Passano un paio di settimane tranquille, tra scuola e vasche. Beh, relativamente tranquille. Il giorno della corsa si avvicina e io non ho ancora un piano. Il pomeriggio prima mi ci metto a riflettere, ma niente. Decido di iniziare i compiti. Devo fare una stupida versione che si chiama “Discorso ai soldati" lunga mezza pagina, il cui succo è in pratica un generale romano che incitava le legioni.-
“Poteva farlo con meno parole.”
Penso mentre gli do una prima lettura. Eppure ascoltandole, quelle parole, la gente si convinceva ad andare in battaglia a farsi ammazzare in mezzo alla polvere. I discorsi hanno un potere, tipo quelli che mi fa Alessia per incoraggiarmi. E mentre penso queste parole, con i gomiti sulla scrivania e il tappuccio della penna sulle labbra, mi si accende una lampadina:
“Ma si!”
Penso.
“Un discorso! Posso anche perdere, ma se parlo di quello che Stefano ha detto, il motivo per cui l'ho sfidato magari sembrerà meno stupido, e di conseguenza lo sembrerò meno anch'io.”
So che non è proprio la migliore delle idee, e sembra davvero patetica anche mentre la penso, ma tentar non nuoce. E poi, comunque, che altre scelte ho?
“Grazie latino.”
Mi dico.
“Per una volta sei servito a qualcosa.”
Il giorno dopo, prima di uscire di casa, vengo fermata da Alessia in soggiorno.
-Scusa, devo andare o perdo l'autobus. Puoi dirmelo dopo?-
-No, cioè, volevo solo sapere perché sei così tranquilla…Sai, la corsa è oggi…-
-Lo so, ho un piano. Ora scappo. Ciao!-
Alessia deve essere rimasta perplessa, ma non ho avuto tempo di rimanere a guardarla. Sono già volata verso la fermata, perché ho davvero poco tempo per raggiungerla. Fermo l’autobus con la mano mentre sta arrivando e sto ancora correndo. Mi aspetta appena qualche secondo extra per permettermi di salire.
-Grazie.-
Dico ansimante al conducente, che come al solito non risponde, poi mi siedo sul sedile in fondo e riprendo fiato.
Fino alla fine della terza media avevo sempre pensato di essere la persona più scocciata sul pianeta Terra. Ma poi, dopo che sono iniziate le superiori e ho iniziato a prendere i mezzi, sono passata al secondo posto, surclassata da quei tipi silenziosi che guidano gli autobus. Stanno sempre sulle loro, e mai una volta che dicano prego o arrivederci. Rispondono a malapena se gli chiedi informazioni sull'orario di partenza e arrivo e la destinazione del bus. E certe volte sembra quasi che si scocciano pure di dover fare quello. La prima volta che sono salita su un autobus mi sono aggrappata al sedile con tutte le mie forze perché avevo paura di volare via quando le buche lo facevano sobbalzare. Avevo sette anni, me lo ricordo benissimo, ero con mio padre e stavamo andando al supermercato. La sua macchina era dal meccanico e quella di mamma la aveva lei perché ci era andata al lavoro. Guardavo stupita il conducente mentre guidava e parlava contemporaneamente al telefono tramite auricolari.
-Scusi-gli dissi con la “faccia-da-bambina-innocente"- Ma così è sicuro che non si distrae e non va a sbattere?-
Mio padre mi rivolse uno sguardo di ghiaccio.
-Scusi-disse al conducente-È solo una bambina un po' impicciona.-
Quello ci guardò tutti e due e fece un gesto con la mano come a dire “non è un problema" e tornò a parlare al telefono. Poi non sono più salita su un auto fino alle superiori. E ho avuto la conferma di quanto fossero scontrosi gli autisti.
Mentre sono immersa nei miei pensieri, quasi non mi accorgo che sono arrivata alla fermata della scuola. Premo il piccolo pulsante giallo di stop e quando si aprono le portiere vado apposta all'uscita più vicina al conducente.
-Buona giornata.-
Gli dico. Poi scendo.
Credo di aver notato una specie di sorriso, anzi no, un accenno di sorriso. Ma è già qualcosa. Forse non si aspettava che qualcuno fosse gentile con lui. Tipo come io non mi aspettavo che Alessia fosse gentile con me. Magari, in fondo, non tutti i conducenti sono dei burberi.
La corsa studentesca è alla quarta ora. Fino a quel momento, mi tocca correggere tre righe della versione di ieri che credo di aver fatto abbastanza bene; poi mi tocca leggere lo stupido dialogo di francese, e come al solito al posto delle parole sembra che mi escano dei versi e dei suoni incomprensibili e che la mia lingua abbia gli spasmi; infine, parlando delle molecole dell'acqua, la prof. di scienze fa una parentesi interessante e ci chiede se i suoni si sentono sott'acqua. È una domanda stupida, è ovvio che vuole solo introdurre un altro argomento, ma nessuno risponde. Allora alzo timidamente la mano. Per la prof. è come avere le visioni.
