Il pomeriggio del giorno dopo, mentre mi cambio il costume, faccio due chiacchiere con Ginevra, che come al solito indossa uno dei suoi costumi sgargianti. Per quanto riguarda l'occhio, ho deciso di rimanere sul classico “ho dato una testata allo stipite della porta perché sono scivolata su una penna che era per terra”. A casa, Alessia continua a metterci il trucco.
-L'altro giorno mentre facevo la virata ho sbattuto la testa al muro…-
Mi dice Ginevra, infilando il braccio nella bretella, coprendosi contemporaneamente con un lembo dell'accappatoio di spugna.
-Non so se ho visto bene, ma credo che Francesco stesse sogghignando…Ti pare possibile?-
“Si"
Penso subito, ma ovviamente dico un'altra cosa.
-Non lo so, mi sembra strano, avrai visto male.-
-Uhm, hai ragione, ma comunque quel tizio continua a non starmi simpatico per niente. Invece, sono proprio contenta che tu sia tornata! Mi mancavi…-
Sorrido.
-Anche tu. E anche nuotare.-
Appena mi rendo conto che Ginevra in realtà non mi è mancata poi così tanto, mi sento una persona orribile, cosa che non mi era mai capitata prima, ma sono consapevole che da quando questa storia assurda è iniziata sto cambiando lentamente, e in meglio.
-Entriamo?-
Ginevra mi scuote dai miei pensieri e indica la porta che da sul bordo vasca.
Com'è che li chiama Ale? Ah, si, momenti stand-by. Beh, il nome fa schifo, ma in effetti mi capita spesso.
-Sì, andiamo.-
Rispondo, e ci incamminiamo verso l’acqua.
Siccome siamo quasi alla fine di maggio, fa caldissimo, e tuffarsi fa piacere. Si potrebbe pensare che, dopo che il tuo corpo è a 880° centigradi e entri di botto nell' acqua fredda, tu rimanga congelato all'istante. E invece no. Anche in inverno, non ho mai brividi appena entrati in acqua, non è come al mare, non so perché. L’acqua ti scivola addosso come una crema idratante e rigenerante. È una sensazione che non saprei paragonare a nient'altro.
-Io vado!-
Ginevra si sistema gli occhialini e si tuffa con le mani avanti.
Gli spruzzi vanno in ogni direzione e io mi schermo in automatico, perché le gocce non seguono la “regola” che dicevo prima. Sono sempre congelate e ti colpiscono come schegge di ghiaccio. Sì, il nuoto ha decisamente una termodinamica tutta sua.
Mi preparo gli occhialini anche io, salto, e fendo l'acqua. Bum. Come una meteora che cade senza fare danni. Potrai sempre cadere nella vita, ma finché cadrai in acqua, sarai al sicuro. Non potrai farti male.
Dopo un’ora, mi ritrovo a fare l'ultima vasca, boccheggiando e guardando il soffitto, mentre nei miei pensieri scorrono le parole di una canzone. Sento tanta fatica, sì, ma non so perché mi piace. Lo rifarei cento volte.
Alla fine, smetto di nuotare, e rimango a galleggiare lasciandomi trasportare dalle piccole onde che ho creato muovendomi nell'acqua. Accarezzo la superficie con la punta delle dita e sento il mio respiro ovattato.
È davvero magico.
Dopo un po’ che sto così a fare il morto a galla, arriva Ginevra e mi spruzza sulla faccia. Arriccio il naso, chiudo gli occhi e mi rimetto dritta sputacchiando acqua clorata.
-Ehi!-
-Scusa, ma la tentazione era troppo forte. In ogni caso era ora di andare.-
-Sì, arrivo, ma non farlo mai più!-
-Non ti garantisco nulla…-
Ridendo, andiamo a farci la doccia. Ginevra finisce prima di me, e mentre io sono ancora in top a fonarmi i capelli, lei ha già la borsa a tracolla e sta imboccando l’uscita.
-Ciao Ire, ci vediamo venerdì!-
-Ciao!-
Dopo un quarto d'ora, anche io esco, e vado alla fermata.
Mi infilo le cuffie, e le tolgo solo quando sono davanti alla porta di casa.
-Sono tornata!-
Ho sempre pensato che i miei capelli giocassero un ruolo fondamentale nel segreto del nuoto. Anche appena fonati, infatti, sono sempre mossi come se non li avessi toccati e si sporcano facilmente, in modo che non si veda che li ho lavati da poco. Insomma, mi sono complici.
-Ciao!-
Mia madre mi aspettava sull’uscio della porta.-
-Dove sei stata?-
Mi chiede. Non sono molto sicura del perché, ma questa domanda mi fa prendere un colpo e gelare il sangue nelle vene. Come “dove sei stata?” Dovrebbe saperlo, no?
