Passano in fretta, i giorni.
Dopo che Stella si è liberata dei bulli, le ho raccontato di Stefano. Le ho spiegato che era merito suo se avevo potuto aiutarla, e li ho presentati. Erano molto in imbarazzo, ma alla fine si sono parlati, si sono scambiati i numeri, e dopo qualche giorno lui ha trovato coraggio e le ha chiesto di uscire. Lei ha accettato. Mi ha ringraziato così tante volte. Aveva gli occhi sinceri quando lo faceva, quindi ho capito che è cambiato per davvero, e ne sono felicissima. Il mio sforzo non è stato vano.
Arriva il 18 giugno.
Si avvicina un evento importante, anzi, due.
Fa sempre più caldo, e io e Alessia siamo in calzoncini e canottiera a scrollare i rispettivi schermi sedute sul mio letto, quando a un tratto lei salta su come una molla.
-Irene!!-
-Cosa?!-
Mi allarmo.
-Tra tre giorni è il tuo compleanno!! Questo sabato!! E domenica...Oddio ma domenica iniziano le Gare!!-
Bene. Se n'è ricordata. Dovrei parlarle?
-Alessia, tu non sei caduta dal pero, sei caduta da una palma da cocco alta cinque metri!-
-Non me ne ero dimenticata! L'avevo solo...Rimosso per un attimo.-
-Oh, certo. Mi hai fatto prendere un colpo.-
-Scusa...Senti, ma...Hai per caso... Intenzione di festeggiare in qualche modo?-
-Non credo.-
-Nemmeno con le ragazze del nuoto?! Eddai, compi sedici anni!-
-E con ciò? Non siamo mica in America. Non mi piace festeggiare.-
-Che noiosa.-
-Che insistente.-
C'è una pausa di silenzio.
Un pensiero mi frulla nella testa. Sempre lo stesso pensiero. Vorrei condividerlo con la mia amica, ma non sono sicura sia una buona idea. Però...Forse dovrei tentare. Farlo uscire fuori. Che potrà mai succedere?
-Ale...In realtà...Io tecnicamente, io da domani al ventuno non... Sarò a Borgoforte.-
-Che cosa?! E dove andrai?-
-...A Castellitano.-
-Ma...Non è dove...-
-Sì. Devo andare da mio padre.-
Butto fuori.
Alessia sgrana gli occhi. Mi fissa.
-Non pensavo che fosse... Previsto.-
Dice dopo un po', calibrando le parole.
-Ti sei mai chiesta il perché?-
Rispondo.
Non ho mai raccontato questa storia.
Ma è da un po' che mi frullava per la testa l'idea di farlo con lei.
-In effetti sì, ma...Mi sembrava una domanda inopportuna.-
-Ti vorrei raccontare. Ma mi piacerebbe farlo lì.-
Ecco un'altra cosa folle a cui stavo pensando da un po': Ale potrebbe ascoltare la storia e staccare dal clima di casa che, da quando i suoi le hanno parlato, si è fatto pesante. Ha trovato la forza di parlarmene qualche giorno dopo, ed ha pianto comunque più di quanto mi aspettassi.
-"Tra di noi non può più funzionare, ma tu non c'entri nulla Alessia. Le nostre attenzioni e il nostro affetto per te non cambieranno." Ti rendi conto? Come se per me fosse quella la parte importante! Le loro attenzioni! Non la nostra famiglia che va in pezzi! Che poi..Mi chiedo a questo punto se fosse mai stata unita.-
Mi ha detto.
Spero tanto che possa tornare spensierata al più presto.
-Va bene...Ma non so se mi lasceranno venire con te a Castellitano.-
-Tentar non nuoce.-
Chiediamo immediatamente il permesso alle nostre mamme. La madre di Ale, più spenta della figlia, annuisce meccanicamente acconsentendo. La mia è nel sacco: so che non ci vorrebbe a casa di mio padre, ma so anche che non ammetterà mai il perché davanti a loro, quindi è costretta a dire di sì. Mi lancia un'occhiata di ghiaccio che ignoro bellamente: non mi rovinerà il piano.
La sera prepariamo dei borsoni con tutto ciò che ci servirà per questi tre giorni. Riesco a malapena a contenere l'entusiasmo: non solo rivedrò papà dopo poco più di un mese, ma ci sarà Ale con me. L'unica cosa è che l'idea di aprirmi con lei sul passato mi mette un po' in agitazione, ma confido che saprò gestirla.
-Ire, posso chiederti una cosa?-
-Dimmi.-
-Quella che mi devi raccontare è una storia triste?-
Abbasso lo sguardo.
