Il weekend passa tutto così. Alessia fa la spola tra camera sua e la mia, interrompendo anche i compiti per venire a farmi compagnia. Quando li ha finiti, mi da una mano con i miei.
-Allora, per mettere l'accento grafico in spagnolo devi seguire delle regole particolari. Quella più facile è per le parole sdrucciole, bisdrucciole, trisdrucciole eccetera.-
-Ma che è uno sdrucciolo?-
-Non è un oggetto! È un tipo di parola! Sono quelle con l'accento tonico dalla terza sillaba in poi.-
-Quindi devo scriverci l’accento?-
-Sì, in questo caso sì, ma non sempre corrispondono
-Cosa?-
-L'accento tonico e quello grafico.-
-Esistono due tipi di accento?!-
-O dio mio, sì! Ma non mi hai ascoltato per niente?-
Alessia è sconvolta, io sono devastata.
-Prova a dire: “en español las palabras esdrujulas y sobresdrujulas siempre llevan acento.-
Mi dice dopo un po'.
-Che?-
Le domando io sollevando la testa che ho sprofondato tra le mani.
-Dillo!-
-Le palabras strucculas…sdruculas…esdruculas?-
-Si, ma non usare la “c" , usa la “jota"-
-Ah, questa la so. La “j" no?-
-Si! Quella! Aspira il suono!-
-Esdru…j…ulas?-
-Si!! Ora di' tutta la frase però.-
-Alessia, tu mi vuoi vedere morta qui davanti a te ora.-
-E daiii, lo spagnolo è facile!! Ma ci sta qualcosa che sai dire, almeno?-
-Ehm…Yo…Me llamo Irene. Y tengo quince años.-
-E basta?-
-Todo recto?-
Alessia si sbatte il mio libro in fronte.
-Mi cumpleaños es el veintedós de junio.-
Dico io a un tratto presa dalla voglia di non apparire scema.
-Interessante. Questo non me lo avevi mai detto.-
-Nunca?-
Alessia ride.
-No, nunca.-
-È che non sono una di quelle che ti ripete cento volte il giorno in cui è nata. Tanto non cambia niente. I prof. ti interrogano lo stesso, e la tua crush ti da’ lo stesso un bel due di picche…-
Alessia, che sta guardando una pagina del libro assorta nei suoi pensieri, si fa attenta.
-Come come come? Quale crush? Quando?-
Mi pento subito di essermi lasciata sfuggire questa cosa.
-Niente, cose mie…-
Provo a dire. Ma ormai è troppo tardi: ho sganciato la bomba. Alessia continua a supplicare e a insistere perché io le racconti tutto. Alla fine cedo.
-L’estate dopo la terza media, non volevo festeggiare il mio compleanno perché era un periodo tremendo e non mi pareva il caso. Ma mia madre non voleva che ne risentissi, perciò di tutto quello che poteva fare per aiutarmi, scelse di obbligarmi a festeggiare il mio compleanno, una cosa inutile direi. Dico obbligare perché davvero, quasi quasi chiamava lei le persone al posto mio per invitarle. Comunque, essendo estate, sapevo che nessuno sarebbe venuto, ma ci provai lo stesso. Però siccome non sopportavo nessuno dei miei ormai ex compagni di classe, provai a chiederlo alle ragazze del nuoto. Quell'anno c'era anche un ragazzo di nome Christian in vasca con noi. Ovviamente i maschi ci sono sempre, e infatti ce n'erano anche altri, ma questo tizio mi stava simpatico. Era bruttino, con un sacco di brufoletti sulla fronte, ed era pelle e ossa, ma c'era qualcosa in lui che mi attraeva. Faceva sempre battute, ti strappava il sorriso, ed eravamo anche coetanei. Alla fine iniziai a chiamarlo crush, anche se non era proprio amore quello che provavo. Insomma, al mio compleanno invito le ragazze, che dicono quasi tutte di sì, e questo Christian, che però non rispondeva al telefono. Quando finalmente la sera prima della festa si è fatto vivo, ha detto:
-Uh, ciao Irene…Scusa, avevo il telefono in riparazione e non ho risposto. Comunque scusa, ma ho altri progetti domani e non li posso spostare. Scusa. Ciao.-
Io gli ho creduto, ma il giorno dopo ha postato una frase che diceva:
“Compagnia? Mi annoio.”