Cerco di mascherare la mia agitazione. Vado in camera, mi tolgo il giubbotto, poso la borsa e torno in soggiorno.
-Come dove sono stata?-
Dico con nonchalance.
-A scuola, no? Al corso di lettura.-
-Strano -continua mia madre-Sono passata con la macchina per darti un passaggio e non c'eri…E la scuola sembrava vuota.-
Morta. Sono morta. Dovrò andare direttamente a scavarmi una tomba, o nella migliore delle ipotesi, trovare un ponte accogliente sotto cui vivere.
Cosa mi invento ora?
-Ah, ho capito! Oggi ci hanno lasciati andare via prima!-
Dico con tutta la convinzione che riesco a tirare fuori.
-Scusa, siamo andati un po' in giro e mi sono dimenticata di avvisare…-
Mia madre mi scruta. L'avrò convinta? Lo stomaco mi si attorciglia e i palmi sudano. Alla fine, per fortuna, il suo sguardo si rilassa.
-Va bene. Ma la prossima volta chiamami. Mi hai fatto preoccupare!-
È tutto apposto. Mi ha creduta per davvero.
Anche io mi rilasso.
- Sì, certo, scusa. Ora vado di là.-
-Va bene, ma tra poco vieni ad apparecchiare.-
-Sì…-
Per un momento mi sento persino in colpa. Per star mentendo a chi si fida così tanto della mia sincerità.
-Bentornata! Che è successo con tua mare?-
Appena entro in camera di Alessia per dirle che sono a casa, lei inizia a tempestarmi di domande.
-Oh, nulla di che, ho solo rischiato la vita, credo. O la casa tuttalpiù.-
Ale è perplessa, ma poi capisce e sgrana gli occhi.
-Ha scoperto tutto?!-
Chiede, e grazie al cielo non lo fa urlando.
-No, no, per fortuna no. Ma ci è andata molto vicina. Troppo.-
Le racconto cosa mi ha detto mia madre.
-Menomale che sei una brava attrice…Comunque secondo me dovresti dirglielo. O almeno prima o poi dovrai. Meglio così che se lo scoprisse lei da sola in modi come questo.-
-No-dico-Meglio che non lo scopra e basta! Te l'ho detto, lei odia il nuoto! Se avessi potuto dirglielo, non pensi che l'avrei già fatto?-
-Fai come vuoi…-
-Infatti lo farò!-
Alessia alza gli occhi al cielo.
-Sei una ribelle, Irene Dossi!-
Rido.
-Grazie. Ci provo…-
Dopo questa mia piccola grande disavventura, non succede più nient’altro per i giorni successivi. Il weekend, e con esso la nostra grande “missione,” si avvicina molto in fretta, fin troppo a mio parere, dato che comunque nonostante non veda l'ora di mettere un punto a questa storia non mi sento molto pronta a intrufolarmi in un ufficio per fare fotocopie clandestine.
Venerdì, mentre ci stiamo spogliando per restare in costume e dirigerci in palestra, ne parlo con Alessia.
-Non lo so, io te l'ho già detto come la penso, ma dei stata tu a spingermi a non arrendermi…Ci hai ripensato?-
-No, no, è che…Non lo so, non sarà facile. Dovremmo stare molto attente.-
-Ma certo! È ovvio! Pensi che io voglia farmi beccare?-
-No, no.-
-E allora coraggio! Dai, mi sto motivando anch'io! Siamo in ballo, ormai balliamo!-
Mi viene da ridere mentre le rispondo:
-Va bene, ma ti do una brutta notizia…Non so ballare.-
-Imparerai.-
Ribatte lei. Una classica risposta che non ammette repliche.
Non vedo l'ora di tuffarmi, nuotare e cercare di non pensare a ciò che dobbiamo fare, per quanto sia possibile con Francesco che mi scruta dal bordo vasca. Appena entriamo nella palestra e facciamo per andare a salutare le altre però, mi accorgo che qualcosa non va.
-Che è successo?-
Chiedo.
Le ragazze sono tutte ammucchiate in un angolo, vicine e in cerchio. Sento qualcuno che piange, ma non capisco chi. I ragazzi sono poco più in là, troppo timidi per infilarsi in quella bizzarra calca probabilmente, ma ascoltano e assistono alla scena. Visto che nessuna delle ragazze mi risponde, chiedo a uno di loro.