-Beh... Sì.-
Ammetto.
-Me lo aspettavo, in realtà.-
-Vuoi ancora sentirla?-
Titubo.
-Certo! Sono curiosa. E poi le amiche ci sono apposta, no? Per ascoltate le storie, anche quelle tristi. Forse specialmente quelle, perché necessitano maggiormente di un pubblico. Non è bello essere tristi e soli allo stesso tempo.-
-...Lo so. Grazie Ale.-
-Di nulla! Tu ci sei per me, e io farò lo stesso per te.Ce lo siamo promesso, te lo ricordi?-
Sorrido. Certo che me lo ricordo.
Il giorno dopo arriva il grande momento della partenza: saliamo in macchina di mia madre e ci mettiamo a chiacchierare del più e del meno. Lei resta muta, nel suo silenzioso non accettare tutto questo. Ed io continuo ad ignorarla. Passa quasi un'ora, quando a un certo punto mi arriva una notifica. È...
Numero sconosciuto: Hey ciao Irene Fossi! Sono io, Francesco...Ho avuto il tuo numero da Anna. Come stai?
Annana. Alla fine abbiamo parlato. Tanto. Lei ora sa. Mi sono scusata per il mio comportamento e pure per averci messo così tanto a trovare il tempo, e forse il coraggio in un certo senso, di parlarle. Lei sorprendentemente non era nemmeno arrabbiata: ha detto che poteva capire la mia reazione, e che avrebbe mantenuto il segreto.
-Scheggia, siamo amiche noi. E in questa enorme schifezza ci siamo insieme, io, te, Alessia...Non ci volteremo le spalle a vicenda e gliela faremo vedere a quel bastardo!-
-Adoro quando vai dritta al punto.-
-Io vado sempre dritta al punto.-
In ogni caso, a quanto pare è stata proprio lei a dare a Francesco il mio numero. E fin qui tutto ok, in fondo perché no? Ma perché lui ha deciso di scrivermi? Credevo di avergli fatto paura. Decido di rispondere.
Tu: Hey, ciaoooo! Perfetto, ora salvo il numero...Io kmq sto bene, tu?
Francesco: Io sto studiando per un dannato recupero di fisica🙄
Tu: Ma la scuola è finita adesso! Datti tregua!
Francesco: Non posso! Mio padre si è piantonato davanti alla porta della mia camera con un fucile! Se non studio ogni giorno non esco di qui! Imparerò tutto il libro a memoria...
Tu: Brutta storia...
E adesso che cavolo gli scrivo?! Odio i punti morti nelle conversazioni.
Francesco: Comunque, sai...A proposito di uscire...Mi stavo chiedendo se...Ecco se... Volevi venire con me a prendere un gelato, uno di questi giorni.
Oh. Porca.
-Siamo arrivate!-
Mia madre interrompe le mie imprecazioni interiori annunciando il nostro arrivo alla nostra vecchia casa.
Alessia, lo noto solo adesso, mi sa fissando come un gufo fissa la preda.
Fa per aprire bocca, ma la fermo con un gesto della mano, indicando mia madre mentre è distratta. Lei mi risponde roteando il dito come a dire "dopo ne parliamo".
Io annuisco mentre i pensieri prendono rapidamente a vorticare nella mia testa. Perché mi ha chiesto di uscire? Ci conosciamo a malapena...E poi che cosa gli rispondo? E come lo dico ad Alessia? Accidenti a tutto.
Recuperiamo i borsoni dal bagagliaio della macchina, salutiamo mia madre e quando si allontana bussiamo alla porta.
-Sì?-
-Siamo noi!-
Mio padre apre subito e lancio dei gridolini di gioia.
-Papà!!-
Lo abbraccio.
-Simpatia! Che bello rivederti!-
-Anche per me è bello rivederti. Non sai quanto.-
-Credo di avere una mezza idea...-
Alessia è rimasta ad osservare la scena.
-Tu devi essere Alessia. Irene mi ha parlato tanto di te.-
Le dice mio padre appena sciolto dall'abbraccio.
-Sì, piacere di conoscerla...-
Fa lei allungando la mano.
Ma mio padre, fedele a se stesso, invece di stringerla le da un cinque ed esclama:
-Conoscere chi? Lei? Dammi del tu! Non sono così vecchio!-
Alessia ride.
-Mi sei mancato tanto. Come sempre.-
-Dai, non pensarci. Ora sono qui, no? È questo ciò che conta.-
-Hai ragione. Ale, ti accompagno in camera!-
Dico alla mia amica, e le faccio strada.
