Capitolo 31

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Dall'altra parte dell'enorme Villa, poche ore dopo, Aaron sta guardando e riguardando il video della sua protetta che viene torturata brutalmente.
Solo lui sa quanto i pantaloni gli siano diventati stretti e quanto ora abbia bisogno di darsi piacere.
Il rumore di quelle urla agghiaccianti attirano però l'attenzione di un Luis vagante per la villa in cerca di qualche passatempo interessante.
Allora si avvia verso il rumore tanto orrendo e vede la parte finale del video che il caro fratello aveva guardato almeno per la quarta volta.
<<É Elizabeth>>dice. Il suo tono non è sorpreso, ma la sua mente già cerca un modo per risolvere la situazione e quindi di mettere i bastoni tra le ruote al fratello.
Dopo qualche minuto, l'illuminazione:
<<La polizia è sulle sue tracce>>
<<Stronzate>>, risponde il fratello, senza neanche badare a guardare in faccia Il suo interlocutore, essendo ben più interessante l'ormai quinta riproduzione del video.
<<Aveva un chip che gli avevano impiantato i genitori alla nascita. Ha trasmesso il segnale alla polizia fino ad ieri sera, quando quegli idioti hanno giocato a darle delle scariche elettriche che hanno mandato in corto circuito il sistema di tracciamento.>>
<<E come fai a saperlo?>>
<<Ho le mie fonti>>
<<Solo stronzate. E anche fosse vero, perché non me l'hai detto prima?>>
C'era cascato. Aveva fatto leva sulla millenaria paura che il fratello aveva che la polizia in qualche modo trovasse la loro casa, a suo parere non era abbastanza nascosta.
<<Bhe, pensavo lo sapessi già>>
Silenzio.
Aaron sta pensando se credere al fratello o meno.
Se fosse vero, dovrebbero subito mobilitarsi e trovare chi si occupa di quella particolare indagine e soprattutto se si parla di un nucleo di agenti messicani o americani, lui ha sempre pensato che i messicani fossero sei sempliciotti e non li teme.
<<Vai a recuperarla. Voglio vedere il chip. Voglio vederti strapparglielo dalla carne>>
Allora Luis si avvia verso quella tetra parte della casa, riuscendo a recuperare in un piccolo laboratorio abbandonato il chip di un collare che Aaron stesso aveva utilizzato con una ragazza, un po' di tempo prima.
Non si capacitava, tuttavia, di come il suo caro fratello si accanisse a tal punto verso quella ragazzina, non diversa da quelle venute prima di lei, morte a pochi mesi dal loro arrivo.
Luis arriva quindi allo stanzone umido e puzzolente dall'altra parte della gigantesca villa e, parlando con il diretto responsabile delle torture inflitte ad Elizabeth, di cui aveva scorto il viso nel video, riesce a far liberare Elizabeth.
Appena entrato nella stanza una puzza di sudore e sangue lo accoglie, il corpo scarno e macchiato della ragazzina che sembrava quasi senza vita.
Quando l'uomo si avvicina a lei, Elizabeth sussulta e si contorce, con mugolii di dolore e terrore.
La libera.
Lei cade a terra senza riuscire più a reggersi in piedi, strappandosi la pelle su ginocchia già malconce.
Pensare che è stata qua solo tre giorni, dice tra se e se Luis, non sarebbe resistita neanche una settimana.
Senza metterle niente addosso, lo scimmione incravattato si butta il corpo di Elizabeth sulla spalla, con un sussulto da parte di lei, e seguendo Luis vanno da Aaron
In quei quindici minuti in cui Luis era andato a prendere Elizabeth, Aaron si era liberato della dolorosa erezione, non riuscendo ad aspettare il ritorno della sua puttana preferita per liberare il suo seme nella sua gola.
Quando la ragazzina era stata poggiata a terra davanti alla scrivania di Aaron non riusciva a reggersi in piedi, allora era stata fatta sedere su una delle poltroncine di pelle della stanza, rabbrividendo al contatto con il tessuto freddo.
Luis poi, sussurrandole all'orecchio delle veloci scuse, aveva fatto una piccola incisione sulla nuca della ragazza, facendo attenzione a coprire la visuale del taglio al fratello con il proprio corpo. Aveva poi frettolosamente inserito sotto pelle il chip recuperato dal laboratorio, per poi farlo sfilare da Aaron stesso, come dimostrazione.
Niente appagava di più al mondo Luis che lo sguardo che aveva il suo caro fratello indosso quel momento.
Per un occhio non abituato poteva sembrare innervosito, ma lui sapeva più che bene che era terrorizzato.
Senza dire una parola, sfreccia via con il chip insanguinato stretto nel pugno chiuso.
Lo farò bollire per qualche ora, pensa Luis, e poi gli dirò che ho già provveduto.
È il minimo che si merita dopo tutto.
<<Prendila e vieni con me>> dice il fratello rimasto nella stanza verso l'omone che è rimasto per tutto il tempo aspettando ordini.
Elizabeth viene posata sul letto di Luis, con le conosciute lenzuola morbidissime e quell'odore di Oriente che faceva sentire Elizabeth al sicuro.
L'aguzzino che l'aveva torturata senza pietà finalmente se n'era andato, ed ora il sorriso rassicurante dell'unico uomo che l'ava mai trattata come un essere umano dopo tanto, troppo, tempo le stava rischiarando l'anima.