-Giulio, che è successo?-
-Oh, ciao Irene. No, è che…Fatima si è scordata la cuffia e Francesco non vuole che va a chiederne un'altra alle bidelle, perciò non potrà nuotare oggi.-
In quel momento, in quel preciso momento in cui sento quelle parole, il mio cervello va in black out. Pum. Buio totale. Sto per andare da Francesco a dargli uno schiaffo, lo giuro, sto per andare a dirgli che so tutto del suo piano deficiente e che andrò a dirlo al direttore, così in costume come sono. Insomma, sto per andare a fare un sacco di cose avventate e stupide, ma Alessia se ne accorge e, un secondo prima che io mi diriga verso di lui, riaccende la luce nel mio cervello. Mi prende per un braccio, mi guarda negli occhi e sussurra:
-No. Non ora.-
Mi fermo. Ha ragione. Cosa posso fare ora? Nulla. Solo incasinare le cose. L'unica cosa che posso fare, in effetti, è andare da Fatima.
Mi faccio largo tra la piccola calca. Quando mi vedono, le ragazze si spostano e io la raggiungo.
È tutta rannicchiata, si stringe le ginocchia al petto con le braccia, e singhiozza.
-Ehi.-
Le dico, sfiorandole una spalla.
Lei alza la testa e mi guarda con gli occhi rossi.
-Irene…-
Poi mi da un abbraccio.
-Vuoi venire un attimo di là?-
Chiedo.
-Sì.-
La prendo per mano, ci alziamo, e tatticamente andiamo a chiedere alla bidella il permesso per andare, non a Francesco, perché ho la netta impressione che lui direbbe di no.
Annamaria, una bidella con i capelli grigi sempre legati con uno chignon, essendo una delle persone più buone che conosco, subito si scioglie alla vista di noi due e ci lascia andare.
Una volta nello spogliatoio, Fatima si siede su una delle panche blu di plastica e io vado in bagno a strappare un pezzo di carta igienica; poi mi siedo accanto a lei e glielo porgo. Mentre si soffia il naso e si asciuga gli occhi e le guance, le chiedo:
-Vuoi raccontarmi meglio cosa è successo?-
Tra un singhiozzo e l'altro, Fatima inizia a spiegare:
-Oggi, mentre mi cambiavo, mi sono accorta che non mi ero presa la cuffia. È che oggi stavo ripassando per la verifica di Geografia, e ho fatto tutto in fretta quando mi preparavo, perciò l'avrò di sicuro lasciata a casa. Siccome Alessandra una volta aveva detto a un bambino che le bidelle hanno delle cuffie, io me lo sono ricordato e ho chiesto a Francesco se potevo chiederglielo. Ma lui ha detto di no perché era sicuro al cento per cento che non ce l'avevano. Allora io gli ho detto che Alessandra invece diceva di sì e lui si è arrabbiato, mi ha detto che lui non è Alessandra e che oggi non posso nuotare. Ma oggi ci vuole far fare le prove di velocità e a me piacciono…Perciò mi è venuto da piangere, e poi è stato cattivo, e poi…E poi mi manca tanto Ale, perché lei era buona…-
Dopo aver ascoltato la storia, sono sempre più schifata, davvero non trovo un'altra parola per dirlo, da uno che riesce a far piangere così una bambina di dieci anni.
-Non preoccuparti, ora andiamo a chiedere ad Annamaria se ha qualche cuffia in più, ma ci allontaniamo da Francesco, va bene?-
Fatima, che ormai ha smesso di piangere, risponde:
-Va bene.-
Purtroppo per noi, va detto che probabilmente per una sola volta nella sua vita Francesco ci ha davvero azzeccato, perché la bidella non ha davvero nessuna cuffia di ricambio.
Devo farmi venire in mente qualcosa, non voglio vedere Fatima che continua a piangere, né tantomeno Francesco averla vinta.
“Pensa, Irene.”
Mi dico. E poi…
-Vieni con me!-
Le dico.
Arrivata al mio armadietto, lo apro, tiro fuori la borsa, e frugando con la mano sui lati trovo una di quelle taschine nascoste, che hanno un po' tutte le sacche sportive, di cui puntualmente si dimentica l'esistenza e, con essa, il fatto che dentro c'è rimasto chiuso qualcosa che dovevamo rimettere a posto ma non l’abbiamo più fatto.
Ora, non so per quale miracolo divino, in quel preciso istante mi torna in mente che nella mia tasca perduta c'è una cuffia da bambino, ancora appallottolata lì dal giorno in cui mia madre mi obbligò a tenerla per scorta, nonostante non fosse palesemente della mia taglia, e io le diedi il contentino pur di andare in piscina al più presto.
