Capitolo 35

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Cosimo

"Lo so, ma è una cosa.. non credo ti faccia arrabbiare" abbassò lo sguardo e giocò con un filo della coperta "io.. ho.. ho trovato l'anello" sussurrò appena. Il mio cuore sobbalzò, lo stomaco prese a ribaltarsi e il mio cervello cercò qualcosa da dire.
Porca puttana.
Merda.
E ora?

"Non volevo frugare tra la tua roba, ma eri in ospedale e.. insomma.. io.." fece spallucce e mi guardò aspettandosi una risposta. Ma esattamente cosa voleva sentirsi dire? Che volevo sposarla e poi avevo cambiato idea? Che ero un codardo e non riuscivo a pensarmi legato a lei per sempre anche se l'amavo?

"Quell'anello, sì.." cercai di prendere tempo e il bussare alla porta mi salvò da questa scomoda situazione. Provai a non sembrare contento della cosa, ma il suo alzare gli occhi al cielo mi fece capire quanto avessi fallito "chi è?" chiesi alzandomi e rimettendomi i boxer e subito dopo i pantaloni.

"Cosimo, non voglio disturbare ma ho bisogno di parlarti urgentemente" la voce di Domenico fece scattare un'allarme dentro la mia testa e mi affrettai a mettermi la maglia. Lei restò ferma e provai davvero ad uscire dalla porta senza pensarci o dirle niente, ma il suo sguardo deluso non me lo permise.

"Io.. devo andare" dissi solo, cercando di guardarla negli occhi. Annuì semplicemente, dandomi le spalle per rivestirsi. Mi richiusi lentamente la porta alle spalle sospirando pesantemente. Sapevo di essere stronzo, ma qui mi ero anche superato.
Domenico mi fece segno di seguirlo fuori casa e prima di parlarmi, si guardò intorno mettendomi ansia.

"Ho trovato un modo per far finire tutta questa storia con Pablo" abbassò la voce "il mio amico in polizia mi ha detto dove possiamo trovarlo" mi passai una mano tra i capelli e scossi la testa.

"Non ucciderò nessuno" aggrottai le sopracciglia e lui alzò gli occhi al cielo scocciato.

"Infatti il piano non è questo. Dovrai incontrarlo, parlarci e fargli ammettere tutto ciò che ha fatto nei vostri confronti" ascoltai attentamente "dalla festa con l'amica di Alex, a quella sera in cui ve le siete date fino alla tua aggressione. Tutto" puntualizzò.

"E se non dovesse parlare?" chiesi confuso.

"Devi costringerlo a farlo perché il mio amico ha avuto il permesso di indagare su tutta la faccenda e sarà lì fuori a registrare tutto" incrociò le braccia soddisfatto del suo piano.

"Quindi esiste davvero tutta quella merda di attrezzatura strana che si vede nei film di azione" ironizzai "comunque si può fare. Prima finisce questa storia, prima possiamo tornare alla vita di sempre tra concerti, interviste e fotografi del cazzo" sbuffai beffardo.

"Bene, andiamo" lo guardai male.

"Dove?" chiesi.

"Da Pablo" fece spallucce.

"Ora?" mi passai una mano tra i capelli e guardai in direzione della porta di casa "dovrei dirglielo?" i miei occhi titubanti guardarono verso la vetrata in cerca della sua figura.

"Dovresti" annuì e con un cenno gli feci capire di aspettarmi in auto. Entrai in casa, andai in cucina inebriato dal profumo dei biscotti appena sfornati.

"Michela sono buonissimi" la voce rauca di lei mi fece sorridere e quando entrai si girarono tutti a guardarmi.

"Alex devo parlarti" le dissi e lei sembrò andare in panico "Fabio anche con te" li aspettai nel salotto, lontano dalle orecchie curiose di mia madre.

Hidden - Guè PequenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora