03 [01]

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«Credo che questo appartenga a te» disse Fury, appoggiando una custodia nera sul tavolo di vetro e spingendola verso di me.

Un'ondata di nostalgia mi assalì non appena la aprii.

Dentro questa, era riposta una faretra, riempita con frecce personalizzate, e un arco. Assieme vi erano un paio di lame gemelle, realizzate in vibranio, lo stesso materiale dello scudo di Capitan America.

Dalla custodia tirai fuori una della frecce che come gli altri oggetti lì dentro, era fatta su misura. Me la girai tra le mani, ammirando attentamente l'accuratezza e l'abilità con cui era stata realizzata.

«Dovremo ricominciare a produrle» disse Fury sorridendo: «Sono contento che tu sia tornata qui con noi, agente Romanoff.» Disse prima di voltarsi per andarsene.

Riportai l'attenzione sulle mie armi, scorrendo il dito sulla frase dorata incisa sul fondo della faretra;

Per: C. Romanoff,

Sei più forte di quanto pensi. Abbi fede in te stessa. Io lo farò sempre.

Da: C. Barton.

Sorrisi a quelle parole che da tempo erano impresse nella mia mente, e che mai mi era piaciuto associare alle armi.

Avevo il compito di riportare Clint qui, o almeno provarci... glielo dovevo.

«Che diavolo ci fai qui?» La voce familiare fendé il silenzio che si era creato come un coltello nel burro.

Non dovetti guardare per sapere chi ci fosse in piedi vicino alla porta.

Sospirai, voltandomi verso mia sorella. «Ascolta, so che sei arrabbiata-»

«Arrabbiata?» Mi interruppe subito dopo aver cominciato a parlare «Oh, no. Non sono arrabbiata, sono furiosa Cam. Non dovresti essere qui, non è affatto sicuro!»

«Non è sicuro da nessuna parte per me, Nat!» Le urlai addosso: «Mi hanno teso un'imboscata diciassette volte nelle sole ultime tre settimane. Ovunque vada, c'è qualcuno che cerca di darmi la caccia e queste persone non si fermeranno finché non mi avranno. Non serve a niente nascondersi.»

Nat scosse la testa incrociando le braccia al petto. «Non puoi restare qui».

«Beh non me ne andrò comunque» dissi rifiutandomi. «Sono passati cinque anni. Sono stufa di nascondermi.»

«Non capisci quanto sia pericoloso. Potresti farti del male.» Cercò di farmi ragionare.

«Anche tu potresti.» feci un respiro profondo per calmarmi prima di continuare, «Nat, Clint è là fuori da qualche parte. Ha bisogno del nostro aiuto. Non potrò mai riportarlo qui se sono sempre fuori a scappare o a nascondermi.»

«Clint vorrebbe che tu fossi al sicuro.» Si accigliò mentre parlava, la preoccupazione che trasmetteva nelle sue parole era evidente.

Scossi la testa, «Non vado da nessuna parte, Nat. È una mia decisione. Me ne prendo la piena responsabilità e sono pronta ad affrontare qualsiasi conseguenza. Non sono più una ragazzina, Nat. Riesco a cavarmela anche da sola.»

Un lento applauso rimbombò nella stanza «Bel discorso» commentò Stark, sarcastico. «Esuberante... Mi piace, Romanoff Junior.» disse, facendomi alzare gli occhi al cielo. «Ah e,» continuò, «avete visto Coulson?»

Scossi la testa incredula. Quell'uomo era sempre così fuoriluogo. Afferrai le mie cose, e mi diressi verso la porta. Stark aggrottò le sopracciglia guardandomi mentre me ne andavo. «Era un no?»

«Ehi, non abbiamo ancora finito qui.» cercò di fermarmi invano Nat. «Davvero? Io credo proprio di si» mormorai, ignorandoli entrambi e continuando per la mia strada.

Andai diritta verso la mia stanza, con la custodia in spalla. Una stanchezza improvvisa mi colpì in pieno, come un camion a tutta velocità, e solo allora mi ricordai che non dormivo bene da parecchi giorni.

L'ultima notte in cui ero riuscita a dormire per qualche ora, nonostante i terrori notturni, era la notte in cui ero stata bruscamente svegliata da Fury. Da allora non avevo chiuso occhio e il mio corpo rimaneva in piedi solamente grazie all'adrenalina, che stava evidentemente cominciando a svanire.

«Agente Romanoff?»

Non mi resi nemmeno conto che Steve era proprio di fronte a me finché non mi chiamò.

«Capitano» Dissi in saluto, «va bene solo Camille, in realtà. La gente si confonde molto facilmente quando ci sono due agenti Romanoff.»

«Oh,» disse spostando il peso del suo corpo da un piede all'altro, «Giusto, agente Camille.»

Non potei fare a meno di ridacchiare «Non intendevo dire quello, Capitano.»

Sembrò quasi nervoso, chiuse gli occhi, e un profondo sospiro lasciò il suo corpo, cercando di ritrovare un po' di compostezza. «Mi dispiace. Sarà la forza dell'abitudine.»

Vi fu una pausa, le sue labbra si contrassero mentre mi guardava, «Camille» si corresse.

Un silenzio imbarazzante cadde su entrambi, ma finalmente lo interruppe lui,

«Sembri stanca» disse.

Emise un altro sospiro, e non appena lo fece sembrò volesse fisicamente darsi un pugno in faccia. «Probabilmente non è la cosa migliore da dire a una ragazza, vero?».

«Tranquillo, è tutto ok.» Risi, sentendomi un po 'in colpa per essermi divertita nel vederlo agitato. «Però, hai ragione. È quello che succede quando non dormi affatto», mormorai, non intendendolo dire ad alta voce.

I suoi occhi si tinsero di preoccupazione, «Non hai dormito?» chiese alzando un sopracciglio incuriosito.

Sviai con un gesto della mano: «Niente di cui preoccuparsi» sorrisi.

«Beh, probabilmente dovrei lasciarti riposare, allora» disse.

Annuii, sollevata dal fatto che non avesse insistito, ma allo stesso tempo un po' delusa che la nostra conversazione stesse finendo così presto.

Mi voltai per entrare nella mia stanza, ma fui fermata di nuovo.

«Oh, e.. Camille?» Mi chiamò ancora Steve.

«Si?» dissi incontrando il suo sguardo con il mio.

«Non vedo l'ora di lavorare con te.» Disse mentre i suoi occhi mi fissavano con tale intensità da farmi battere il cuore.

«E io con te, Capitano» Risposi sfoggiando un sorriso.

«Riposa bene» sorrise Steve.

Sorrisi ancora, cercando di constringermi nella stanza per del meritato riposo.

«Ci vediamo in giro, Cap» lo salutai.

«Presto, spero» disse, a voce quasi troppo bassa perché io potessi sentire.

Vidi di sfuggita le sue labbra curvarsi in un sorriso non appena prima che chiusi la porta.

La conversazione con Steve mi lasciò una sensazione di calore nel petto che non riuscivo quasi a sopportare.

Cercai di scrollarmi quel sentore di dosso, e dopo essermi tolta i vestiti e messa una tuta, mi coricai a letto. Una volta che la mia testa entrò a contatto con il cuscino, il calore rimasto dalla conversazione con il Capitano scomparve improvvisamente, e i miei ricordi presero lentamente il sopravvento.

Artemide : il settimo Avenger; Steve Rogers [1]  TRADUZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora