Capitolo 17: Servono nuove idee

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Non diciamo più niente, né alla fermata, né sull'autobus, né a cena. Mentre siamo a tavola, mia madre mi chiede
-Come è andata alla fine?-
Le immagini di Francesco che separa ragazze e ragazzi e delle mie compagne di vasca demoralizzate mi tornano prepotenti alla mente. Per poco non mi strozzo, ma recito al meglio la mia parte e dico:
-Bene!-
-Sei riuscita a spiegare a...Come si chiama il nuovo istruttore?-
-Francesco.-
-Ah, già. Insomma, sei riuscita a spiegargli come mai sei stata assente?-
-Ci aveva già pensato Alessia.-
Dico. Alessia annuisce in segno di conferma.
-Bene.-
Dice lei. Poi la mamma di Alessia attacca a parlare di qualcos'altro e la conversazione su Francesco finisce. Meglio per me.
Il giorno dopo mi sveglio alle nove e mezza. Mia madre non è in casa, e nemmeno la mamma di Alessia, quindi in pratica abbiamo un po' campo libero, tranne per la sveglia alle dieci e mezza e il compito di fare i piatti e passare la scopa per tutta casa e preparare il pranzo. Mi dico che forse non abbiamo proprio campo libero.
In ogni caso, dopo essermi trascinata in bagno, sbircio dai vetri oscurati e vedo il cielo grigio.
“Siamo a metà aprile.”
Mi dico.
“E piove.”
Me ne rivado in camera e sprofondo nel cuscino avvolgendomi come un bruco nelle coperte.
Vengo svegliata, non so esattamente dopo quanto tempo, da una cuscinata in faccia.
-Ahhh!-
Urlo, perché a primo impatto non realizzo cosa sia successo e mi prende un colpo.
-Irene! Finalmente! Sono le undici...Vuoi alzarti o no?-
-Cosa…Alessia…Perché…Perché non mi hai chiamata?-
Chiedo, mentre mi dico che sicuramente me la dovrà pagare.
-L'ho fatto.-
Spiega.
-Ma tu non sentivi. Allora ho fatto colazione e poi ci ho riprovato. Alla fine, sono dovuta passare al piano B.-
-Cioè darmi una cuscinata?-
Dico, senza nemmeno la forza di arrabbiarmi. Mi esce un lamento stranissimo e mi rintano di nuovo tra le lenzuola.
-Daiii, abbiamo da faree!!-
Insiste lei.
-Irenee!! Su!! Sembri una crisalide morta!-
-Ma le crisalidi possono essere morte?-
Chiedo con la faccia nel cuscino.
-Tu lo sarai presto se non ti alzi.-
Mi minaccia Alessia.
-Ma se non hai il coraggio di uccidere un ragno.-
Obbietto. Alla fine però, un piede alla volta, esco dal guscio delle coperte. Vado in bagno e prendo un elastico a caso, con cui mi faccio una cipolla storta e spettinata, e me ne vado in cucina a fare colazione, mentre Alessia si lava.
Ci dividiamo i compiti e ci prefissiamo di finire per l'una e venti. All'una e mezza le nostre mamme dovrebbero tornare. Mentre passo la scopa in cucina, inizia a tuonare, e gocce grandi come chicchi d'uva iniziano a cadere sul balcone.
“Alessia era uscita a buttare la spazzatura.”
Penso. E infatti subito dopo…
-Irene...-
Mi giro e la vedo, fradicia e gocciolante, mentre piccole pozze d'acqua si formano sul pavimento.
-Potevi correre più in fretta…-
Le dico.
-Ma se i secchioni sono dall'altra parte della via! La pioggia mi ha sorpreso e ho iniziato a correre come una maratoneta inseguita dai calabroni!-
-Ahahahaha-
Scoppio letteralmente in una risata assurda, immaginando la scena.
-Ma cosa ridi! Piuttosto, mia madre ha messo tutto a lavare tranne i vestiti buoni, ma non posso mettermi quelli. Hai una felpa da darmi?-
Mi ricompongo, e dico:
-Non lo so, vieni con me che controllo nel cassetto.-
Arrivate in camera, inizio a frugare tra maglioni, giacchetti e jeans finché non ripesco una sorta di cimelio dimenticato nel tempo: un maglione rosa chiaro con un motivo a cuoricini rossi tridimensionali di lana.
-Tieni, metti questo.-
Dico, mentre sorrido sotto i baffi.
Alessia lo guarda perplessa.
-Barbie sa che glielo hai rubato?-
-Sta zitta, me l'hanno regalato in prima media, ma già allora era enorme…Ti starà benissimo. Meglio di niente, no?-
Alla fine lei cede e se lo infila, poi si va a vedere allo specchio. Infagottata in quel coso largo e colorato, sembra un baco da seta uscito dalle Winx.
-Sono ridicola!-
Si lamenta.
-Beh, sei anche bagnata.-
Le faccio notare.
-Accontentati, che tanto non ti vede nessuno. E dammi una mano ad asciugare le tue impronte bagnate!-
Armate di straccio, sistemiamo il macello acquatico che Alessia aveva lasciato sul pavimento, poi finiamo di fare le altre faccende. All'orario stabilito, le nostre mamme tornano, quasi contemporaneamente.
-Cosa hai addosso?-
Chiede subito la mamma di Alessia.
Lei le spiega in breve la disavventura della pioggia.
-Mi ricordo di quel maglione.-
Dice mia madre.
“Io vorrei dimenticarlo"
Penso. Ma non lo dico, perché è un regalo di mia nonna, e mia madre si arrabbierebbe di certo.
Durante il weekend, mentre studio, mi tormenta il pensiero di dovermi scusare con Martina. È passato tanto tempo, ed è arrivato il momento. Decido di fare il grande passo lunedì, al primo intervallo.
Mi avvicino e le chiedo:
-Martina? Posso parlarti?-
-Vedi qualcun altro che vuole parlare con me? Ti sembra che io abbia scelta?-
-Sei ancora così arrabbiata?-
Chiedo. E a quel punto lei scoppia letteralmente.
-Certo! Non è solo per quella frase! È l'insieme di tutto! Anche la rabbia verso me stessa, che ho creduto che una come te volesse essere amica di una come me!-
Dice.
-Una come me?-
Chiedo. Non capisco cosa intenda dire, sono confusa.
-Ma sì! Una popolare, che è amica di tutti! Una alla moda…Una che non è una secchiona!-
-Ma tu hai detto che ti piaci così!-
-Si! È questa la cosa strana…Io non mi ci vedrei mai nei tuoi panni! Eppure, ti invidio!-
-Ma io non sono popolare…A me non sta mai simpatico nessuno! E poi vado male a scuola! Tu sei un genio! E…Mi dispiace di aver detto quelle cose. Sei una bravissima tutor. Sono io che faccio schifo come allieva. Grazie, davvero. Di tutto.-
-Ma dove mi ha portato essere un genio! Sono scansata da tutti…Nessuno crede che io sappia divertirmi o dire una parola peggiore di cavolo…-
-Lascia stare i pregiudizi della gente! Io con te mi ci trovo bene, davvero. Ma mi annoio a studiare, per questo mi sono fatta scappare quelle parole stupide...Mi dispiace.-
-No, no, hai ragione. Accetto le scuse, davvero. Finiamola con i risentimenti e torniamo alla normalità, ok? Sono contenta che puoi tornare a fare…Beh, qualsiasi cosa tu faccia. Sembra che ti piaccia molto in ogni caso. Ma non mi impiccio.-
Non sembra molto convinta, a essere sincera. Sembra che stia recitando. Ma non so perché. Non credo sia per darmi il contentino. Forse non è convinta di quello che ha detto, e vuole solo finire la storia per riflettere un po' per conto suo.
Dopo questo, non succede più nulla di interessante per qualche altra settimana. Torno finalmente a nuotare per davvero, ed è come rincontrare un vecchio amico che non vedi da tanto tempo, e che continua a tenere il tuo segreto al sicuro. Non a caso, come dissi alla prof. di scienze il giorno della Gara di Corsa Studentesca, i suoni non si sentono sott'acqua. L'acqua sa tenere i segreti.
Il tempo passa, il caldo aumenta, e il penultimo ( o se vogliamo persino l’ ultimo) mese di scuola fa capolino sul calendario. Intanto, riesco a recuperare latino offrendomi volontaria per l'interrogazione, dato che è chiaro che all'orale vado meglio che nello scritto, prendendo 7 e mezzo. Alla fine, grazie anche ad alcuni mini- test col voto un po' più facili delle verifiche vere, riesco a portare la mia media a 5, 70.
E mia madre, finalmente, si convince a mandare me e Alessia a trovare Alessandra.
-La nostra riscossa ha inizio.-
Mi sussurra lei, appena siamo fuori portata d'orecchio.
E ha ragione.
