04 [04]

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NATASHA

"Cosa stai facendo?" Chiesi entrando nella Med Bay per vedere Cam in piedi, fare le valigie. "Sono stufa di questo posto, Nat." Si lamentò "È troppo chiedere di riposare un attimo nella mia stanza?" 

"I medici devono eseguire i loro test." Provai a farla ragionare. "Sì, beh. È esattamente quello che non voglio." Borbottò e capii il motivo della sua risposta. Dai segni degli aghi sul braccio e dai tagli che le ricoprivano la pelle, era chiaro che aveva già fatto parecchi test. Le parole non potevano descrivere quanto fossi sollevata dal fatto che eravamo riusciti a tirarla fuori da quel buco infernale. 

Avevamo realizzato l'impossibile, dicevano. Ebbene, l'avevamo fatto. Era sopravvissuta così a lungo, non è così? Era scossa, si poteva dire. Anche se stava facendo del suo meglio per fare la parte della coraggiosa. Ma era quello che Cam faceva sempre quando le cose andavamo male, si rialzava e continuava. Non seppi mai come faceva, ma si riprendeva da qualsiasi cosa. 

Così le lasciai fare quello che voleva, confidando che conoscesse i suoi limiti. Mi sedetti sul bordo del suo letto sospirando. "Devo andare." disse "Scomparire per un po'" I miei occhi scattarono per guardarla immediatamente. "Cosa? No, assolutamente no. Non te ne vai." Sospirai, passandomi una mano tra i capelli, "Non ti ho tenuto lontano dal radar della Stanza Rossa solo per farti rischiare la vita scappando da un'altra organizzazione." dissi "È troppo pericoloso. Semmai, quello che hai appena passato avrebbe dovuto insegnartelo". 

"Un piccolo incidente non mi spaventerà, Nat."  rispose "Piccolo? Non c'era niente di 'piccolo'. Ti hanno fatto male!" Urlai frustrata. "Ed è quello che succede nella vita. Ci facciamo male, e allora?" ribattè lei "Mi hai insegnato ad abbracciare il dolore, a crescere da esso. Quindi, è quello che sto facendo" Lasciai uscire un grugnito irritato, maledicendomi mentalmente per averglielo detto. "Non è sicuro per te là fuori. Per favore, Cam." La supplicai, sperando di riuscire a fermarla.

"Non lo è mai stato. Non lo sarà mai, per nessuno di noi." Alzò le spalle "L'Hydra era disposta a infiltrarsi qui per raggiungermi, due volte in trentadue ore. Non si fermeranno" Si sedette accanto a me, prendendo la mia mano nella sua. "Non posso rischiare che le persone si facciano male perché hanno cercato di proteggermi" Disse "La maggior parte degli agenti qui pensa già che la mia estrazione sia stata un errore. Non voglio che abbiano ragione".

"Come?" Chiesi. "Ho parlato con Phil. Abbiamo un piano." Disse, allungando una mano nella borsa per estrarre una cartella e un telefono con masterizzatore per poi passarmeli. Li presi per esaminarli, prima di guardarla di nuovo. "Se te ne vai, io vengo con te." Scosse la testa, guardandomi con un sorriso, "Tu appartieni a questo posto. Avrai Clint." 

"No, non è così" Risposi "Non sono mai appartenuta qui". 

"È una bugia e tu lo sai, Nat." Disse, lanciandomi uno sguardo d'intesa. "Ti piace qui." 

"Il motivo per cui sono qui è perché ho il bollino rosso nel libro mastro-" venni interrotta prima di avere la possibilità di finire. "E tu vuoi cancellarlo, lo so." Mi guardò "Gli errori non ci definiscono, Nat. Sicuramente non ti definiscono". 

"Sì, lo fanno" Risposi "Non sono fatta per roba da 'salvare il mondo' di cui si occupa lo S.H.I.E.L.D. Non sono un eroe." Mormorai pensierosa. "Eppure, mi hai salvato la vita ancora e ancora".  "Sei mia sorella, Cam. È mio dovere." le dissi. "No non lo è." Continuò "È una scelta che hai fatto per tenermi al sicuro, e sono queste scelte che continuerai a fare che ti definiscono". Mi appoggiò una mano sul ginocchio.