La mia cameretta a Castellitano mi trasmette sempre due sensazioni diverse: una bella, dolce, rassicurante, intessuta dai ricordi bellissimi di disegni e giochi inventati tra queste quattro mura. L'altra, quella che vorrei che non ci fosse, fatta di lacrime soffocate nel cuscino, di scarpe infilate di notte, di mani che scivolano via, di addii che non si potevano dire ad alta voce.
Mi siedo sul mio vecchio letto e accarezzo la trapunta sempre uguale a se stessa, congelata nel tempo come il resto di quella stanza.
È venuto il momento di parlare.
-Ale...Ti ricordi no, che dovevo raccontarti una storia?-
-Certo. Mi hai messo molta curiosità, ma ho come la sensazione che tu non te la senta del tutto di raccontarmela.
-È solo che... È la prima volta che la racconto a qualcuno. Poi tu non sei la mia psicologa, sei la mia amica. Non voglio intristirti.-
-Ma dai Ire, non lo dire nemmeno per scherzo! Se vuoi parlare, sono qui. Sempre.-
Prendo un bel respiro e chiudo gli occhi. Riapro il lucchetto di un cassetto della memoria che non pensavo avrei mai riaperto in vita mia. Dentro c'è la pellicola del film che sto per raccontare.
-I miei genitori si sono conosciuti cinque anni prima che io nascessi, in un viaggio in Sicilia. Entrambi erano lì con amici dell'università. Si sono subito trovati simpatici, hanno fatto amicizia, e hanno scoperto di abitare entrambi a Castellitano, una sorta di coincidenza astrale per quanto questo posto è microscopico. Mio padre era ed è ancora un giocherellone, ama scherzare e fare battute. E questo a mia madre piaceva. Hanno continuato a frequentarsi, poi un paio di anni dopo si sono fidanzati e altri due anni dopo sono nata io. Mi aspettavano tanto. Per tredici anni ho vissuto una vita praticamente perfetta. Poi un giorno, mio padre ha perso il lavoro. Così. Di punto in bianco. Mia madre non guadagna molto ora e non guadagnava allora, perciò eravamo nei guai. Ricordo che da allora...Le cose sono cambiate. Litigavano sempre. Mia madre accusava mio padre di essere un immaturo, solo perché lui, al contrario di lei, non voleva smettere di vivere e continuava a essere scherzoso e a fare persino qualche battuta sul licenziamento. Un giorno... È andato a fare un colloquio di lavoro. Era un'offerta davvero buona. Lui per rompere un po' il ghiaccio si è messo a raccontare una storiella delle sue, ma nel farlo ha gesticolato ed ha colpito una bottiglietta d'acqua aperta. L'acqua si è rovesciata sul computer nuovo dell'azienda e hanno dovuto buttarlo. Ovviamente non lo hanno assunto. Era sera quando mio padre è tornato a casa e l'ha raccontato a mia madre. Io...Ero nel letto. Ero stanca, avevo studiato tutto il pomeriggio. Mi sono addormentata sbattendo le palpebre tra uno strillo e l'altro, convinta che fosse solo l'ennesima litigata che avrebbero risolto nel giro di un'ora. Invece...Quella notte fu... L'inizio della fine.
~Flashback~
-...Ne voglio più sapere nulla!-
-Tesoro...-
-Chiamarmi... Più!-
Pezzi di conversazioni indistinte mi arrivano all'orecchio. Che ore sono? Mi guardo attorno: buio. Dev'essere notte. Qualcuno sta male? Non ci metto molto a capire.
-Aspetta solo che prepari questa stupida valigia!-
Mi congelo nel letto, sperando solo di aver capito male. Ma continuo a sentire. Altri insulti, minacce, e queste parole "è finita", "me ne vado" che continuano a risuonare tra le mura di casa. Le lacrime iniziano a sgorgare come se i miei occhi fossero fontanelle. Mi giro con la faccia contro il cuscino e lascio che la stoffa le assorba tutte. Le asciugo con la coperta. Non voglio che mi sentano. Non voglio andarci di là. Passa un altro po' di tempo, poi la porta si apre bruscamente.
STAI LEGGENDO
Girl swim power
General FictionL'acqua è un elemento fondamentale, che ci culla e ci protegge da miliardi di anni. Dentro l'acqua, tutto diventa surreale, rilassante, sognante. Lo sa bene Irene, quindicenne dal carattere forte, che nelle vasche del centro sportivo affoga nuotando...