-Ma come faremo senza prove?-
Chiede Alessia.
-Ci inventeremo qualcosa.-
Risponde lei.
Subito dopo, le porto il suo portatile, inseriamo la chiavetta, e riproduciamo l'audio.
È come un viaggio nel tempo che mi riporta a quel giorno, a quella litigata con Alessia, a quella decisione di allearci che mi ha così profondamente cambiata, mentre pensavo che lei aveva avuto ragione, e tenevo lo sportello con la mano, spaventata che ci avrebbero beccate.
Alla fine dell' audio, Alessandra dice:
-È…Assurdo. Sconcertante. Impensabile. E tremendo. Cioè, lui vuole vendicarsi perché lo abbiamo battuto allo scontro tra titani dell'anno scorso? Ma almeno si ricorda di te? O se la sta prendendo con una a caso?-
-Non lo so, ma io mi ricordo vagamente di lui. Era quello che sgridava il capitano dell'altra squadra in quel modo così pesante.-
Alessandra cerca di richiamare alla mente il ricordo.
-Uhm…Sì, forse ho capito di che parli.-
-Ma quindi come faremo senza prove?-
Ripete di nuovo Alessia. È agitata, si vede. E Alessandra, che ha passato anni a calmare allievi agitati prima di una sfida, sa come prenderla.
-Sembri un pappagallo…-
Dice.
-Lo dico sempre anche io!!-
Esclamo ridendo.
-Comunque-prosegue Alessandra-Mi sono appena ricordata di una cosa: quando è stata istituita questa regola speciale per voi, me lo sono fatta mettere per iscritto dalla giuria, per evitare futuri equivoci. Avevo una copia qui a casa, ma l'ho persa…Però il direttore volle che tenessi l'originale nel cassetto della stanzetta dietro la reception, e credo sia ancora seppellita là dentro da qualche parte.-
-Quindi ci basterà chiedere al direttore di darci questo foglio?-
Chiede Alessia, visibilmente sollevata che ci sia una soluzione semplice.
-Oh no!-
Dice però Alessandra, e lei torna preoccupata.
-Cosa?-
Chiede.
-Non potete dirlo al direttore! Vi chiederà il motivo, e questa storia deve rimanere segreta, come lo è stata fin ora, altrimenti succederebbe un casino!-
-Giusto…-
Ammette Alessia.
-E quindi come facciamo a prenderlo?-
Chiedo io, e ho il vago presentimento che la risposta non mi piacerà. E infatti Alessandra dice:
-Voi due farete una cosa che non si dovrebbe mai fare, ma che ora va fatta perché questa è un emergenza, e che però è legale, al contrario di registrare le telefonate altrui.-
Sbianco.
-E…Cioè?-
Domando.
-E cioè introdursi di nascosto nella stanza, prendere il foglio, fotocopiarlo, rimetterlo a posto, poi io andrò a portarglielo fingendo di essermene ricordata ora e così quel matto sarà obbligato a iscrivere le ragazze alle Gare Provinciali! In teoria così non dovrebbe sospettare e voi non sarete coinvolte.-
Io e Alessia rimaniamo un attimo zitte ad assimilare la nuova informazione.
-Certo.-
Dico poi io.
-Nulla di più semplice. Una cosa da routine quotidiana. Ma mi spieghi come facciamo? Ci sta sempre mezzo mondo lì dentro!-
-Trovate un momento in cui siete sole! Mi dispiace ragazze, ma questo è l'unico modo che mi viene in mente. Tra l'altro, abbiamo pochissimo tempo: bisognava scegliere i membri delle squadre mesi fa, e suppongo dobbiate ancora farlo, perché quando era il momento io me ne sono andata, e in più dovete iscrivervi alle Gare entro fine maggio, e siamo a metà mese.-
-Ma allora dobbiamo dire alle altre che abbiamo un piano, senza dire quale, e di iniziare a creare le squadre! Ci serve un capitano!-
-Questo potete farlo, sì.-
Conferma Alessandra. Poi si rivolge a me e mi dice:
-Hai il mio numero, aggiornami. E ricorda: sei la persona più determinata che conosco, Scheggia. E la tua amica non sembra essere da meno. Datevi da fare, e uscirete da questo macello.-
Sorrido. È davvero una cosa lusinghiera. E poi è una cosa simpatica quando Alessandra mi chiama col mio buffo soprannome.
-Grazie.-
Dico.
-Anche da parte mia. È stato un piacere conoscerti.
Aggiunge Alessia.
Ci salutiamo, poi noi scendiamo le scale, usciamo dal portone e ripartiamo alla volta della fermata.
Quella sera, a casa, mentre sono seduta a gambe incrociate sul letto a studiare Scienze della Terra, sento bussare.
-Avanti.-
Dico, senza sollevare gli occhi dal grafico delle fasi lunari.
-Ire…-
Mormora Alessia.
La guardo.