Io ho risposto:
-Giornata vuota?-
E lui:
-Già…-
Mi è bastato. La festa mi è mezza andata di traverso e non ci ho più parlato. Ecco, questa è la storia. Ti piace?-
Alessia ha ascoltato attentamente.
-Beh, no…È orribile! Che tipo assurdo…-
-Già.-
-Comunque, ora io vado, così tu puoi prepararti per andare a fare il controllo. Incrociamo le dita…Ah, già. Sai che la tua pronuncia spagnola non è male? Certo, ti mancano il novanta per cento delle parole da pronunciare, ma su quello ci si può lavorare.-
-Grazie, ma sai, spagnolo è banale da pronunciare, non è un grande passo avanti…-
-Io non ci scommetterei. E poi, in ogni caso, si va per gradi, no? Ciao Ire. A dopo.-
- Ciao Ale. E grazie dell'aiuto.-
-Di nulla.-
Conclude lei. Poi rientra in camera sua.
Mia madre viene giusto in quel momento ad avvisarmi che devo iniziare a vestirmi per andare al pronto soccorso. Mi da una mano ad alzarmi e infilarmi i leggins, i calzini e le scarpe, e io mi metto la maglietta. È davvero un impresa, ma non mi prepara a quello che viene dopo: camminare, infatti, è quasi impossibile. Ma non perché sento dolore, bensì perché sono stata ferma circa tre giorni e credo di aver dimenticato come si fa. Barcollando come un’ubriaca, aggrappata a mia madre, arrivo fino alla sua macchina e mi siedo.
Arrivate al pronto soccorso, attiro almeno un centinaio di sguardi di persone che non hanno niente di meglio da fare che farsi gli affari degli altri. Quando finalmente arriviamo in sala d'aspetto, crollo su una delle sedie di plastica. Dopo un po', esattamente come l'altra volta, mi chiamano per fare la lastra. Il medico è sempre quello, ma per fortuna stavolta si tiene alla larga dagli aghi.
-È migliorata.-
Dice.
-Puoi smettere di stare tutto il giorno a letto ma cerca di non muoverti tanto, e domani puoi andare a scuola, ma prova sempre ad alzarti solo quando è davvero indispensabile. Per quanto riguarda gli sport, invece, ancora non è il momento.-
Un po' ci rimango male, ma tanto in realtà sapevo che avrebbe confermato questa cosa. Però lunedì, intanto, potrò vedermela con Stefano.
-Che sport fai?-
Chiede a un tratto il medico.
-Nuoto.-
-Agonistico?-
-No.-
Rispondo, chiedendomi che cosa gliene importi. Però dai,
magari voleva solo fare conversazione.
-È uno sport molto bello. Anche mia nipote lo pratica, va al centro sportivo di Borgoforte.-
“È il mio quartiere.”
Penso subito.
-Ah, noi veniamo da lì!-
Dice infatti subito mia madre.
-Come si chiama sua nipote?-
Chiedo.
-Anna Nanni.-
Anna Nanni. Detta “Annana" da tutte noi proprio a causa di quel suo cognome. È lei la nipote del medico. È una ragazza molto esile, magra come lo stelo di un fiore, ma con una tenacia incredibile, che se ci si mette supera quattro avversari alla volta all'ultimo secondo. Eravamo sempre noi due a essere capitano e vice. Quando l'anno scorso abbiamo vinto le gare provinciali, il capitano era lei. Era così felice che si è messa a piangere. Sì, Annana è proprio una simpatica. Come sapete infatti, con le ragazze di nuoto ci ho sempre parlato. Lì ero (e sono) sempre diversa da come ero a casa o a scuola.
