Capitolo 5

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Mi strappa dal mio sonno una voce maschile che dice <<Siamo arrivati>>. Con calma alzo la testa e guardo fuori dal finestrino, ferendomi gli occhi con la luce forte di una mattina di sole. La macchina costeggia immensi campi d'erba alta, mentre posso notare in lontananza un immensa villa.
Nonostante sia un paesaggio meraviglioso, mi preoccupa il fatto che la casa in cui dovrò stare è in mezzo al nulla. Non faccio in tempo ad agitarmi ulteriormente che ai miei occhi appare la meravigliosa villa che avevo scorto pochi minuti prima, sembra apparsa direttamente dal 1850. È di stile vittoriano, a due piani: i muri sono chiari ma invasi da edera e macchiati dall'umido.
Il giardino davanti alla tenuta è incolto, pieno di fiori secchi ed erba troppo alta. La strada di terra battuta che arrivava fino all'ingresso della villa è molto dissestata, segno che non viene percorsa molto spesso.
Il tutto mi ricorda un libro che avevo letto quando ero piccola, Il giardino segreto. Decido di perdermi in quei pensieri e ignorare la realtà preoccupante che man mano stavo realizzando.
Arrivati notai addirittura sopra gli angoli del tetto alcune piccole statue di pietra.
Mi fanno scendere dalla macchina e mi scortano fino all'entrata. Il campanello non funziona, allora l'uomo accanto a me bussa con forza sulla maestosa porta di legno. Dopo pochi secondi si presenta davanti ai nostri occhi una donna sui 60 anni che ci invita ad entrare con un tono ed uno sguardo mite ad accogliente. Vedendo che io non riesco a camminare chiede spiegazioni ma l'unica risposta che riceve è che "è stato un incidente durante il viaggio", sussulto ma non ribatto, ho imparato la lezione.
Arriva subito un altra domestica, decisamente più giovane della signora che ci ha aperto e le viene detto di accompagnarmi alla mia stanza. Mentre mi allontano zoppicando accanto alla ragazza, sento di sottofondo la vecchia signora chiedere ai due bruti di prendere un caffè prima di ripartire, ma loro rifiutano ed escono.
La mia stanza è quella infondo ad uno stretto corridoio all'estrema destra della villa, al piano terra.
È decisamente più grande della mia camera precedente ma è spoglia e impersonale. Un letto ad una piazza e mezza in ferro battuto sta al centro della stanza, con la testiera appoggiata contro il muro. C'è poi una piccola scrivania con una sedia di legno ed un armadio a due ante.
Un tappeto persiano dai colori scuri è al centro della stanza e sembra antico. Mentre ero persa a guardare la camera, non mi sono accorta che la domestica che mi ci aveva accompagnato era sparita chiudendo la porta dietro di se. Zoppico fino al letto e mi ci sdraio, pensando ed elaborando tutto quello che mi sta
succedendo. Nonostante odiassi il posto dove vivevo, era casa mia, piena di ricordi felici di quando ero bambina. Solo ora capisco cosa ho perso, solo ora che mi ritrovo in posto sconosciuto senza sapere cosa mi aspetta, cosa dovrei fare.
Mi alzo e controllo cosa c'è nell'armadio.
Trovo dei pantaloni, della tuta e jeans, delle T-shirt, delle felpe e dei vestiti più estivi.
Provo a frugare dentro i cassetti della scrivania o del comodino ma non trovo niente. Una porta nella parete opposta all'armadio mi incuriosisce molto e con circospezione la apro. Dietro trovo un magnifico bagno dalle piastrelle bianche. C'è un ampio lavandino e una vasca da bagno di quelle con i piedi. Noto che ci sono già degli asciugamani e un accappatoio, bianchi. Alle spalle della vasca da bagno, cosi come per il letto, c'è un ampia finestra che dà sul cortile davanti alla cosa, dove siamo passati in macchina per entrare. Da qui posso vedere gli immensi campi sterminati di erba alta e spighe che circondano la casa oltre i suoi cancelli.  Non sapendo se mi avrebbero chiamato per fare qualcosa oppure per incontrare il "signorino Aaron" come lo aveva chiamato la domestica più anziana, decido semplicemente di aspettare seduta sul letto. Prendo le foto e le metto dentro il cassetto del comodino, sotto il pigiama. Aspetto per ore, pensando a quello che mi sta capitando e man mano mi viene sempre più sonno finché non crollo, involontariamente, sul letto.
La luce proveniente dalla finestra mi scalda la pelle e mi provoca un dolce risveglio. Guardo brevemente la piccola sveglia sul comodino e noto che ho dormito tutto il pomeriggio e tutta la notte, e ora è la mattina del giorno dopo. La spossatezza del viaggio e delle emozioni era passata e per una volta il mio sonno non era stato disturbato da un eccessivo dolore alla gamba.
Mi alzo con calma e, prendendo un paio di leggins e una felpa calda e comoda e dell'intimo vado a concedermi in bagno. Riempo la vasca e mi immergo nell'acqua tiepida. In realtà la finestra vicino alla vasca mi da un po' di imbarazzo nel momento in cui mi svesto, ma poi è magnifico guardare la pace di quel paesaggio mentre sto a mollo.

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