-Cos'hai? Hai la faccia pensierosa.-
Le chiedo appena la vedo.
-Niente, è che…Non riesco a smettere di pensare a quello che ci ha chiesto di fare Alessandra. A me piacciono le sfide, le cosiddette “avventure”, ma questo sembra impossibile, anche più di nascondersi in un armadietto a spiare la gente…Ah, e comunque ho cancellato definitivamente quell'audio, e ho messo la chiavetta nel cassetto.-
Chiudo il libro, infilando la matita tra le pagine per tenere il segno.
-Pensavo di essere l'unica ad aver avuto questo pensiero.-
-Beh, non lo sei. Anzi, scusa se ti ho infilato in questo disastro. È partito tutto da me, ci ho incastrate in una situazione più grande di noi.-
-Ma no, non dire così…Cioè, sì, la cosa ci sta sfuggendo di mano, ma non è colpa tua. Io ti ho seguita volontariamente in questa cosa folle, e mi ha aiutato a essere un po' più ottimista verso il mondo.-
-Quindi non sei arrabbiata?-
Chiede lei, con una voce timida come quella di una bimba.
-No, anzi. Voglio andare fino in fondo. Salveremo la nostra squadra. Mostreremo a Francesco cos'è il girl power!-
-Si! Ma poi sai cosa Ire? Dovremmo cambiargli nome.-
Dice lei, di nuovo allegra.
-A cosa?-
-Al girl power. Chiamarlo così lo fa sembrare una cosa un po'…Sciocca. Come se fosse solo il disegnino su una maglietta per bambine.-
-Uhm, hai ragione. Come potremmo chiamarlo?-
-Non lo so....E se dicessimo “usa la tua voce?”-
-Sii! Mi piace!-
-E allora usiamo la nostra voce!-
Dice.
-Domani dovrei usarla per parlare della Luna.-
Rispondo io, accennando al libro sul letto.
-Oh, sì sì, giusto, ti lascio studiare in pace. Grazie. A dopo.-
-Di nulla. A dopo.-
E così dopo essere passata tra fasi e maree, riesco a imparare l'argomento. Il giorno dopo, alla ricreazione, vengo intercettata da Martina nel corridoio.
-Ehi.-
Mi dice.
Io, che all’inizio non mi ero nemmeno accorta della sua presenza, faccio un salto e mi giro di scatto.
-Oh, sei tu. Come stai?-
Butto lì, un po' in imbarazzo. È tanto che non parliamo. Anche quando vado da lei, siamo quasi sempre chiuse in un silenzio gelato.
-Tutto bene…Tu?-
-Bene.-
Finite queste due frasi, che sono come lo stampo per biscotti della base di una conversazione, restiamo in silenzio senza sapere cosa dire. Poi io riprendo la parola.
-Come mai mi cercavi?-
-Volevo solo dirti che…Te la stai cavando bene a latino. E che ho pensato tanto alla nostra ultima chiacchierata. Forse avevi ragione tu. Forse non ha senso voler essere qualcun’ altro. Io sono Martina Tarsi, tu sei Irene Dossi, e va bene così. Tu hai affrontato Stefano, e a me lui ha rubato l’astuccio e l'ha lanciato sopra l'armadio, ma forse è destino che le cose vadano in questo modo.-
-Cosa ha fatto quel deficiente? Martina, il discorso è molto bello, ma un conto è essere se stessi, un conto è stare sotto alle prepotenze di quella sottospecie di essere umano.-
Dico.
-È un soprannome che gli si addice!-
Risponde lei ridendo.
-Ma cosa dovrei fare? Io non riesco a essere diversa da così.-
-Ma sì, non è difficile! Se ci sono riuscita io! In ogni caso, ora andiamo a fare una chiacchierata con quel cretino.-
-D'accordo…-
Dice lei, poco convinta.
Ma io ormai non posso fermarmi. Non volevo più avere niente a che vedere con Stefano, però questo è davvero troppo. Forse ha di nuovo bisogno del trattamento di Irene…
Ci dirigiamo a grandi passi verso la 1B, e dentro troviamo solo Stefano e un altro paio di ragazzi appoggiati all'armadio. Sopra, si vede spuntare un angolo dell'astuccio lilla di Martina. Siccome siamo praticamente soli, decido di lasciar stare la delicatezza.
-Stefano!-
Urlo, entrando in classe.
Lui fa un salto, poi gira la testa di qua e di là per capire da dove è venuto il suono. Appena mi vede, vi lascio immaginare cosa mi dice.
-Ora tu ti arrampichi sul banco, e recuperi quel maledetto astuccio!-
-Fatti gli affari tuoi, cretina.-
-No! Oggi mi va di difendere qualcuno, ok? Fa come ti ho detto!-
-E sennò che fai? Chiami la Parici e ti metti a piangere? Mi hanno sospeso per colpa di quella maledetta scenata che hai fatto!-
-No, ti hanno sospeso per colpa tua!-
A quel punto, vedo il pugno di Stefano venire dritto verso di me. Non faccio in tempo ad abbassarmi per schivarlo, e mi centra in pieno, in un occhio, facendomi sbilanciare all'indietro, sbattendo contro il banco e, soprattutto, facendomi un male cane. Stefano alza di nuovo la mano per colpirmi un'altra volta, ma Martina, che fin ora era rimasta dietro di me, gli prende il braccio.