-Quanto manca ancora?-
Mi chiede mentre siamo in piedi sull' auto, alle quattro del pomeriggio del giorno dopo, io con un biglietto da parte di tutte le ragazze di nuoto in mano, lei con la chiavetta USB viola in tasca. Siamo così da più di mezz' ora, e l'aria è diventata pesante. Tra l'altro, siamo state metà del viaggio schiacciate tra due tizi che dovevano aver litigato col deodorante, e questo si è aggiunto, oltre al caldo, a urtare il mio sistema nervoso.
Quando finalmente arriviamo alla fermata, prendo una bella boccata d'aria.
-Ahhh! Finalmente!-
-Non mi avevi detto che sarebbe stato così sfiancante!-
Mi dice Alessia.
-Ma che ne so io? Ci sono andata solo una volta a casa di Alessandra con l'auto. Ero insieme a Anna. E ti giuro che era vuoto! Chiedi pure a lei se non mi credi!-
Esclamo.
-No, no, lascia stare. Piuttosto incamminiamoci.-
Mi risponde lei.
E così ci incamminiamo per i marciapiedi di Torre Fumara, il quartiere vicino al nostro, dove abita Alessandra. Non mi è mai piaciuto:è pieno di palazzoni grigi, senza giardino, alti dieci quindici metri e coi muri imbrattati di bomboletta spray. In più, c'è puzza di smog, perché passano un sacco di macchine. Borgoforte, che come vi ho detto è il quartiere dove viviamo io e Alessia, non è molto lontano, ma è un mondo a parte: c'è molto meno caos e la gente vive quasi tutta in delle villette coi vasi di fiori sui balconi. L' unica cosa è che non ci sono molte cose da fare: qui almeno ci sono dei negozi. In ogni caso, dopo una decina di minuti, arriviamo davanti a un palazzo di almeno dieci piani, con il muro grigio e scrostato: è qui che vive Alessandra.
-Siamo arrivate.-
Dico infatti ad Alessia. Ci fermiamo accanto al portone del palazzo e lei fa per spingere il citofono, ma poi si blocca di colpo.
-Qual è pulsante? Ci sono due Alessandra.-
-Ehm… Non mi ricordo come fa di cognome…Aspetta: la chiamo, ho il suo numero.-
Compongo il numero e quasi subito lei risponde:
-Pronto Irene? Come va? Come mai mi chiami?-
Mi chiede.
-Sono sotto casa tua! Puoi aprire?-
Dico.
-Certo! Sali! Sono al quarto piano, interno 18!-
Conclude lei, stranamente per niente sorpresa, e attacca. Subito dopo, il portone si apre e noi ci avviamo su per le rampe di scale. Arrivate davanti alla porta con la placchetta dorata contrassegnata dal numero 18, bussiamo.
Appena la porta si apre, vedo Alessandra in piedi, che si appoggia a due stampelle, con la gamba destra ingessata.
-Beh, che ci fate lì impalate? Entrate, no?-
Ci dice ridendo. Non è cambiata di una virgola.
Con un po' di fatica, arriva fino a una poltrona nel salone, si siede, e appoggia le stampelle accanto a lei. Io chiudo la porta.
-È bello rivederti Irene.-
Mi dice.
-Anche per me.-
Rispondo.
Poi lei accenna ad Alessia con la testa.
-Non mi presenti la tua amica?-
-Piacere…Mi chiamo Alessia.-
-Lei è la new entry del gruppo di nuoto.-
Spiego ad Alessandra.
-Ah, ho capito! Molto piacere, Alessia!-
-Irene mi ha parlato tanto di te. E bene.-
Dice lei.
-Ah si? Grazie Irene!-
Risponde Alessandra, e ci facciamo una risata.
-Come stai?-
Le chiedo.
Lei indica la gamba.
-Sono una zoppa, ma sto bene. Sono caduta dalle scale come una stupida...-
-Tranquilla, capita. Certo, che sfortuna finire addirittura con la gamba rotta. Ma ti dirò, non sei stata l'unica zoppa delle ultime settimane.-
Lei mi guarda perplessa.
-Che intendi?-
Tiro fuori il telefono, scorro velocemente la galleria e ritrovo una foto che ci eravamo fatte io e Alessia mentre ero al letto con la caviglia fasciata.
-Tira su i pantaloni, fa vedere la ferita di guerra ai posteri!-
Mi aveva detto.
-Quali posteri?-
Avevo chiesto.
