È passata qualche settimana , scandita solo dalla luce che penetra dalla finestra e dal cibo che Aaron mi porta. Dall'ultima volta in cui mi ha preso contro la mia volontà mi porta regolarmente delle pastiglie che mi obbliga a prendere, non ho idea di cosa siano ma non ho alternative. La noia mi assale e consequenzialmente mi obbliga a far riaffiorare alla memoria ricordi dolorosi. La presenza di incubi sia quando dormo sia quando sono sveglia mi fa sentire cieca, come quando hai gli occhi aperti nel buio assoluto.
Un giorno, quando ormai i raggi solari di metà febbraio mi scaldano la pelle, Aaron invece di portarmi un panino mi porta una notizia. <<Vieni, devo farti incontrare qualcuno>>. Tremo dall'ansia ma in realtà una parte di me è contenta di uscire finalmente da quella stanza e respirare un po' di aria pulita. Mi alzo con calma e scruto Aaron con sguardo quasi di sfida, oltre a chiudermi in una stanza per settimane, stuprarmi e affamarmi, cosa poteva fare di peggio? Mi sentivo come al limite, ancora un colpo e sarei caduta nel baratro, quindi non avevo niente da perdere. Appena varco la soglia della porta, zoppicando, lui mi spinge con la faccia contro il muro; inutile dire che non sono affatto sorpresa. Mi avvolge una fascetta intorno ai polsi, strettamente, quasi da non farmi passare il sangue alle mani. Senza dire una parola mi porta giù dalle scale e mi conduce nella sala da pranzo, dove seduto ad una sedia c'è un uomo basso e tarchiato, con le braccia e il collo coperti di tatuaggi, che forse proseguivano sotto i vestiti. Sul tavolo ci sono diversi attrezzi che non conosco, che però mi mandano i brividi. Aaron mi spinge con poca grazia su una sedia, per poi legarmi le mani allo schienale, e lí incomincio ad agitarmi. Mi da fastidio e ansia non potermi muovere, mi fa venire gli attacchi di panico. <<Ti prego lasciami libera, non mi muoverò lo prometto!>> lui in risposta dice <<In tutta onestà non me ne frega un emerito cazzo di cosa vuoi tu e poi non credo che starai ferma, con il male che fa...>> <<Cosa? Cosa mi vuoi fare?>> Passo lo sguardo da Aaron all'uomo misterioso seduto davanti a me e questi due imbecilli ridacchiano come dei bambini.
Intanto Aaron ha finito di immobilizzarmi le braccia e si inginocchia davanti a me per bloccarmi le caviglie alle gambe della sedia. Istintivamente con una gamba gli tiro una ginocchiata al mento che lo fa cadere all'indietro. L'uomo seduto alla sedia ride di gusto, mentre Aaron si tira su con calma fissandomi negli occhi. Ha le labbra e il mento coperti di sangue perché probabilmente si è morso il labbro quando l'ho colpito. Si tocca di il labbro con le dita, serrando la mascella, e si alza in piedi, torreggiando su di me. Non esita a darmi uno schiaffo forte sulla guancia destra e poi uno sulla guancia sinistra, finché non mi fa sanguinare la bocca. <<Bada ragazzina, la prossima volta non ti romperò solo il labbro...>> Le lacrime agli occhi mi fanno vedere sfuocato, ma riesco perfettamente a distinguere quella luce nei suoi occhi che tanto mi terrorizza.
Finisce di immobilizzarmi alla sedia, poi va alle mie spalle e mi tiene il mento alzato, in modo da esporre completamente il collo. Sento qualcosa appoggiarsi sulla mia pelle e poi, dopo qualche secondo, un rumore inquietante e poi l'inferno.
<<shh... non sei più tanto coraggiosa ora vero?>> Dopo interi minuti il rumore si ferma insieme al dolore, anche se ne porto gli strascichi sordi ancora sulla pelle. <<Ti piace?>> dice il mio carnefice, riferendosi ad Aaron <<È perfetto>>. Mi lascia il mento e mi mette uno specchio davanti, in cui vedo anche il suo viso riflesso alle mie spalle, su cui è dipinto un ghigno soddisfatto. Guardo il mio collo e con orrore, a lettere in stampatello nero, leggo "Aaron's slut" mi vengono le lacrime agli occhi. Avrò per sempre questa frase addosso. Non potrò mai più mettermi una maglia normale per uscire, se mai uscirò ancora. "Perché?>> dico con l'espressione disgustata.
<<Di chi sei tu?>> dice soltanto. Allora era questo il problema, vuole sentirmelo dire. Vuole sentirmi dire che sono sua. Intanto l'uomo che mi ha tatuato se ne va, salutando Aaron. Poi quest'ultimo viene di nuovo davanti a me, ponendomi di nuovo la stessa domanda, con un tono inquietantemente calmo <<Di chi sei tu?>> <<Sei solo un figlio di put->> uno schiaffo arriva violento alla mia guancia, più di qualsiasi altro provato fino ad allora. Rimango con la testa piegata da una parte, che mi rimbomba come non mai. Non capisci quanto sia importante il tuo orgoglio finché è l'unica cosa che ti rimane da difendere. Allora saresti pronto a lottare con le unghie e con i denti per far rimanere intatta quell'ultima parte di te, quell'unica cosa che non ti fa dimenticare chi sei davvero.
Allora dico, con la voce più ferma che posso <<Bastardo!>> un altro schiaffo risuona sulla mia l'altra guancia, facendomi girare la testa dall'altra parte. La saliva e il sangue mi colano dall'angolo della bocca, finendo a terra. Sento che tra poco perderò i sensi e finalmente mi lascerà in pace, almeno per qualche minuto.
<<DI CHI SEI TU?>>
Giro gli occhi nella sua direzione, dicendo in un sussurro <<Sei solo un bambino viziato>> un ultimo schiaffo mi ferisce la pelle, poi buio.—————————————————
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Contratto di vita
General FictionTutto inizia da un tradimento, uno sbaglio provocato dal rancore e dalla fame di successo. Una cascata di avvenimenti distruggerà il passato e scriverà un nuovo presente pieno di dolore, intrappolata in una prigione tutt'altro che dorata Elizabeth a...