Capitolo 2

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Rimasi ancora qualche minuto ferma in ascolto del silenzio denso e confortante che mi circondava. In realtà non mi sorprendeva assolutamente che nessuno si fosse preoccupato se fossi ancora viva, tanto ormai non ero neanche più responsabilità di mio padre, mi aveva venduto.
Anche se questo comportamento non mi sorprendeva, faceva dannatamente male pensare che avrei dovuto abbandonare tutto quello che conoscevo, ricominciando da capo in un posto ignoto e con un futuro incerto. Mi alzo e vado con calma in camera mia, la casa sembra deserta. Mi sdraio sul letto e lascio finalmente sgorgare le lacrime e i singhiozzi trattenuti, vergognandomi della mia debolezza ma no potendone fare a meno, sapendo che dopo sarei stata peggio altrimenti.
Mentre cercavo di ripensare ai momenti felici passato con al mia famiglia dentro quelle mura, trovandone ben pochi, dentro la mia mente si stava formando un piano per evitare tutto quel dolore. Era rischioso, certo, e anche infantile e arraffazzonato, ma era l'unica soluzione. Fuggire.
Preparo in fretta e furia uno zaino con il telefono, in caricabatterie, dei soldi e dei vestiti e chiudo il tutto.
Mi vesto con dei leggins e una camicia di jeans comoda e calda con sopra una giacca pesante dato che è fine novembre. Prendo le chiavi di casa e scendo sicura di non incorrere nessuno.
Con circospezione attraverso le varie stanze fono ad arrivare alla porta di ingresso. Faccio per infilare le chiavi nella toppa ma una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare
<<Mi dispiace ma nn posso farla uscire>>
Riconoscendo la voce di un cameriere e sapendo bene che quell'ordine arriva direttamente da mio padre decido di non ribattere e invece giro le chiavi nella toppa il più velocemente possibile, con il cuore che mi rimbomba nelle orecchie.
Delle braccia possenti mi prendono per le spalle e mi tirano violentemente indietro, facendomi cadere.
<<Mi dispiace ma vostro padre mi ha ordinato di fermarti con ogni mezzo necessario. Vi avviso che questa è l'unica via d'uscita e tutte le altre porte di servizio o finestre o porte che danno su i balconi sono bloccate.>>
Incominciai a tremare e la prospettiva di essere veramente cacciata di casa per sempre diventava sempre più concreta e vicina. Fino a quel momento pensare che avevo una via d'uscita era stato necessario a non farmi impazzire, ma ora non mi rimaneva niente.
<<Ti prego farò qualunque cosa ma devi farmi uscire. Domani mi porteranno via da questa casa per sempre e per quanto ne so potrebbero ammazzarmi di botte appena girato l'angolo. Non puoi farmi questo, non puoi tu non->>
Un sussulto mi fa interrompere la frase e gli occhi ormai pieni di lacrime mi fanno vedere tutto sfuocato. Con la disperazione nella voce, riprovo a dissuaderlo
<<Ti prego farò qualunque cosa, vuoi soldi?>>
Frugai con le mani tremanti nello zaino e tirai fuori delle banconote legate da un elastico, erano 1000$ o forse più.
<<posso dartene altrettanti, ma ti prego permettimi di scappare...se non sono i soldi che vuoi, chiedi qualunque altra cosa è io ti accontenterò.>>
Alzo la testa e vedo l'espressione imperturbabile sul suo volto, quasi mi guarda con ribrezzo, ma non gli faccio pena affatto.
Mi metto in ginocchio tremante e piano mi avvicino a lui, guardandolo negli occhi. Mi sfilo la giacca buttandola alle mie spalle e piano i sbottono la camicia di jeans. Mi costringo a guardarlo in faccia, anche se vorrei solo scappare.
Cerco di essere il più sexy possibile, nonostante la paura e il tremito incontrollato che scuote il mio corpo.
Mi mordo debolmente le labbra e faccio scivolare la camicia dalle spalle, rivelando i miei seni scoperti.
Tremante mi avvicino gattonando a quell'uomo e arrivatogli davanti mi inginocchio continuando a guardarlo in faccia. Con una mano gli afferrò la gamba all'altezza del polpaccio e con l'altra gli sfioro il rigonfiamento nei pantaloni, quando piano faccio salire l'altra mano per aprire la cintura, lui mi spinge via con una forza inaudita, facendomi sbattere la schiena contro il muro alle mie spalle. Mentre mi contorco dal dolore odo queste ultime parole <<Sei così disperata da volermi succhiare il cazzo pur di scappare? Mi dispiace informarti che non mi interessi affatto e dovrai passare sul mio cadavere per attraversare quella porta! Pensi davvero che manderei a puttane un lavoro così redditizio per un pompino fatto da una ragazzina inesperta?
Tornatene nella tua cameretta e prega che domani non ti ammazzino di botte in un vicolo, lurida stronza!>>
Detto ciò chiuse la porta con le mie chiavi, assicurandosi di aver fatto 5 mandate, e se ne andò portandole con se.
Piango, un po' per il dolore tremendo alla spina dorsale, un po' per la vergogna di ciò che la mia mente disperata mi aveva costretto a fare. Con calma mi alzo dal pavimento e mi rivesto, mi carico li zaino sulle spalle e recupero la giacca, per poi strisciare attaccata ad ogni muro o tavolo mi capita fino alle scale. Mi siedo per terra ed un gradino alla volta le salgo a quattro zampe perché non riesco a reggermi in piedi.
Arrivata alla cima delle scale, madida di sudore decido di riempire la vasca del mio bagno e cercare di distendere i nervi e mettermi l'anima in pace. Dopo aver fatto una fatica tremenda per entrare nella vasca, date le condizioni della mia schiena, mi bagno la testa e mi distendo comodamente immergendomi fino al mento. Quasi senza accorgermene mi addormento, vivendo un sogno pieno d'incubi e paura, popolari da fantasmi del passato e demoni del futuro.

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