-Dossi?? Vuoi rispondere??-
Esclama in preda allo stupore.
-E che è successo?-
Esclama Marco dall'altro capo dell'aula, con la sua solita discrezione. Ma perché non se ne torna a dormire?-
-Silenzio Rupilli!-
Lo zittisce la prof. Poi mi ridà la parola.
-No.-
Dico.
-I suoni non si sentono quasi per niente sott'acqua. Non so il perché, ma so che è così.-
Mi tornano in mente le urla di Alessandra dal bordo vasca per riuscire ad attirare la nostra attenzione e le risate che si faceva quando la guardavamo confusi senza capire quegli strani gesti che usava per comunicare a distanza.
Tornando a prima, lo so che non è furbo dire a un prof. “non so il perché”, ma stavolta, invece di urlare: "non hai studiato allora!"
lei mi dice che la risposta è corretta e che il perché ce lo dirà ora ma lo studieremo bene nei prossimi anni.
Niente sgridate. Un mezzo complimento. Marco che viene zittito dalla Ressi, che quando urla sembra che la stiano strangolando per quanto ha la voce acuta. Questa giornata, in fondo, non sembra poi così male. Ma so benissimo che quello che sembra non cambia il fatto che la realtà è ben diversa: non è ancora suonata la campanella della quarta ora che Stefano già si sta avvicinando con aria boriosa:
-Allora Dossi, sei pronta? O vuoi che faccio un po' di pozzanghere sulla pista, così ci sguazzi dentro e ti senti a tuo agio?-
Devo mantenere la calma. Ma quanto è difficile con questo qua davanti? Comunque gli rispondo:
-No, tranquillo, non vorrei farti stancare prima della corsa…-
Non è proprio uno dei miei soliti commenti pungenti ma ha la sua efficacia: Stefano sbuffa e se ne va borbottando insulti a mezza voce. È davvero MOLTO permaloso. Quasi subito dopo arriva il prof. di educazione fisica a chiamare gli alunni che devono partecipare alla gara e dice che se dobbiamo cambiarci possiamo andare nello spogliatoio, altrimenti dobbiamo aspettare in palestra finché non chiamano il nostro nome. Si corre a gruppi di quattro e a mano a mano chi fa il tempo più basso viene eliminato finché non rimangono solo due studenti che disputano una specie di “gara finale". Mentre sono nello spogliatoio a togliere i jeans e mettere i leggins(che tra l'altro odio, infatti li ho portati giusto per correre, sono quelli che uso solo quando ho motoria), qualcuno bussa alla porta.
-Avanti.-
Dico. Penso sia il prof. che viene a chiamarmi, invece con mia grande sorpresa vedo spuntare Martina.
-Ciao. Sono solo venuta ad augurarti buona fortuna. Sai, per la sfida.-
Lo dice timidamente, nemmeno avesse paura di me. Che pensi che io sia una specie di bulla?-
-Oh, si, certo, certo. Grazie.-
In realtà sono piuttosto sorpresa che proprio lei venga a incoraggiarmi. Pensavo, appunto, che di me non si fidasse. Ma forse è solo timida. E comunque non deve sapere che non mi aspettavo la sua visita.
Appena Martina esce, entra il prof. di motoria a chiamarmi per andare in palestra. Mi siedo su una lunga panca insieme a un'altra quindicina di studenti. Alcuni degli amici di Stefano continuano a chiedermi di scommettere con lui e alla fine chi perde dovrà andare volontario all’interrogazione di matematica. Io ovviamente non ho alcuna voglia di farlo, ma quelli continuano a tormentarmi finché, esausta, non ne acchiappo uno per il colletto della maglietta. Non faccio nemmeno caso se vicino ci sia il prof., anche se spero di no.
-Ehi.-
Gli dico.
-Bel fighetto che ti credi di essere; sturati le orecchie: se ho detto no è no. Altrimenti te le stacco e te le faccio ingoiare, così magari smetti pure di sparare cretinate. Che ne pensi? E ora, perché non torni dal tuo boss e gli dici che se vuole fare una gara normale fa meno scommesse da deficiente?-
Quello annuisce, tutto tremate, poi corre via dalla palestra. So che non andrà né da Stefano né da un prof. Sarebbe troppo umiliante raccontare l'accaduto. I suoi amici si allontanano e tutti gli altri alunni mi guardano con un insieme di stupore, ammirazione e timore. Questo mi da una leggera soddisfazione. Ma solo per un attimo, perché comunque a me non piace comportarmi così. Sono una persona abbastanza scontrosa, questo sì, ma non una bulla. Non una che prende per il collo le persone senza motivo. Lo faccio solo con chi se lo merita.