-La conosco. La saluti da parte mia.-
-Certo. Tu sei Irene, giusto?-
-Sì.-
D'accordo. Arrivederci.-
-Arrivederci.-
Diciamo io e mia madre riavviandoci verso la macchina. Io non faccio nemmeno più caso al mio barcollare, perché sto pensando ad altro. L'accenno a Annana mi ha fatto tornare alla mente un sacco di cose. Mi immergo in quell’ondata di ricordi…
Quando ero appena arrivata al centro sportivo, all'inizio delle superiori, non conoscevo assolutamente nessuno. Me ne stavo in un angolino da sola, a fissare le altre. Quanto avevo aspettato di entrare in quel posto. Avevo deciso di segnarmi a maggio, ma a parte il fatto che sarebbe stato inutile pagare un solo mese, mi ci volle comunque tutta l'estate per convincere mia madre a farmi praticare questo sport. Una cosa che non vi ho mai detto è che in realtà avevo già fatto nuoto da quando avevo sette anni fino a quando ne avevo quasi dodici. Poi la piscina dove andavo purtroppo chiuse e, con grande gioia di mia madre, mi dimenticai del nuoto. Ora che finalmente ero di nuovo lì, volevo conoscere qualcuno, distrarmi dai casini che succedevano attorno a me. Ma non riuscivo a spiccicare una parola con nessuno. A un tratto, un giorno, in palestra mi si avvicina questa ragazza con una montagna di ricci castani che gonfiavano la cuffia e uscivano pure da sotto, sparando da tutte le parti.
-Ciao! Sei nuova?-
Mi chiese.
-Sì…Mi chiamo Irene.-
-Irene? E basta?-
-Irene Dossi.-
Le riposi io, chiedendomi perché volesse sapere il mio cognome.
-Ma nooo, non in quel senso! Qual è il tuo soprannome?-
-Ehm…Non lo so…Ire, credo.-
Dissi io sempre più confusa.
-Ma nooo!-
Disse lei di nuovo.
-Allora, vedi, io mi chiamo Anna Nanni, e il mio soprannome è Annana, perché assomiglia all'unione del mio nome e del mio cognome. Certo, a casa la mia sorellina di tre anni mi chiama Anny, ma qui il mio soprannome è Annana.-
Spiegò. Già, fu proprio lei, Annana, la prima che mi si avvicinò e mi rivolse la parola.
- Loro me l'hanno dato.-
Aggiunse poi facendo cenno alle altre ragazze.
-E quindi, Irene, qual è il tuo soprannome?-
-Non ce l'ho. Cioè, nessuno me l'ha dato…-
Ammisi io.
Il flusso dei miei ricordi viene interrotto da mia madre che frena e spegne la macchina. Siamo arrivate a casa.
Subito Alessia inizia a farmi domande, e io le riferisco quello che mi ha detto il medico. È contenta che le cose stiano migliorando, ma si accorge quasi subito che ho la testa fra le nuvole.
-A che pensi?-
Mi dice infatti.
-Niente, niente…A una mia compagna di nuoto. È la nipote del medico.-
-Uh, figo. E come si chiama?-
-Annana. Cioè, Anna, ma tutti la chiamiamo così.-
-E come mai?-
A quel punto racconto a Alessia tutto quello a cui stavo pensando durante il tragitto in macchina, e poi continuo dove mi ero interrotta…
Appena le dissi che non avevo un soprannome, Annana sembrò confusa.
-Vieni con me.-
Mi disse. E mi presentò alle altre.
-Da quanti giorni sei arrivata?-
Mi chiese una ragazzina paffuta che poteva avere dodici anni.
-È la mia terza lezione.-
Risposi.
-Hai mai fatto nuoto prima?-
Domandò una ragazza bassina.
-Da piccola, cioè, voglio dire, fino alla metà della prima media.-
-Quindi hanno fatto bene a metterti in questa vasca. Sai che dobbiamo prendere il quinto brevetto?-
Chiese un ragazzo così alto che dovevo alzare la testa solo per parlarci.
-Sì.-
-Allora benvenuta!-
Disse la ragazzina di prima, e tutti parvero finalmente convinti e si presentarono.-
A Alessia la storia è piaciuta molto.
-E come si chiamano? Sono i nostri compagni di vasca, no? Ho capito di chi stai parlando ma non conosco bene i nomi.-
-Si, sono loro.-
Confermo.
-Ora ti dico i nomi, i soprannomi e le età che hanno oggi, almeno quelli che sono rimasti. Per esempio Christian, il ragazzo di cui ti ho parlato, non è più al centro sportivo. Lo chiamavamo Bolla perché come ti ho detto era pieno di brufoli…E da quest'anno se n’è andata anche Aurora, la Tuffatrice, altrimenti saremmo state sei e Francesco non avrebbe mai avuto una scusa per toglierci dalle gare. Ci pensi?
