Capitolo 15: Credi nel destino?

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Il giorno dopo, prima di andare da Martina, ricevo una telefonata di Ginevra, l'unica altra ragazza del nuoto libero.
-Ciao Ginevra!-
Dico. Ovviamente la chiamo per nome, perché i soprannomi li usiamo solo quando siamo insieme, prima delle gare, per scherzare o per dare un nome ai contatti della rubrica. Insomma, quasi mai.
-Ciao Ire! Come stai? Ci ha detto Alessia che ti sei fatta male...Stai meglio?-
-Si, ma non potrò venire per un altro paio di settimane e mezzo...-
-Anche a nuoto libero mi annoio senza di te...Sono tutti maschi...-
-Una bella sfilata!-
-Si, di scemi...Si danno i pugni sotto lo stomaco per vedere chi ha più addominali...Una volta sono venuti da me e mi hanno chiesto di fare da giudice...-
-Oddio...E tu che hai fatto?-
-Beh, gli ho detto di lasciarmi in pace. Ma loro insistevano e si stavano spingendo oltre e allora...Beh, gli ho dato un pugno ancora più sotto lo stomaco.-
-Ahahahaha! Hai fatto bene! Ma lo sai che fanno così...Sono solo ragazzi alla fine.-
-Si...Comunque spero che tornerai presto.-
-Anche io.-
-Ora devo andare.-
-Io pure, vado a mettermi il costume. Ciao!-
-Ciao!-
Attacco e mi sale una nostalgia assurda. Ma se mi preparo bene per questa verifica di latino, magari la prof. mi leverà l'aiuto di Martina e potrò tornare in piscina il martedì e nuotate senza che Francesco incomba su di me. Perché davvero, sta rendendo quel po' di nuoto che faccio stressante.
Quel pomeriggio, a casa di Martina, faccio davvero di tutto per concentrarmi e le faccio anche un milione di domande su ogni singola cosa che temo di non aver capito bene.
-Oggi è la fiera del perché?-
Mi chiede.
-Sì...Voglio essere sicura di sapere bene tutto. Manca solo una settimana alla verifica e spero che, se riuscirò a prendere un buon voto, magari potrò finalmente smettere di venire da te e...-
Mi blocco di colpo. Ho detto qualcosa che non dovevo. Martina, infatti, mi guarda leggermente offesa. Devo averla ferita, mettendo così le cose. In fondo, lei si è offerta per aiutarmi.
-Scusa...Non volevo dire questo...Solo...-
La mia voce si spegne. Non so bene cosa dire. Forse non c'è proprio niente da dire.
-No, ho capito che vuoi dire. Vuoi mettere qualsiasi impegno tu abbia con un noioso pomeriggio di latino con la secchiona della classe?-
-Ma tu non sei...-
-Oh, andiamo! Basta fare la finta tonta! So benissimo cosa pensi! Lo pensate tutti! E magari avete pure ragione. Ma io mi vado bene così, ok? E ora, se non ti dispiace, me ne vado un attimo di là. Poi riprendiamo. Non voglio scocciarti, ma sai, ti tocca!-
Martina se ne va in un'altra stanza.
Non l'avevo mai vista così arrabbiata, e mi sento in colpa. Devo aver toccato un tasto più dolente di quello che pensassi.
Durante l'ora successiva ripassiamo parecchio, e lei risponde a tutte le mie domande, ma non dice altro. Non è allegra come al solito, anzi è scontrosa. Non si era mai comportata in questo modo, eppure questo comportamento l'ho già visto. Ma dove?
Verso le cinque, come al solito, rimetto il libro nello zaino e vado alla porta.
-Ciao.-
Dico.
-E...Scusa ancora.-
Ma lei non risponde. Fa "ciao" con la mano e poi mi volta le spalle e chiude la porta.
Mentre scendo le scale verso il portone d'ingresso del palazzo realizzo due cose: una, che Martina non è Alessia, e che le scuse fatte in fretta a quanto pare non le piacciono; e due, la cosa peggiore, è che la persona che di solito si comporta in quel modo sono io. Mi stavo guardando allo specchio.
Arrivo a casa parecchio giù. Alessia se ne accorge e mi chiede cosa è successo.
-Beh, è successo che faccio schifo. Ma almeno ho imparato qualcosa in più sul latino. Quindi ora sono una schifosa conoscitrice di una stupida lingua morta che non mi servirà mai a niente.-
-Wow. Vabbè, non voglio indagare. Vado a farmi la cartella. A dopo.-
A cena mi sforzo di far finta che sia tutto ok, ma penso che trasparisca il mio pessimo umore, perché sento che mia madre mi fissa. Però non dice niente: sa che odio parlare del mio stato d'animo davanti ad altre persone, soprattutto se iniziano a farmi domande .
Per tutta la settimana tengo d'occhio Martina, ma lei evita il mio sguardo e non mi rivolge la parola. Alla fine, dopo un weekend passato a ripassare, arriva il fatidico giorno della verifica. Quando ho davanti il foglio pieno di domande, crocette e spazi vuoti, vorrei entrare in quella specie di dimensione parallela in cui vado durante le gare. Ma non ci riesco. Correre o nuotare non sono come studiare. Comunque ci provo lo stesso a concentrarmi, tanto che mi esce quasi il fumo dalle orecchie, solo che inizia a salirmi l'ansia per ogni singola risposta di cui non sono sicura. Faccio un paio di domande alla prof., ma lei dice che non può scrivercelo lei, il compito. Perciò non le chiedo più niente. Dopo un'ora che sembrano cinque e centomila controlli e correzioni, consegno.
