Capitolo 8

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Mi giro lentamente obbligandomi a guardarlo in faccia
<<Buon pomeriggio anche a lei>>
Deglutisco e sento di nuovo le guance andare a fuoco.
<<Ti prego, dammi del tu>>
I capelli neri gli ricadono gentili sul volto e lui li sposta con un semplice gesto che però mi incanta.
Mi giro di nuovo e mi concentro sulla scelta di un nuovo libro. Trovo un intero scaffale dedicato alla fantascienza e decido di cambiare genere. Questo libro non l'ho mai letto ma mi sembra molto affascinante. Lo prendo e ci soffio delicatamente sopra per togliere la polvere, me lo metto sotto il braccio e zoppico via, chiudendo la porta alle mie spalle.

La cena si svolge allo stesso modo del pranzo e dopo, vedendo che Aaron sale per andare nelle sue stanze decido di andare a leggere in camera mia dopo aver dato la buona notte ad Elena e Zelda. Quella sera mi addormento tardi e la mattina ne risento pesantemente. Le giornate passano tutte uguali, e la routine mi sta uccidendo. Spero che il più presto possibile faccia un po' più caldo per poter uscire in giardino e prendere un po' d'aria. Dopo circa una settimana e mezza dall'arrivo di Aaron, una notte sento un urlo agghiacciante, evidentemente maschile per la profondità della voce. La mattina cerco informazioni sull'accaduto ma sia Zelda che Elena non mi danno risposte soddisfacenti, anche se sembra che sappiano più di quanto dicono. Da quel giorno in poi tutte le notti ad orari variabili quell'urto agghiacciante e pieno di dolore mi sveglia. Durante il giorno incontro Aaron e mi sembra sempre più debole e fiacco, come un castello di carte, anche se si comporta come sempre.
Contrariamente a ciò che mi aspettavo, cerca continuamente la mia compagnia, mandandomi a chiamare da Zelda e facendomi sedere con lui in biblioteca, per poi stare in silenzio a leggere ognuno le sue cose. Altri giorni invece sparisce e non si vede neanche a pranzo o a cena. La casa è costantemente avvolta da un velo di tristezza, come un stabilità precaria, un continuo far finta che vada tutto bene. Per quasi un mese la situazione è la stessa e anche se non parliamo quasi mai, mi sembra ormai di conoscere Aaron da sempre: un uomo solitario con un passato difficile, un dolore così grande da non potere essere trattenuto e che filtra da un corpo all'altro, anche attraverso le barriere che lui erige. Dietro le sue buone maniere c'è un anima tormentata dai fantasmi del passato, che non trova pace. In qualche modo sento che siamo due spiriti affini, che preferiscono stare da soli piuttosto che intrattenere rapporti di falsa amicizia. Entrambi fuggiamo da un passato buio anche se a quanto pare la mia esperienza di dolore non è niente in confronto alla sua.
Un giorno, mentre stiamo leggendo in biblioteca, io sdraiata sul divanetto e lui davanti a me seduto sulla poltrona, mi dice <<Domani vado in città>> Un'idea si illumina splendente nella mia mente e mi tiro a sedere. Timidamente chiedo <<Ho una grande passione per il disegno e non ho la possibilità di esercitarla da più di un mese. Ti recherebbe disturbo portarmi un blocco da disegno e qualche matita?>>
<<Niente affatto>> risponde semplicemente. Riprendo il respiro che non sapevo di trattenere e ritorno a leggere.
Dopo il suo ritorno dalla città, come mi aveva detto, mi porta un blocco da disegno, delle matite e delle gomme. Da quel giorno in poi i pomeriggio passavo in biblioteca con lui come sempre, un po' a leggere e un po' a disegnare, ispirata da quell'antica casa così ricca di mistero.
Altre interminabili settimane passano e Aaron passa sempre più giorni chiuso nelle sue stanze, senza mangiare.
Zelda ed Elena sono evidentemente preoccupate, come me per altro, ma non sanno come reagire.
Intanto dicembre fa spazio a gennaio, in questa casa il passaggio della festività più attesa dell'anno non si è sentito affatto, come se fosse un giorno come gli altri. A casa mia ogni Natale invitavamo un sacco di colleghi di mio padre e quella sera che doveva essere magica e romantica diventava un cocktail di sorrisi falsi e conversazioni deludenti, guarnita con un dolore terrificante ai piedi per colpa dei tacchi vertiginosi che dovevo indossare.
Una notte come tante altre mi sveglio per l'urlo di disperazione che risuona tra le pareti della casa e mi metto a fissare il soffitto come faccio di solito per aspettare che Aaron si calmi e di poter ritornare a dormire.
Gli urli continuano e a causa di questi non sento i passi che si avvicinano quieti alla mia porta. Senza bussare entra Elena, con in mano una torcia elettrica. <<Vieni con me, il signorino ha richiesto la tua presenza>> la fisso con uno sguardo perplesso senza però muovere un muscolo <<forza alzati!>> con il cuore che mi batte nelle orecchie mi alzo e corro, per quanto posso, con lei al secondo piano. Arriviamo davanti alla porta della camera di Aaron e mi tremano le gambe. Noto Zelda vicino alla porta che dice <<meno male che sei arrivata, vai forza!>>
<<ma cosa devo fare? Cosa vuole da me?>> Elena senza rispondermi mi spinge dentro la camera quasi facendomi cadere per poi chiudere la porta dietro di me.

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