. . .

Elizabeth's POV
Non voglio che nessuno mi tocchi, sfiori o guardi mai più.
Ho così male a tutto il corpo che non riesco a smettere di piangere, ovunque il mio corpo poggi, la porzione di pelle interessata reca uno spasmo che lancia una fitta di dolore in tutto il corpo.
Appena Luis mi si avvicina, dalle mie labbra esce un lieve          <<N-no>> mentre il mio corpo fugge dalle mani che si erano allungate verso di me.
<<Non ti voglio fare del male. Nessuno te ne farà più>>, un sorriso rassicurante compare sul suo volto.
Ritenta, prova ad afferrarmi, forse la vita, ma io mi allontano verso la testiera del letto.
Si arrende, fa qualche passo indietro. L'espressione non è tanto innervosita come mi sarei aspettata quanto pensierosa e preoccupata, mentre passa lo sguardo dal mio viso al mio corpo.
I suoi occhi cadono sui miei capezzoli, insanguinati, dove i due aghi con cui sono stati bucati erano stati piegati su loro stessi per impedirmi di toglierli.
<<Torno subito>> dice Luis come un sussurro, chiudendo la porta al suo passaggio.
Piango senza riuscire a fermarmi, la testa che mi pulsa dal dolore e gli occhi appannati, finché non sento Luis sedersi accanto a me e accarezzarmi la testa per calmarmi.
Passata quasi un ora e finalmente calma, l'uomo che ha saputo calmarmi si alza e porta sul letto una piccola cassetta con medicazioni e tronchesine. Nonostante io sappia che farà male, non mi oppongo, so che mi sta aiutando.
Con delicatezza taglia l'ago infilato nella tenera carne del mio seno nel punto in cui il piccolo pezzo di metallo era piegato e appena sfilato tampona subito sopra una pezzo di cotone imbevuto in una sostanza igenizzante.
Chiedendomi di tenere il pezzo di cotone premuto contro la pelle, esegue la stessa procedura con l'altro e ferma il cotone con del nastro che mi incolla alla pelle.
Procede poi a pulire ogni piccolo graffio e livido sul mio corpo con la massima delicatezza, mentre sotto voce mi ripeteva dolci frasi di conforto.
Mi porta poi nella vasca da bagno e mi fa sedere nell'acqua tiepida, si inginocchia accanto e, tirandosi su le maniche della camicia, mi insapona in corpo e i capelli, sciacquando poi con le mani per non farmi male con il getto forte dell'acqua.
Mi sento morta, non sento il freddo o il caldo, il dolore o la paura o la tranquillità, non sento niente.
Mi aiuta fuori dalla vasca e mi asciuga bene come se fossi una bambina che non è in grado di farlo da sola, mi mette dei vestiti puliti addosso e mi mette subito a letto sotto le calde coperte.
Non so che momento della giornata è, so solo che ho così sonno che potrei dormire per sempre.
<<Hai fame?>> scuoto la testa e mi metto rannicchiata facendomi il più piccola possibile.
<<Grazie>> dico piano, e sento solo un suo bacio sopra i capelli prima di addormentarmi, sentendomi al sicuro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 14, 2023 ⏰

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