Passano i giorni, in ansia, in attesa dei risultati. La caviglia guarisce quasi completamente. Infatti, contemporaneamente passa anche l'altra settimana e mezzo che dovevo aspettare per poter tornare a nuotare. Stefano sparisce dalla scuola per un paio di giorni. Non ho voluto avere più niente a che fare con tutto quel casino, perciò non mi sono informata, ma credo lo abbiano davvero sospeso. Non è che sia contenta per lui, non sono così sadica. Ma se lo merita
Il giorno fatidico in cui la prof. si ripresenta con le verifiche sotto braccio, è un giovedì.
"Domani posso tornare in vasca."
Penso.
"E se tutto va bene, anche martedì."
Inoltre, se prendo un buon voto, mia madre mi permetterà di andare da Alessandra. Non ho più accennato alla cosa: aspettavo questo momento. E Martina? Ancora non mi parla. Chissà quanto avrà preso.
-Dossi!-
La prof. mi chiama. Vado alla cattedra. Prendo il foglio. Lo apro. Sbircio sulla prima pagina e...
-Sei e mezzo???-
Urla Alessia in preda allo stupore. Io, invece, non sono nemmeno stupita. Sono rassegnata. Lo sono stata davanti al foglio, durante l'ora successiva, in macchina, mentre mia madre mi faceva la ramanzina e sottolineava che me lo scordavo di andare a trovare Alessandra se non miglioravo, e che mi mandava a nuoto domani solo per pietà e per non farmi perdere altre lezioni pagate.
-Almeno non è insufficiente...-
Alessia tenta di consolarmi, ma a che serve? A che sono serviti i pomeriggi di studio?-
-Ma stavi migliorando all'orale...Andavi da Martina...Ma...-
Poi esita. Credo che stia misurando le parole. Forse non vuole farmi arrabbiare ancora di più. Ma io non sono arrabbiata. E non c'è niente che possa scalfirmi più di così, quindi completo la frase per lei.
-Abbiamo litigato. E non so se ci andrò più. E non mi va di dirti perché abbiamo litigato.-
-No no.-
Dice lei come se fosse ovvio.
Mi chiudo in camera e piango con la faccia nel cuscino, con Alessia che ascolta perplessa dietro la porta, con la schifo di scuola che incombe su di me. La scena si ripropone. Sono passati due mesi. E a dispetto di ciò che sembrava, non è cambiato niente.
Alle cinque, quando ho pianto così tanto che non mi uscirebbe più un millilitro d'acqua, squilla il telefono. È Martina.
-Pronto?-
Dico con un mezzo singhiozzo. Al diavolo la dignità. Piangere è umano. Infantile, ma pur sempre umano.
-Piangi per un pessimo voto?-
Non l'ho mai sentita così acida. Beh, posso esserlo anche io. Anche se non dovrei. Perché ho torto. Ma ora non mi va di essere gentile.
-Cosa vuoi?-
-Sapere come è andata. Solo per regolarmi se la prof. vuole ancora che ti dia il mio aiuto.-
-E tu lo vuoi?-
-Non fare la scema Irene. Certo che lo voglio. È finito da un bel po' il tempo delle ripicche.-
Faccio un respiro profondo.
"Stai calma."
Mi impongo.
-Ho preso sei e mezzo.-
-Cosa?-
Le scappa. Non ripeto. Lo sa che io so che non è stato un problema di udito, ma di stupore.
-Come?! Abbiamo ripassato e all'orale andavi bene...-
-Ho scritto male le parole. All'orale non dovevo scrivere.-
-Ma allora chiedi un interrogazione orale!-
Martina si è ammorbidita. Forse le dispiace, o le dispiace di aver fallito come tutor. O entrambi, magari. Ma non so se accettare il consiglio.
-Posso farlo?-
Chiedo.
-Non lo so, ma puoi provare. Comunque in realtà volevo dirti un'altra cosa: se continueremo a vederci per studiare...Il giorno cambierà.-
Impiego qualche secondo a capire le sue parole. Se il giorno cambia, vuol dire che non è più il martedì. E se non lo è più, allora il martedì si libera. E se si libera allora...Allora...
-Sono libera di martedì?-
-Non è una cosa nata per farti un favore. Ma quello che fai sembra davvero importante. Non voglio sapere cos'è. Ma volevo dirti che potrai tornare a farlo.-
-Gr...-
Martina mi interrompe.
-Non dire grazie a me. Dillo al destino. Ciao Irene.-
Ora è tornata a essere dura. Ma non starà esagerando? Sono passate due settimane.
"Aspetta delle scuse, scema."
Mi dico poi. Ma io ora non riesco a dargliele.
-Ciao.-
Dico. Mi ero di nuovo persa nei miei pensieri. Lo faccio troppo spesso.

Ciao a tutti!!
Scusate se questo capitolo è più corto, ma nel prossimo succederanno cose diverse e volevo separalo.
Ci vediamo il prossimo sabato!😊
16_writer💙

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