Capitolo 26: Casa

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La mattina dopo, mio padre mi viene a svegliare. È come fare un salto indietro nel tempo. Era da tanto che al mattino non sentivo la sua voce come prima cosa.
-Ire, sveglia, sono le undici....-
-Mmmh, ancora cinque minuti...-
-Ma lo hai detto anche alle dieci...Andiamo, alzati.-
-Uffa...Va bene...-
A fatica, scalcio il lenzuolo, butto fuori un piede, poi l'altro, e scendo scalza dal letto stropicciandomi gli occhi. Non sono riuscita a trovare un paio di infradito, quindi penso che rimarrò tutto il giorno con le mie care scarpe da ginnastica.
Quando entro in cucina, scopro con piacere che mio padre ha già preparato la colazione.
Sul tavolo, ci sono biscotti e caffelatte.
-Tre cucchiaini di zucchero, vero?-
Chiede lui.
Io sorrido.
-Non te lo scordi mai, eh?-
-Come potrei?-
"Mamma ancora si confonde."
Penso.
Poi però decido che non voglio fare brutti pensieri.
Mentre sorseggio il caffelatte però, provo comunque a fare ordine nella mia mente.
Oggi è domenica.
Domani c'è scuola.
Saltare un giorno non sarebbe la fine del mondo, e penso non ci sia altra scelta, visto che tornare a Borgoforte non sembra un'opzione possibile al momento.
-A che pensi, Simpatia?-
Rido.
Mio padre mi affibiò questo nomignolo il giorno in cui nacqui.
-Appena ti ho presa in braccio, hai iniziato a urlare come una pazza. E non è stata l'unica volta! Piangevi solo in braccio a me, ero disperato...-
Mi raccontava sempre.
Però poi aggiungeva che, sentendomi chiamare in quel modo e vedendo la sua faccia sconvolta, scoppiavo a ridere.
Per questo, da allora, Simpatia è rimasto il mio nomignolo ufficiale.
Ho davvero dei bei ricordi con mio padre.
-Ehi? Terra chiama Irene?-
-Mh? Oh, no, nulla. Stavo solo pensando che...Non voglio tornare a Borgoforte. Non subito.-
-Irene, ascolta...-
-No! Non iniziare a fare un discorso. Non cambierò idea.-
-Va bene. Io però te lo faccio lo stesso, come tutti i padri, e come tutte le figlie tu starai a sentire, chiaro?-
Non è un rimprovero, ma mi lascia lo stesso interdetta.
-Chiaro.-
Rispondo.
-Bene. Allora: tu sai che io ti ospiterei per sempre, ma non posso. Inoltre, tutto quello che c'è qui è presente in quantità per una sola persona. Un conto è ospitarti una notte, un conto una settimana. Capisci?-
-Capito.-
-Perciò Irene, mi dispiace ma dovrai tornare entro oggi a casa. Se vuoi posso portarti in macchina. Ma qui non puoi restare.-
Sento una stretta al cuore.
Come farò?
Passo ogni singolo secondo del pomeriggio a cercare di non pensarci.
Decido di esplorare la mia vecchia camera, per vedere se è cambiato qualcosa dall'ultima volta. No. Nell'armadio ci sono ancora, come al solito, solo una coperta e un vecchio giacchetto; sulla mensola il famoso libro della principessa Cassandra, che ho deciso per ovvie ragioni di lasciare qui da papà; appesa ai gancetti collocati dietro la porta, c'è una borsetta a tracolla che usavo sempre alle medie.
Avvicinandomi meglio, vedo che uno dei bottoni di metallo che la decoravano si è staccato. E ricordo anche perché. Un giorno, in prima media, mentre camminavo andando incontro a un'amica con cui dovevo uscire, un gruppetto di miei compagni mi aveva intercettato, mi aveva dato un spintone e mi aveva strattonato, tenendomi per la borsa. Il motivo? I miei voti, ovvio.
Io non avevo reagito: ero semplicemente scappata via, mentre quelli ridevano.
Quante differenze col presente. Se fosse successo adesso, avrei dato un pugno in faccia a tutti quanti. O magari avrei finito per sfidarli e storcermi un polso, stavolta.
Sorrido.
Sì, magari la vecchia me non amava mettersi in pericolo perché era prudente.
Ma ora la nuova me è capace di affrontare i problemi.
È strano, è la prima volta che, facendo un paragone tra passato  e presente, riesco a trovare qualcosa di positivo nel presente.
All'improvviso, penso di nuovo a casa. Ad Alessia. Ai discorsi che faceva sul farsi valere. Sul girl power. Forse ho esagerato con lei. Avrà avuto un momento di panico, e comunque non l'ha mica detto a mia madre. Mi basterà solo spiegare tutto ad Anna.
Ma come posso spiegare invece alla mia migliore amica che sono scappata su un treno senza sapere nemmeno perché? Per la rabbia, dicevo. Ma che razza di rabbia può essere così forte?
Forse era qualcos'altro. Voglia di scappare da una situazione che non avevo il coraggio di rivivere.
Questo significa, però, che ho abbandonato lei in quella situazione, da sola, quando mi ero ripromessa di starle accanto, lusso che a me nessuno aveva concesso.
Esco dalla camera e vado in salone, dove trovo mio padre che guarda la tv.
-Papà.-
Lui mi vede e abbassa il volume.
-Dimmi.-
-Voglio tornare a casa.-
Lui sorride.
-Lo sapevo che avresti fatto la scelta giusta. Ma ricorda: per qualsiasi cosa, anche questa è casa.-
