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Il funerale si tenne il giorno dopo. Fu una cerimonia molto semplice ed intima perché Jein, per colpa del marito, aveva perso ogni diritto concesso ai nobile e, tra questi, vi era anche quello di poter fare dei funerali un evento pomposo ed esagerato a cui tutti potevano partecipare. Infatti tra i presenti c'erano solo i genitori di Jein, Jungkook con il piccolo YoungJin in braccio, Taehyung, gli altri due Consiglieri ed addirittura il Re. Ma non importava quanta gente ci fosse, chi amava davvero Jein era lì.
La bara era chiusa, proprio come successe tredici anni prima con il fratellino di Namjoon. Non si poteva rischiare il contagio e non si voleva neanche mostrare le manifestazioni della malattia che avevano deturpato la giovane pelle della ragazza.
La peste non era più un segreto per il popolo, il Re aveva fatto in modo che chiunque in quel Regno fosse informato ed era venuto fuori che la stessa epidemia fosse presente anche nei Regni vicini. Adesso arrivava la parte più difficile per lui: cercare di rassicurare il popolo per evitare che le persone venissero prese dal panico.
L'ultimo addio a Jein fu un momento difficile per la sua famiglia, nessuno avrebbe pensato che sarebbe stata lei la prima ad andarsene. Jungkook non aveva mai lasciato YoungJin, decidendo di tener fede alla promessa fatta alla sorella già dal primo istante. Anche il piccolo, come tutti gli adulti, stava piangendo tra le braccia dello zio. Forse quella disperazione, quella sofferenza, era così tanta da poter essere percepita anche dal bambino, nonostante fosse troppo piccolo per capire cosa fosse accaduto alla madre.
Jungkook stava cercando di cullarlo nella speranza di far cessare almeno il pianto del nipote, dato che era abbastanza sicuro che le proprie lacrime, invece, non avrebbero smesso di scendere così facilmente. Lo stringeva tra le braccia, gli accarezzava la testa, lo guardava e, più lo faceva, più ci vedeva Jein in quegli occhi innocenti, in quelle labbra sottili e in quelle guance paffute. Ci vedeva la sorella in quei tratti da bimbo e questo non gli fece desiderare altro se non poter proteggere YoungJin per sempre, vederlo crescere ed assomigliare sempre di più alla madre.
Per questo le parole che disse il Re, quando ormai il funerale era finito da un po', lo fecero infuriare.
-"Ho trovato una famiglia che ha acconsentito a prendersi cura di YoungJin. Sono dei contadini e vivono in uno dei pochi villaggi del Regno in cui ancora non è arrivata la peste."-
Jungkook non riuscì a credere alle parole di Yoongi. La famiglia di YoungJin erano loro e non c'era bisogno che fosse qualcun altro ad occuparsi di lui.
-"La sua famiglia siamo noi. Crescerò io mio nipote."- Disse infatti.
Tutti lo guardarono scioccati, tutti tranne Taehyung. Perché sembrava che ritenessero assurda la sua affermazione? Credevano forse che non ne fosse in grado?
-"Lo sai che non puoi, Jungkook."- Si intromise suo padre.
-"E perché no? Chi me lo impedisce?"- Replicò lui.
-"Il fatto che sei destinato alla sedia d'argento."- Gli rispose. –"YoungJin per colpa della azioni di suo padre ha perso il titolo di nobile, non può vivere a palazzo, non può usufruire dei benefici che ne derivano come i soldi, la possibilità di studiare. Insomma, tutto ciò che hai avuto tu lui non potrà averlo. Avrebbe dovuto lasciare il palazzo insieme a Jein ma le cose non sono andate come previsto quindi non abbiamo altre soluzioni. Qualcun altro si deve occupare di lui, qualcuno che non vive a palazzo, qualcuno che non è nobile."- Aggiunse.
Adesso era Jungkook ad essere quello sorpreso. Come poteva suo padre essere d'accordo a lasciare il suo stesso nipote, l'unico ricordo di sua figlia, in mano a degli sconosciuti? Come poteva accettare questo destino? Perché non cercava una soluzione che gli permettesse di tenere YoungJin invece?
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Silver Chair ~ [Taekook]
Fanfiction[COMPLETATA] Essere un nobile e il consigliere del Re è sempre stato semplice, soprattutto quando la sedia d'argento è tua per diritto di discendenza. A volte, però, la vita ha altri piani per noi e siamo costretti a rinunciare al futuro che pensav...