-Lasciami tu, stupida secchiona!-
-No!-
Dice lei, con una grinta mai vista prima.
-Che succede?-
Chiede a quel punto la prof. di scienze, entrando in classe.
Mi alzo, cercando di far finta di nulla. Mi accorgo che gli altri ragazzi che erano lì si sono dileguati. La Ressi ci guarda e ripete la domanda.
“Ma il livido si vede appena presa la botta o dopo?”
Mi chiedo io nel frattempo, cercando freneticamente la risposta che è la mia salvezza, perché se riesco a scamparla ora, potranno pure guardarmi male dopo, sull'auto, ma almeno non finirò in qualche stupido guaio per colpa di uno come Stefano.
-Nulla, prof., tutto apposto…-
Dice lui, impaurito come un coniglio.
La Ressi alza gli occhi al cielo. Non ha voglia, non ha assolutamente voglia di fare da giudice in questa litigata, qualunque essa sia.
-Corsi, vedi cosa vuoi fare, sei già stato sospeso! Sei a rischio bocciatura!-
Dice. E se ne va.
Evidentemente, il livido spunta più tardi. Non si è accorta di niente.
Vorrei urlare a Stefano che è un codardo, che dovrebbe solo vergognarsi, ma non lo faccio. Invece mi arrampico sul banco, faccio un salto, recupero l'astuccio di Martina, glielo do e esco dalla classe. Lei mi segue. Stefano, invece, resta a fissarci senza sapere bene cosa fare.
-Ahia! Fa male!-
-Tienicelo, se non vuoi che si veda la botta!-
Poco più tardi, io e Martina siamo nel bagno della scuola, alle prese con un pacchettino di ghiaccio blu sgocciolante che, messo sul mio occhio, dovrebbe evitare al livido di diventare “viola-fiore-di-lavanda" e farmi passare le ultime due ore senza domande scomode dei prof. e dei compagni.
-Grazie per avermi difesa.-
Mi dice lei.
-Figurati. Grazie a te per avermi prestato questo soccorso medico.-
Rispondo io ridendo, con mezza faccia congelata e coperta dal sacchetto, mentre goccioline d'acqua mi scivolano lungo la guancia come lacrime.
-Non abbiamo molto altro tempo prima che la prof. si insospettisca di questa doppia ”pausa pipì” dalla durata insolitamente lunga…-
-Giusto. Andiamo, ridiamo questo coso alla bidella e speriamo bene…-
Tolgo il ghiaccio dall'occhio e Martina mi guarda.
-Uhm, però non si vede così tanto, dai. È più che altro rosso, ma in caso tu dici “mi sono grattata come una forsennata".-
-Concordo.-
Dico io ridendo. Poi restituiamo il sacchetto alla bidella e rientriamo in classe.
-Cosa hai fatto all'occhio Dossi? È tutto rosso…-
Chiede la prof. di Lettere.
-Nulla, prof., una bolla di zanzara-
Rispondo io con noncuranza. La prof. se la beve e inizia a spiegare.
Per le altre due ore continuo a sperare che nessuno si accorga di nulla, poi al suono della campanella mi dirigo a passo svelto alla fermata, lasciando indietro Martina. Spero che capirà. Non ho proprio tempo per parlarle, il mio occhio ha una specie di countdown inserito, e tra poco il livido salterà di nuovo fuori come il tappo dello spumante. E mia madre vorrà spiegazioni. E se le racconto della storia della corsa ne vorrà molte altre. E se poi finissi in punizione? Come ci andrei a recuperare quel foglio con Ale? O peggio ancora se mia madre, presa da una botta di follia, si mettesse a indagare più a fondo e scoprisse la faccenda del nuoto libero? Lo stesso timore che mi aveva assalito all'inizio di tutta questa storia ritorna. Ma io non posso lasciarmi prendere. Devo andare a casa, subito. Devo concentrarmi. Devo usare il girl power…Ah no, come lo avevamo chiamato…Ah si, la mia voce. Devo usare la mia voce. Questa frase mi piace un sacco…Ciaoo! Ecco qui il nuovo capitolo, come sempre spero tanto vi piaccia!
Ci vediamo il prossimo sabato!😉
16_writer💙
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Girl swim power
General FictionL'acqua è un elemento fondamentale, che ci culla e ci protegge da miliardi di anni. Dentro l'acqua, tutto diventa surreale, rilassante, sognante. Lo sa bene Irene, quindicenne dal carattere forte, che nelle vasche del centro sportivo affoga nuotando...