-Quelli che, tra trecento anni, ritroveranno la foto e diranno: questa ragazza ha lottato per il girl power!-
-Ah, certo, si. E poi diranno: guarda come si è ridotta…-
-Ti sei battuta eroicamente!-
Alla fine la foto ce l'eravamo fatta, e dopo dieci tentativi in cui era venuta sfuocata o lei mi aveva fatto le corna con le dita, era venuta decente. E mentre ci ripenso, la trovo e la mostro a Alessandra.
-Ecco, guarda.-
Le dico.
-Oddio, ti sei rotta la caviglia?-
-No, no, si era solo slogata un bel po'. È successo poco più di un mese fa. Non sono andata a nuoto per tre settimane. Una tortura.-
-Ti capisco…Ma come è successo?-
-Sono caduta…Beh, mi hanno fatto cadere, a scuola-
-Chi?!-
-È una lunga storia. Ma in realtà non siamo venute qui solo per chiacchierare…C'è un altro motivo. No, anzi due. Il primo è un bel motivo.-
Le dico, e le porgo il biglietto firmato da tutti i membri della squadra. Erano stati felicissimi dell' idea e si erano fiondati a scrivere il loro nome e degli auguri di pronta guarigione.
-Irene…Ma io non so firmare…-
Aveva detto Fatima.
-Non ti preoccupare! Scrivi il tuo nome e qualche parola per Ale!-
-Posso farci un disegnino?-
-Va bene…-
Alessandra apre il biglietto, inizia a leggere, e si sta per commuovere. Le luccicano gli occhi. Poi a un tratto ride.
-I gatti con gli occhi a cuore li ha fatti Fatima?-
Rido anche io.
-Si.-
-Mi manca quella piccoletta…Mi mancate tutti.-
-Anche tu ci manchi…Il nuovo istruttore è…Beh, è di lui che volevamo parlarti, in realtà. È per questo che siamo venute. C'è un grosso problema.-
Al pensiero di Francesco divento così cupa che Alessandra si preoccupa e mi chiede:
-Oh mio Dio, che ha fatto? Io nemmeno lo conosco, pensa.-
Sono un po' stupita.
-Davvero?-
-Sì! Hanno nominato un sostituto, ma io non l'ho mai visto. So solo che si chiama Francesco.-
-Ecco, sì, lui...Lui ha…Lui è…-
Non riesco proprio a trovare le parole per dirlo. O meglio, le parole le ho, ma non so perché non riesco a tirarle fuori. Ci pensa Alessia.
-Lui è maschilista! Ha vietato a noi ragazze di partecipare alle gare, e in più quando non c'è in giro il direttore tecnico ci fa nuotare separate dai ragazzi!-
Se Alessandra non fosse stata già seduta, con grande probabilità sarebbe caduta sulla poltrona.
Si porta una mano sulla bocca.
-Oh, Dio.-
-Lo so…-
Le dico.
-E io me ne stavo qui tranquilla, pensando che andasse tutto bene! E invece i miei allievi erano nelle mani di un matto! Ma come mai non lo avete detto a nessuno?-
-Lui usa delle scuse abbastanza credibili. Dice che così ci alleniamo meglio, e che non vuole rischiarsela con la regola della squadra a cinque, alle gare. E poi in realtà nessuno sa della storia del maschilismo. Cioè, lo detestano tutti, ma non sanno perché si comporta così. È stata Alessia a sospettare, e io nemmeno le credevo, e invece…-
Spiego.
-Ci siamo nascoste nell' armadietto dello spogliatoio degli istruttori, e lo abbiamo sentito confessare tutto a suo fratello! Io ho registrato la conversazione, e l'ho salvata qui…-
Aggiunge Alessia, tirando fuori la chiavetta USB dalla tasca.
Alessandra, che si era abbandonata sulla poltrona in preda allo sconforto, si rianima di colpo come se avesse preso la scossa.
-Cosa? Lo avete registrato senza il suo consenso? Ma lo sapete che è illegale? Se date questa chiavetta a qualcuno, potreste finire in guai seri! Ora io ascolto l'audio, poi lo elimino, e così dovete fare anche voi! E non ditelo a nessuno!-
Noi ci guardiamo preoccupate, e ci sentiamo in colpa, soprattutto io, perché io lo avevo sospettato, e ho deciso comunque di andare avanti convinta che Alessandra ci avrebbe aiutato a usare quella chiavetta. Ma lei ha solo confermato i miei timori. Quell’aggeggio viola è inutile.

Ciaoo! Ecco a voi il nuovo capitolo! Scusate se oggi ho pubblicato più tardi del solito, ma ho avuto da fare. Spero che vi piaccia e ci vediamo sabato!🤗
16_writer💙

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