Capitolo 19

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È passato circa un mese e mezzo dalla mia punizione, e per tutto questo tempo il "signorino" si è occupato di me portandomi da mangiare e quelle strane pastiglie, medicandomi e aiutandomi anche a fare il bagno, ovviamente contro la mia volontà. A volte sogno e sento di nuovo le sue mani su di me e mi sembra che i lividi che porto addosso prendano fuoco, ma poi mi sveglio ed è ancora peggio.
Da altrettante settimane Aaron non si vede, sembra sia andato via con la macchina verso una destinazione che non mi è data sapere. Da quel fatidico giorno, in cui è uscito il vero Aaron, mi sento appesa ad un filo, come al bordo di un precipizio, ad un passo da cadere di nuovo nell'abisso. Se prima pensavo di essere sull'orlo del collasso, ora ho scoperto di essere più forte di quanto credessi. Per non parlare del senso di attesa che mi attanaglia lo stomaco quando la bestia è vicino a me, come se fossi sempre allerta e pronta ad un suo gesto di follia. Ormai sono in balia degli eventi, senza avere controllo di niente, da quando pranzare al poter uscire e andare a prendermi una spremuta ad un bar in città, sempre se c'è una città vicina. Come dimenticarlo, non so neanche dove sono!
Ormai è quasi Aprile e i raggi caldi del sole mi implorano di uscire e stare un po' all'aria aperta. Un giorno decido di mettermi un vestito comodo ma fresco e di recuperare un lenzuolo vecchio per poi andare a leggere in cortile. Decido per uno spiazzo d'erba al sole, da dove posso osservare il cancello, troppo alto da scavalcare, da dove sono entrata il primo giorno di questo inferno. Mi ricordo ancora lo stupore e la meraviglia che mi riempivano gli occhi alla vista di questa splendida villa.
Leggo per ore e l'unica cosa che mi impedisce di sciogliermi dal caldo è il piacevole vento frizzante che scuote i miei sensi. Improvvisamente il cancello si apre con uno scricchiolio inquietante e fa capolino una macchina sportiva rosso fiammante, che con delle manovre non del tutto sicure, decide di parcheggiarsi in mezzo alla stretta stradina che conduce alla porta della villa. Dalla portiera del passeggero esce un uomo basso e tarchiato, i capelli neri e gli occhiali da sole, una camicia azzurra con delle evidenti chiazze di sudore. Quando mi vede, mi fa un cenno di saluto con la mano, che io non ricambio. Dopo con un passo decisamente militaresco entra nella villa, accompagnato da Zelda. Anche se sono abbastanza distante capisco che la donna non è a suo agio, probabilmente anche perché è stata una visita improvvisa. Potrebbe essere che tra quest'uomo e Aaron non scorra buon sangue?
Ritorno a leggere e dopo neanche mezz'ora il cancello si apre di nuovo, che Aaron abbia organizzato un festino? Parlando del diavolo, scopro dopo qualche secondo che la macchina appartiene proprio a lui, che confuso dall'ingombrante presenza dell'altra vettura, è costretto a lasciare anch'egli l'auto in mezzo al passaggio.
Mentre scende dalla macchina chiudo gli occhi e poso il libro aperto sulla pancia, facendo finta di dormire, forse così non mi avrebbe disturbato.
Sento la portiera chiudersi e quando ormai penso che sia entrato in casa, quasi sobbalzo per l'improvvisa presenza del suo fiato sulla tenera pelle del mio collo. Mi bacia all'angolo della bocca e vedendo che non reagisco, dice <<So che non stai dormendo>> con il tono serio che usa sempre. Un brivido di paura si fa spazio dalla colonna vertebrale arrivando alle braccia quando con una mano mi sposta la sottile bretella del vestito giù dalla spalla, tirando anche il vestito stesso. Quando mi sta per scoprire il seno fingo d svegliarmi di soprassalto e lo fermo. Le sue mani mi danno ancora gli incubi. Sulla sua faccia compare in ghigno soddisfatto, poi si alza e si incammina verso l'entrata della villa, dicendo senza girarsi <<Ancora ti vergogni del tuo corpo? Non ti preoccupare non c'è niente da vedere...>>. Senza riuscire a tenere a freno la lingua, dico irata <<Però ti piaceva il mio corpo quando eri intento a stuprarmi, vero?!>>. Delle lacrime prepotenti spingono per solcarmi le guance e farmi sentire di nuovo debole. Non dovrebbe importarmi il suo parere, ma in fondo è l'unico uomo con cui sono stata, l'unico uomo che mi ha mai visto nuda. Lui fermandosi risponde, con uno sguardo glaciale <<Di questo avrai tempo di pentirti dopo, ora sono veramente stanco, ho sentito abbastanza stronzate per oggi>>. Con le dita della mano destra stringo ancora la sottile bretella sinistra del vestito, come per abbracciarmi e rassicurarmi da sola, perché nessuno lo farà al posto mio.

Sento la porta sbattere, delle urla e poi dei passi svelti sulla ghiaia, ritornando alla realtà dopo un sonnellino involontario, noto con la vista sfuocata l'uomo tarchiato di prima che raggiunge quasi correndo l'auto, per poi lanciarsi a gran velocità fuori dal cancello. Mi alzo a mezzo busto e noto Aaron sulla soglia della porta, con un atteggiamento minaccioso. Poi a grandi falcate torna dentro, sbattendo la porta alle sue spalle. Devo assolutamente stargli alla larga questa sera, e forse anche nei prossimi giorni.
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