-Già…Avevo intuito che l'anno scorso c'era un'altra quinta ragazza-
Sospiro. Poi riprendo
-Comunque, dicevo: la ragazzina paffuta ha tredici anni, e non è altri che Tavoletta, che in realtà si chiama Giulia, ma è soprannominata così perché quando ci fanno usare appunto la tavoletta fila velocissima. Stesso discorso per Bombolotto, che sarebbe il soprannome del ragazzo altissimo, che in realtà, casualità delle casualità, si chiama Giulio. Siccome Bombolotto è un nome troppo scemo persino per noi, di solito lo chiamiamo solo Bo’.
Nonostante la sua altezza inganni, Bo' ha solo quattordici anni e questo è uno dei fattori che, insieme agli altri, che lo fa rientrare in una fantastica ship con Giulia. Hanno troppo in comune: siamo tutti convinti che il destino li abbia messi lì per un motivo. Ovviamente, tutti tranne loro, che però non fanno altro che scambiarsi occhiate…
La ragazzina bassa si chiama Fatima ed è la più piccola, infatti ha solo dieci anni, ma è così brava che è da sempre in una vasca superiore. Certo, non è velocissima, ma ha una tecnica perfetta. Di solito la chiamiamo Fatina. Un po' perché assomiglia al suo vero nome, un po' perché in effetti lei è come una fata: piccola ma capace di fare magie quando nuota. Poi c'è Lorenzo, che quel giorno era assente, ma mi dissero dopo che si faceva chiamare Sub, perché riusciva a stare sott'acqua per un minuto e mezzo. Poi ce ne sono altri che non si erano avvicinati: Ginevra, detta Sirena per i suoi costumi sgargianti, che fa nuoto libero con me. Ah sì, viene con noi anche Damiano, il Maestro, che vorrebbe diventare istruttore di nuoto. Loro due sono nostri coetanei. Poi non conosco gli altri compagni del nuoto libero. In realtà non c'è quasi mai nessuno. Infine ci sono altri maschi, che noi chiamiamo semplicemente I Gamers, perché stanno sempre per conto loro a parlare di videogiochi. Sono Diego, Massimo e Santiago. Hanno tutti tredici anni mi pare. Ecco la nostra squadra.-
Concludo.
-Ma allora con me siamo sei!-
-No, Fatima non partecipa nella nostra categoria. È brava, sì, ma troppo piccola per la categoria "ragazzi".-
-Ah, capito. Ma sei sicura di avermi elencato ogni membro?-
- Sì.-
-Noo, manca qualcuno.-
Mi dice Alessia.
-Chi?-
Dico io aggrottando le sopracciglia
-Tu! Alla fine te l'hanno dato il soprannome o no?-
Sorrido.
-Quel giorno Alessandra ci ha fatto fare le vasche a tempo. E io…Beh, modestamente, ho lasciato tutti di stucco. Da allora hanno cominciato a chiamarmi Scheggia.-
-Wow! Complimenti allora…Scheggia!-
-Daiii, non chiamarmi così anche a casa! Mi fai venire la nostalgia, tra l'altro…-
-Va bene, ma quando torni a nuoto devi dire alle altre che anch’io voglio un soprannome!-
-Ok…-
-Cambiando argomento: domani quindi vai a scuola e gliene dici quattro a quel deficiente di Stefano?-
-No, cioè, sì, vado a scuola, ma non parlerò direttamente con lui. Chiederò a Andrea di far vedere il video a qualche prof. E poi tanto non posso nemmeno alzarmi dalla sedia, quindi…-
-Capito. E invece quando andiamo da Alessandra per parlarle di Fra…-
Alessia non fa in tempo a finire la frase che mia madre entra in camera.
-Volete fare merenda?-
Dice.
Ci blocchiamo come statue di ghiaccio.
-Sì, arriviamo!-
Dico io, pregando persino Zeus che non abbia sentito niente. E invece…
-Chi è Fra…Franco, Francesco o Francesca? Il sostituto di Alessandra?-
“È la fine.”
Penso.Holaa😂
Ecco a voi il capitolo 13( che io considero abbastanza cringe, merito dei fantastici soprannomi sopra riportati, ma dettagli). In ogni caso spero vi sia piaciuto e ci vediamo il prossimo sabato!🤗16_writer💙
STAI LEGGENDO
Girl swim power
General FictionL'acqua è un elemento fondamentale, che ci culla e ci protegge da miliardi di anni. Dentro l'acqua, tutto diventa surreale, rilassante, sognante. Lo sa bene Irene, quindicenne dal carattere forte, che nelle vasche del centro sportivo affoga nuotando...