Quelle parole mi lasciano blocccata per un attimo. Come ho potuto essere così sciocca da dire una cosa del genere? È ovvio che anche questa è casa!
-Ma...Ma no io non...-
Farfuglio, cercando di spiegare.
-Shhh.-
Mi interrompe lui.
-So cosa intendi. Tranquilla.-
Dice lui.
E io mi tranquillizzo per davvero.
È incredibile come mio padre riesca sempre a leggermi nella mente.
-Dai, sali in macchina, ti accompagno anche ora se vuoi.-
-Sicuro?-
-Sì. È tanto che non vengo a Borgoforte. Sarà una bella gita.-
"Non ne sarei così certa."
Penso.
Ma decido comunque di andare. Prima però, vado in camera a prendere la fotocopia che avevo appoggiato sulla scrivania. Non ho dimenticato la nostra missione. La piego e la metto in tasca. Sarà un po'stropicciata ma andrà bene lo stesso.
Dopo meno di un'ora di viaggio,
arriviamo a destinazione. Mio padre parcheggia sotto casa e io scendo dall'auto.
Da fuori il cancello, scorgo Alessia seduta in un angolo del giardino. Per un attimo, si volta, e mi vede. Continua a fissare per un po' nella mia direzione, incredula.
La saluto con la mano.
A quel punto, lei scatta in piedi e corre verso di me. Quando arriva, mi accorgo che...
-Stai...Piangendo?-
-Ire!! Sei tornata!! Avevo paura che...Che non...Mi dispiace così tanto!!-
Mi dice singhiozzando, attraverso le sbarre del cancello.
-No, Ale...Sono io che sono dispiaciuta.  Non dovevo reagire così. Ho esagerato. Volevo scappare via, quando avrei dovuto starti accanto. Non posso lasciare che i fantasmi del mio passato rovinino il tuo presente. Voglio farmi perdonare. Ti starò vicina, promesso.-
Lei è senza parole. Lo capisco dalla sua espressione.
-Io...Non capisco...Pensavo...Pensavo che fossi arrabbiata perché ho detto...-
Alessia si guarda attorno e vede mio padre ancora in macchina. Non è un impiccione, ma non può andare altrove.
-...Ho detto tutto ad Anna.-
Dice. Mi fa piacere che ci metta attenzione.
-Sì...Però poi ho capito che c'erano altri motivi dietro, e che ho comunque esagerato.-
-Sembrerebbe che entrambe abbiamo sbagliato, allora.-
Rido.
-Sembrerebbe.-
Alessia ha smesso di piangere.
-Io ti perdono.-
Mi dice.
-Anch'io-
Rispondo.
-Ora puoi aprire il cancello, così...-
Mi giro verso papà.
-Entriamo?-
Lui annuisce e scende dalla macchina.
Mio padre non ha mai serbato rancore nei confronti di mia madre. Per questo non gli da fastidio entrare in casa.
-Entriamo.-
Confermo ad Alessia.
Lei apre il cancello e anche la porta di casa.
-Irene è tornata!-
Annuncia entrando.
Sento dei passi frettolosi venire verso l'ingresso.
-Irene!!-
È mia madre. Corre verso di me e mi abbraccia. È una cosa fin troppo inaspettata: non siamo solite farlo.
Ricambio l'abbraccio con un po' di incertezza, e mi sento dispiaciuta di averla fatta preoccupare così tanto, anche se non andiamo molto d'accordo.
Quando si scioglie dalla presa, mia madre si accorge di mio padre sulla soglia.
-Ciao.-
Dice lui.
-Che ci fai tu qui?!-
Lo aggredisce subito lei.
Alessia sbianca.
Io invece resto impassibile. Ormai ci sono abituata.
-Sono venuto a salutare. E a bere un bicchiere d'acqua, se possibile.-
-Con quale faccia tosta ti presenti qui?!-
Mia madre sta esagerando come al solito. Devo fare qualcosa. Devo farlo per Alessia. Non voglio che senta le discussioni tra i miei, ne ha già sentite abbastanza tra i suoi.
-Gliel'ho chiesto io. Gli ho chiesto di venire su per bere perché mi ha accompagnata fino a qui e fa caldissimo in macchina.-
Butto lì.
Lo sguardo di mia madre si fa meno duro.
-E va bene...Ma poi te ne torni a casa tua.-
-Certo.-
Risponde mio padre. È incredibile come non si scomponga mai.
Dopo che ha bevuto, lo riaccompagno alla macchina e ci diamo un lungo abbraccio. Sì, con lui è decisamente più naturale.
-Ci rivediamo presto, Simpatia. Mi ha fatto piacere questa...Visita non programmata. Oh, e la tua amica sembra molto simpatica. Sono contento che abbiate risolto.-
Sorrido.
-Anch'io. Grazie per avermi...Accolto. E riaccompagnato a casa.-
-Non c'è di che. Ma la prossima volta che scapperai su un treno per venire da me, avvisami un po' prima, che ce ne andiamo al ristorante, che ne pensi?-
Non posso fare a meno di scoppiare a ridere.
-Penso che sia un'ottima idea!-
-Fantastico!-
Mio padre sale in macchina e si allaccia la cintura.
-Ciao Irene.-
-Ciao papà. A presto.-
-A presto. Ah, sì! Quasi dimenticavo. Buona fortuna con il nuoto!-
Cerco di non pensare a Francesco e di sorridere. Tanto, in ogni caso, presto non sarà più una minaccia.
-Grazie.-
Mi da un bacio sulla guancia, poi riparte. E io resto lì, a guardare la macchina scomparire dietro la curva, portandosi dietro un pezzetto di casa. Perché casa non è solo dove vivi. È anche dove stai bene. Dove hai i tuoi più bei ricordi. Dove vuoi, e vorrai sempre, tornare.

Ciao a tutti! Ecco il capitolo nuovo!
Come sempre, spero che vi piaccia!
Ci vediamo il prossimo sabato!😘
16_writer💙





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