Capitolo 11: Fasciature, siringhe e litigi.

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Scivolo leggermente con il piede, e la mia caviglia si storce di lato. A quel punto, dopo che grazie alla crema per un po' era stata buona, ricomincia a farsi sentire e mi obbliga a fare tutta la strada camminando come una lumaca. L'autobus delle tredici e venti passa, e io resto a guardarlo perché non posso raggiungerlo. Devo aspettare quello delle tredici e cinquanta in piedi sotto al sole. Mi sembra che la mia caviglia si contorca e si schiacci da sola come se avesse una vita propria, perché io non la sto muovendo ma mi fa lo stesso un male cane. Pensavo che oggi avrei potuto usarla normalmente, che sarebbe passata e che domani avrei potuto nuotare. Ma a quanto pare mi sbagliavo. L'autobus arriva puntuale, e io salgo. Arrivo a casa praticamente saltando su una gamba sola. Mia madre, appena mi vede, si preoccupa e vuole andare dal medico. Io le dico di no, che è solo perché ci ho camminato tanto, ma lei insiste e mi lancia praticamente in macchina. Non ho nemmeno il tempo di salutare Alessia, figuriamoci di parlarle del piano. Ma proprio ora doveva svegliarsi la caviglia?!
Quando arriviamo e entro nello studio, il medico, che noi da sempre chiamiamo Antonio come se fossimo parenti, mi saluta dicendo:
-Ciao ILene!-
Odio quando fa così. E visto che in pratica lo fa sempre, potete fare il calcolo di quanto ami il nostro medico. In pratica è da sempre lui che visita i miei genitori e certe volte, quando ero piccola e non sapevano a chi lasciarmi, mi si portavano dietro. Ora, siccome come tutti i bambini del mondo ero senza vergogna, parlavo sempre di argomenti a caso con lui. Il fatto è che, avendo appena tre anni, non riuscivo a pronunciare la erre, e quello si divertiva a chiedermi il mio nome per sentirmi rispondere, appunto, Ilene. Poi sono cresciuta, ma lui non ha mai smesso di riesumare questa cosa, specialmente dopo che è diventato anche il MIO medico. Ormai però mi ha davvero stufato, anche perché parliamo di quasi tredici anni fa.
-Ciao.-
Gli dico.
-Cosa ti è successo? Ti vedo che zoppichi.-
-Sono caduta a scuola mentre facevo una gara di corsa.-
-Ah, capisco. Ok, diamo un'occhiata. Siediti lì.-
Mi dice indicando il lettino grigio con la carta bianca.
Anche darmi la spinta con le gambe per riuscire a sedermi sopra mi provoca dolore. Alla fine riesco a mettermi sul bordo con le gambe penzoloni. Il dottor Antonio mi afferra la caviglia e la arpiona letteralmente con le dita smuovendo le ossa che stanno sotto. Ci manca poco che gli cacci un urlo dritto nel suo timpano. Ma un po' di delicatezza no?
-Hm, non sembra rotta. Ma io ti consiglierei di andare al pronto soccorso per fare la lastra, così chiariamo ogni dubbio. Qui non posso fare più di tanto purtroppo.
-Oh, d’accordo. Grazie lo stesso Antonio.-
Dice mia madre.
-Si, grazie.-
Aggiungo io tanto per educazione. Al pronto soccorso? Ma scherziamo? Per una slogatura poi. Ok, fa male, ma come fa a dire che forse è rotta? E poi io odio quel posto. Esagerano sempre, almeno secondo il mio umile parere. Quando avevo dieci anni mi sono fatta un taglio su una mano con un pezzo di vetro. Era una cosa da niente, ma mia madre ha insistito per portarmi al pronto soccorso e quelli mi hanno messo i punti! Un dolore atroce. E per un taglietto…Ne hanno messi appena tre. Sarebbe guarito da solo. Stavolta, minimo mi ingessano fino al collo.
Appena arrivate, ci dirigiamo in quella che è una specie di sala d'aspetto gigante e io finalmente mi posso sedere . Mia madre vorrebbe iniziare a parlare e farmi domande, ma io la blocco infilandomi le cuffie. Non voglio fare discorsi su questa situazione. Allora lei esce, va un attimo al bar e torna con un panino. Ah, già. Io non ho pranzato.
-Grazie.-
Le dico.
-Prego.-
Risponde lei.
Dopo meno di un'ora sono in un'altra stanza a fare la lastra. Quando arrivano i risultati, il medico dice che non c’è nessuna frattura ma solo una brutta slogatura. Mi accompagna da un altro medico che fa per mettermi le mani sulla caviglia. Ricordando l’indelicatezza del dottor Antonio, ritraggo spontaneamente il piede di scatto.
-Non sei un po' grande per aver paura del dottore?-
Mi dice lui. Non so cosa mi trattenga dal mollargli un calcio nella mascella.
-Scusi, solo un…Piccolo crampo.-
Quello mi guarda poco convinto, dopo di che mi prende in mano la caviglia e, come temevo, la arpiona con le dita e smanetta con i miei poveri ossicini. Ma la parte peggiore arriva quando si allontana e torna con in mano una siringa. Sbianco. Non ho nemmeno il tempo di dire una parola che quello mi pianta l'ago nella carne. Faccio una serie di smorfie e suoni assurdi mentre rimpiango i tempi in cui potevo ancora piangere e urlare il vaccino abbracciata al mio orsacchiotto. È ufficiale. Odio il pronto soccorso.