Come faccio ad avere una cuffia da bambino? Beh, è una lunga storia che sappiamo io, Alessandra, la bidella, e la bimba con l'accappatoio uguale al mio. Diciamo solo che un giorno, stranamente, le maniche si erano ristrette e sull'etichetta era comparsa la scritta “taglia 9- 10 anni". Chiarito l'equivoco, dopo che mi venne restituito l'accappatoio, trovai questa cuffia nella tasca, e mia madre me la face tenere, ritenendo (parole sue) “che la mamma della bambina fosse stata poco furba a lasciarla lì”, tutto questo mentre parlava con la figlia, quattordicenne, che aveva preso un accappatoio da bambino per sbaglio.
In ogni caso in questo preciso momento posso solo ringraziare mia madre, la madre della bimba, la bimba stessa, per aver incastrato i pezzi del puzzle così bene da farmi arrivare, anche se inconsapevolmente, ad avere oggi la soluzione tra le mani. Metto la cuffia a Fatima e le calza a pennello.
-Visto? Sapevo che avrei trovato una soluzione!-
Lei finalmente torna al suo solito sorriso:
- Sì, tu trovi sempre le soluzioni a tutto!-
Poi abbassa la voce, e in un sussurro mi dice:
-È per questo che ci siamo promesse di aiutarci, te lo ricordi, vero?-
Ripenso a quel giorno. E anch'io sorrido.
-Certo. Non me lo scorderò mai.-
Fatima mi da un abbraccio, che io ricambio. E in quel momento capisco qualcosa di importante : ci sono due cose che Francesco non potrà mai spezzare: i ricordi, e gli affetti.
-Siamo tornate!-
Dico, appena varchiamo di nuovo la soglia della palestra.
Lo dico ad alta voce, così che anche lui mi senta, perché non ho assolutamente paura, anzi. Mi sento più sicura che mai. Fatima, che mi da la mano, deve però pensarla diversamente, perché appena Francesco si gira verso di noi, stringe la mia più forte.
-Dove avete trovato quella cuffia?-
Chiede subito lui avvicinandosi.
Lei non fa un solo passo indietro, ma non le esce una parola. Sto per spiegare tutto io al posto suo, quando racimolando tutto quello che immagino sia il coraggio di cui possa disporre una bambina di dieci anni, lei dice:
-È di Irene.-
Lui la fissa con uno sguardo tremendo, ma lei lo sostiene.
-Ah si? E Irene dove l’ha trovata?-
È buffo, è la prima volta che lo sento pronunciare il mio nome, mi fa uno strano effetto.
-È la sua.-
Si vede lontano un miglio che Fatima ha paura. No, anzi, non proprio paura. Ma timore.
-E come mai ha una cuffia da ragazzina, se posso saperlo?-
-Gliel'hanno data per sbaglio.-
Una risposta banale, che non so perché penso farà infuriare Francesco, e invece niente. O s'è l'è bevuta, o è un bravo attore, perché non mostra alcun segno di rabbia. Si limita a tornare a posto e a far cenno agli altri di prendere gli accappatoi.
-Missione compiuta.-
Mi sussurra Fatima quando non siamo a portata d'orecchio.
E poi, di nascosto, mi batte un cinque. Io rido. È bello pensare che, in fondo, ero anch'io così sei anni fa. Trecce, magliette nere con le paillettes rosa e quasi senza compiti per casa. Bei tempi…
Mentre nuotiamo, mi immergo nei ricordi di quel periodo. Non ho mai capito perché mentre nuoto nella mia mente tornano ricordi e pensieri, magari vecchissimi, che però in quel momento tornano a farsi sentire.
Rivedo la mia famiglia ancora unita, i miei voti ancora fantastici, le gare di nuoto nella categoria bambini e la prima volta che mi classificai prima e mio padre mi fece una foto seduta sul bordo vasca, con la medaglia d'”oro” in mano.
Alla fine della lezione, faccio in modo di riunire tutte le ragazze gocciolanti davanti allo spogliatoio. Tra tutti i ricordi che mi sono venuti in mente, infatti ce n'era uno molto recente e molto importante: Alessandra ci ha consigliato di darci una mossa a fare le squadre, e la data delle gare si avvicina. Ora il difficile sarà convincere le altre del nostro piano senza dirgli qual è.Ciao a tutti! Ecco a voi il nuovo capitolo! Come sempre spero tanto che vi piaccia :)
Ci vediamo il prossimo sabato!❤
16_writer💙
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Girl swim power
Fiksi UmumL'acqua è un elemento fondamentale, che ci culla e ci protegge da miliardi di anni. Dentro l'acqua, tutto diventa surreale, rilassante, sognante. Lo sa bene Irene, quindicenne dal carattere forte, che nelle vasche del centro sportivo affoga nuotando...