Mi risiedo sulla panca e aspetto il mio turno. Alcuni degli altri studenti continuano a guardarmi, ma molti altri si sono seduti sugli spalti e si stanno facendo gli affari loro. In ogni caso, a me non interessa. Sto ripassando a mente le parole che dirò quando, sono sicura, perderò contro Stefano o qualcuno degli altri studenti. Dopo circa un quarto d'ora sento il prof. che tramite un microfono annuncia:
-Si preparino sulla linea di partenza: Maya Niotti, Matteo Rissi, Giulio Picchi e Irene Dossi.-
Non conosco i miei avversari. Li guardo per un attimo mentre mi avvicino alla linea. La ragazza la vedo sempre in fila per le macchinette: è leggermente fuori forma, ma magari è abbastanza veloce. Mi metto in posizione sul limite della riga di nastro adesivo nero, pronta a scattare, con i muscoli tesi . Il prof. inizia il conto alla rovescia. Quando alla fine urla “via!” sento che i muscoli scattano e entro in una specie di altra dimensione in cui ci sono solo io e il traguardo più giù. Non vedo gli altri. Non sento le voci o gli applausi o le urla. Mi succede sempre anche a nuoto; è il mio modo di concentrarmi. Solo che stavolta c'è qualcosa in più: sento il rumore dell'aria spostata dal mio corpo e il rumore dei miei piedi che battono sul terreno. Cose che sott'acqua non si sentono. Certo, quando nuoto a stile devo metterla la testa fuori, ma è una cosa così veloce che sento appena il mio respiro. A un certo punto, quasi senza accorgermene, arrivo alla linea del traguardo. Torno alla realtà e mi guardo intorno: sono arrivata per prima, subito seguita da uno Giulio Picchi ansimante. Maya Niotti arriva terza. Alla fine, nonostante i chiletti di troppo, ha comunque superato Matteo Rissi, che fa un discreto gesto con la mano di cui non serve spiegare il significato. Sto riprendendo fiato e sto sbuffando come un battello a vapore. Nel mio “mondo corsa/nuotata" dove ci sono solo io, non sento mai la fatica. Arriva tutta dopo.
La cosa di cui non mi rendo subito conto, invece, è che in effetti ho battuto i primi tre. Beh, non è un pessimo inizio in fondo. Stringo la mano ai miei avversari, poi mi risiedo sulla panca. Nel prossimo gruppo corre Stefano, che ovviamente vince. Però me lo aspettavo quasi più veloce: un ragazzino minutino e occhialuto l'aveva quasi raggiunto: l'apparenza inganna. Questo tipo gli tende la mano, ma lui la rifiuta e invece va a vantarsi con la sua gang: quello che ho quasi picchiato prima se ne sta tutto in disparte e parla a malapena. Che spettacolo penoso. E che persona poco sportiva. Ma comunque non credo che lo batterò mai. Spero che il discorso funzioni…
Dopo altri due gruppi di studenti tocca di nuovo a me, e va avanti così per circa una mezz'ora, tra corse e pause e una telefonata clandestina di Alessia dal bagno della sua scuola.
-Ehi ciao, ho poco tempo, ti sto chiamando di nascosto…Come va?-
-Ma sei scema? E se ti beccano? Poi dicono che ti porto sulla cattiva strada o cose del genere.-
-Non preoccuparti, vai al punto!-
-Va tutto bene. Ho la semifinale tra poco.-
-Ma è fantastico!!-
-Si, beh, non siamo in molti…Credo che la finale sarà tra me e Stefano.-
-Ah. Ok. Buona fortuna di nuovo allora! E se hai un piano…Usalo. Vorrei chiederti di più, ma il prof. si insospettirebbe se rimanessi a fare pipì così a lungo…-
-Certo, certo, chiaro. Non preoccuparti. A dopo.-
-A dopo!-
Poi, prima che attacchi, ci ripenso e aggiungo:
-Ehi, ehm…Grazie della chiamata.-
-Oh, prego, non c’è di che.-
Dopo che Alessia ha attaccato, penso che aver detto quell‘ultima frase sia stata una buona idea. Lei se lo aspetta. E se lo merita.Ciao a tutti!! Come ogni sabato ecco qui un nuovo capitolo!Spero vi piacccia! Fatemelo sapere e ci vediamo sabato prossimo❤
Chi vincerà la gara?
16_writer💙
P.s. nesssuna offesa per gli autisti degli auto😅
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Girl swim power
General FictionL'acqua è un elemento fondamentale, che ci culla e ci protegge da miliardi di anni. Dentro l'acqua, tutto diventa surreale, rilassante, sognante. Lo sa bene Irene, quindicenne dal carattere forte, che nelle vasche del centro sportivo affoga nuotando...