prometto che ti tiro fuori di qui.»

STAI LEGGENDO
Stigma
Hombres LoboTaehyung è un giovane intrappolato in una torre d'avorio e i suoi carcerieri sono i suoi stessi familiari. Una famiglia disfunzionale non gli impedirà tuttavia di costruirsi la felicità che tanto brama. > Capitoli di media lunghezza > Omegaverse > K...