Capitolo 20

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Quando incomincia a fare abbastanza freddo torno in casa, defilandomi il più in fretta possibile in camera.
Poso le provviste che ho recuperato per la cena sulla scrivania e mi cambio, mettendomi poi sul letto a fissare il soffitto. Dopo qualche minuto mi alzo in preda al panico ricordandomi di non aver chiuso la porta a chiave e dopo essermi assicurata di essere ben barricata nel mio posto sicuro, mi concedo un sonnellino, portato dalla noia e nient'altro.
Mi sveglio per colpa di un rumore forte, che scopro provenire dalla porta. Aaron, con parole sbiascicate mi intima di aprire; lo trovo strano, come se non fosse in lui. Ovviamente non mi sogno neanche di aprire, e senza dire niente aspetto che si arrenda e se ne vada. Dopo qualche minuto smette di battere e dopo diverse minacce, sento finalmente i suoi passi allontanarsi.
Rimango sveglia per quasi tutta la notte, impaurita che Aaron possa ritornare.
La mattina dopo ho decisamente fame e dopo aver controllato accuratamente il corridoio, vado in cucina il più in fretta possibile. Vedo Elena e Zelda, non le incrocio da ormai qualche settimana. Appena si accorgono di me e mi scrutano da testa a piedi, vedo comparire sui loro visi delle espressioni di disgusto e ribrezzo. Non ho il coraggio di vedermi allo specchio da quando sono uscita da quella stanza infernale, ho notato di essere dimagrita molto perché i pantaloncini che prima mettevo normalmente ora mi stanno larghi, poi avrò lividi in tutto il corpo, per non parlare delle cicatrici. In quel momento non riesco ad essere forte, non riesco a trattenermi. Mi lancio con le lacrime agli occhi tra le braccia di Elena e Zelda si unisce poi all'abbraccio, accarezzandomi lentamente la testa. Mi lascio andare completamente e per qualche minuto vengo presa da forti tremori, poi mi calmo e Zelda si offre di prepararmi qualcosa di buono e possibilmente ipercalorico da mangiare.

<<Sono pienissima!>> dico scoraggiata ad Elena, che mi risponde dicendo <<Da quanto tempo non fai un pasto caldo e gustoso cara? Su finiscilo ne manca poco!>>
Per un attimo mi sento di nuovo bambina, di nuovo al sicuro, meglio che a casa. Ma solo per un attimo.
Sento la porta della cucina sbattere e subito dopo una voce roca e irata giunge alle mie orecchie come una coltellata <<Zelda, Elena uscite>> e loro fanno come dice, senza guardarlo in faccia, chiudendo la porta alle loro spalle.
<<Mi hai distrutto dentro e fuori, mi hai umiliato in tutti i modi possibili, mi hai fatto patire l'inferno. Cosa vuoi ancora da me ?>> lui si avvicina fino a che la sua faccia è a pochi centimetri dalla mia <<Tu non riesci a metterti in testa che la tua vita ora appartiene a me, il che vuol dire che se mi fai incazzare come ieri quello che tu chiami "inferno" ora diventerà uno stupido giochetto per bambini>>. Un brivido mi percorre la schiena e la sicurezza che ostentavo incomincia a vacillare. Mi ritorna alla mente la scena del giorno prima e sono sicura che non me la farà passare liscia.
<<Sai cos'ho capito guardandoti? Che la cosa più importante per te ora è il tuo orgoglio. Se riesco a demolire quello crollerà anche la tua sfrontatezza come un castello di carte>>
<<Io non ho più orgoglio da quando mi hai tatuato sul collo che sono la tua puttana, l'unica cosa che ho è risentimento, e quello non si può estinguere>> e lui con uno sguardo minaccioso si allontana dal mio viso, per poi sedersi assumendo una posizione rilassata.
<<Sono stato decisamente troppo buono con te ed evidentemente il dolore fisico non ti spaventa quanto speravo. Da oggi in poi se non fai quello che dico ci saranno delle conseguenze. Non mi devi parlare se non ti do il permesso di farlo, devi portarmi rispetto incondizionato e chiamarmi "padrone">>
<<Il tuo ego è talmente debole che devo chiamarti in questo modo per farti felice?>> gli rispondo acida.
Con uno scatto di alza dalla sedia e mi tira un violento schiaffo. Questo è niente rispetto al dolore che ho provato fin ora quindi non mi sconvolge affatto. <<Non riesci neanche a sostenere una conversazione senza ricorrere alla violenza>>la mia voce trema senza che io possa controllarla, Aaron risponde con una calma disarmante, segno che non sono riuscita a scalfirlo <<Ti farò passare questa voglia di ribellarti a suon di punizioni>>, dopodiché se ne va a passo spedito.
Ora sono decisamente fottuta.

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