-Potresti sentirti un po' strana.-
Mi dice. Poi prende la crema e un rotolo di garza e mi fa una fasciatura.
-A questo punto, hai due scelte: Restare qui al letto per un paio di giorni o tornare a casa e restare a letto per un paio di giorni.-
Non voglio assolutamente restare qui.
-Preferirei stare a casa mamma.-
Dico.
-Per me va bene.-
Mi risponde fortunatamente lei.
-D'accordo, ma muoviti il meno possibile. Se possibile, mangia a letto. Domani non andare a scuola e lunedì, quando torni, cerca sempre di alzarti il meno possibile dalla sedia. Evita qualsiasi sport o attività fisica per almeno tre settimane. Ah, e domenica pomeriggio torna qui per un controllo.-
-Va bene. Grazie. Arrivederci.-
-Di nulla. Arrivederci.-
Durante il tragitto fino a casa, non riesco a proferire parola. Devo trattenermi o potrei persino piangere. L'unica cosa positiva è che la caviglia non mi fa più male. Beh, almeno per ora.
Appena arrivo a casa, Alessia inizia a farmi domande mentre mi aiuta ad arrivare in camera mia e a mettermi sul letto. Solo che io non rispondo. Mi sento così confusa e giù di morale che vorrei solo che fosse tutto un incubo.
-Ire, ma mi senti? Sei strana…Sembri una mia compagna di classe dopo che ha fumato…Beh, si capisce.-
-Sai che non lo so?-
Le rispondo con una voce quasi assonnata.
-Comunque se ci tieni ti faccio la sintesi: sono andata al pronto soccorso. La caviglia non è rotta ma devo stare a casa al letto per tre giorni e poi non posso muovermi tanto e poi non posso fare sport per tre settimane. Ah, e poi il dottore odioso che stava lì mi ha piantato un ago nella carne. Ah, si. E poi voglio piangere. E dormire. O tutti e due, non lo so. Fine.-
Alessia mi guarda in modo strano.
-Ok…Allora ti lascio in pace, d'accordo?-
Sollevo il pollice e poi, quando lei esce, mi sistemo bene la testa sul cuscino. Quasi subito, sprofondo in un sogno senza sogni.
Mi sveglio verso sera con una fame assurda. Faccio per alzarmi, poi mi ricordo che non devo. Mi sento meno confusa, ma la caviglia ha ricominciato a farsi sentire. Va meglio però. Vorrei chiamare mia madre per sapere se è pronta la cena, ma non mi va di urlare da una stanza all'altra. Poi noto che sul comodino accanto a me c'è il mio cellulare con vicino un bigliettino che dice.
“Telefona se hai bisogno.”
E sotto la lettera M.
Faccio il numero di mia madre.
-Ti sei svegliata!-
-Si…Scusa, cosa c’è per cena?-
-Il petto di pollo. Te lo vengo a portare.-
-Ok, grazie.-
-Prego.-
Dopo un po' vedo la maniglia che si abbassa. Ma invece di veder entrare mia madre, vedo Alessia.
-Ehi. Ora sei tu la mia nuova mamma?-
-A quanto pare.-
Ridiamo. Adoro questa cosa che sa fare Alessia: farti ridere anche quando non credi che sia possibile.
-Come stai?-
-Meglio.-
-Ti senti ancora fat…-
-No, no. E poi non lo ero…Avevo solo sonno!-
-Ceerto, facciamo finta che sia vero.-
-È fero!-
Rispondo con la bocca piena di pollo.
-Fenti, frima folefo dirfi fe…-
-Ti dispiace ingoiare? Non capisco niente e fa abbastanza schifo.-
-Fi, scufa.-
Ingoio e continuo a spiegarle.
-Allora, mentre ero a scuola mi è venuta un illuminazione su come Alessandra può aiutarci a fermare Francesco!-
-Davvero? E quale?-
Le racconto in breve della bidella, della “gerarchia" del centro sportivo e della mia idea.-
-Sembra una buona idea…Ringraziamo la tua bidella! Peccato che non potremo attuarla ancora per un po'. Mi dispiace tanto Ire.-
-A chi lo dici…Ma tanto non posso farci niente.-
-Almeno di' a quel ragazzo che ha il video dove si vede che Stefano ti ha fatto cadere di farlo vedere ai prof.!-
-Ma non voglio fare la bambina…E non voglio inimicarmelo.-
-Ma tanto siete già nemici, se così si può dire! Devi fare la cosa giusta senza avere paura! Usa il tuo girl power!-
-Detto così sembra una cosa scema.-
-Non mi interessa cosa sembra. Fallo e basta!-
A quelle parole, sento una rabbia improvvisa e inaspettata salirmi lungo il petto. Perché dovrebbe dirmi cosa fare?
-Non comandi tu nella mia vita, ok? Lasciami in pace! Non andrò dal professore punto e basta! E ora scusami, ma vorrei cenare da sola!-
Concludo urlando.
-Ok.-
Mormora Alessia stupita con un filo di voce. Poi esce e si chiude la porta alle spalle.
Non riesco a credere a cosa sia appena successo. È irreale, come quasi ogni cosa nelle ultime ore. Ho davvero litigato con l'unica persona sempre pronta a tirarmi su il morale?
"Se l'è cercata."
Continuo a ripetermi.
Ma sarà vero?
Non volevo ferirla, ma deve smetterla di insistere. Se questa storia del girl power è vera, devo capire da sola se e quando usarlo.

Ciaoo! Ecco a voi the new capitolo! Come al solito spero che vi piaccia, fatemelo sapere!❤
Ci vediamo il prossimo sabato!!🤗
16_writer💙


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