"Rimani, starò bene. È solo temporaneo. Tornerò prima che te ne accorga" mi rassicurò, mettendosi la borsa in spalla quando si alzò in piedi. "Oh, quasi dimenticavo." Si fermò sulla porta: "Fury ha questa cosa; un'iniziativa per la quale sta reclutando delle persone. Fammi un favore e accetta il lavoro, ok?" Mi sorrise. "Ti voglio bene, Nat. Non preoccuparti, questa non è la fine. Ci rivedremo" Detto questo, si girò per andarsene. Aprii di nuovo la cartella, fissando le parole che mi fecero male al cuore anche se sapevo non erano vere;

Agente Camille Romanoff: deceduto.

...

"Sai, mi offrirei di cucinarti la cena ma sembri già piuttosto infelice." La voce di Steve mi riportò alla realtà. Mi asciugai velocemente le lacrime che mi erano sgorgate dagli occhi, "Qui per fare il bucato?" Chiesi "E vedere un'amica." disse. Mi schiarii la gola. "Chiaramente, la tua amica sta bene" Steve sospirò, avanzando nella stanza. 

"Sai che ho visto un branco di balene salendo sul ponte." 

"Nell'Hudson?" chiesi. "Ci sono meno navi, acqua più pulita." affermò "Sai, se stai per dirmi di guardare il lato positivo, sto per colpirti in testa con un panino al burro di arachidi." Scherzai, guadagnandomi un sorriso da Steve. Gettò la giacca su una sedia, prima di sedersi di fronte a me. Gli avvicinai il mio piatto, offrendogli una fetta del mio panino. "Scusa, la forza dell'abitudine." Disse con un sospiro "Sai, continuo a dire a tutti che dovrebbero andare avanti e crescere. Alcuni lo fanno... Ma non noi." 

"Se decido di andare avanti, chi farà questo?" Chiesi, indicando le scartoffie disordinate sulla mia scrivania. "Forse non è necessario farlo." Steve rispose. Aggrottai le sopracciglia, i miei pensieri tornarono al giorno che aveva cambiato la mia vita, il giorno in cui mi ero unita agli Avengers. 

"Una volta eravamo solo io e Cam. Il mio unico scopo nella vita era prendermi cura della mia sorellina." dissi "E poi ha dovuto nascondersi e io sono diventata niente. Poi ho ottenuto questo. Questo lavoro, questa famiglia. E io ero... stavo meglio per questo." Sentii l'improvvisa voglia di scoppiare in lacrime, ma la respinsi. 

"E anche se non ci sono più... Sto ancora cercando di essere migliore." Continuai, "Cam una volta mi ha detto, 'sono le scelte che fai che ti definiscono', e quindi sto scegliendo di essere migliore. Questo è quello che Cam vorrebbe che facessi". 

"Beh, non posso negare delle parole così sagge." Disse, un sorriso affettuoso si diffuse sul suo viso, eppure i suoi occhi erano pieni di dolore. 

"A volte non posso fare a meno di pensare che dovrebbe essere lei la sorella maggiore" Sorrise, scuotendo la testa. "Abbiamo entrambi bisogno di rifarci una vita" disse lui "Prima tu." Gli risposi sorridendogli "O sei ancora troppo preso da mia sorella?" lo presi in giro. "Beh, è ​​difficile quando niente è mai paragonabile a tua sorella." Il suo sorriso si allargò, ma vidi il dolore diffondersi nei suoi occhi.

"Cam ti ha mai detto com'è nato il nome Artemide?" Chiesi, un altro ricordo mi balzò improvvisamente in mente. Scosse la testa, "È incredibile quanto lei odi quel nome." Steve rise "Ogni volta che glielo chiedevo, mi guardava di traverso" Non potei fare a meno di ridere anch'io, "Proprio da Cam" Mi sporsi in avanti preparandomi per raccontargli la storia.

"Beh, era la sua prima missione ufficiale come agente. Clint era il suo ufficiale di supervisione. Continuava a ricordarle di portare una faretra in più e lei era così emozionata che se ne dimenticò." Risi portando alla luce quei bei ricordi. "Avanti veloce fino a metà del combattimento, è rimasta intrappolata lì con dodici uomini e ha dovuto combattere per uscire con una sola freccia e un coltello da caccia, che era riuscita a trovare, e indovina quale Dea usa le stesse armi?" Chiesi per un effetto più drammatico. "Artemide"  Steve borbottò con un sorriso.

"Esatto. E in qualche modo uscì da lì con nient'altro che un paio di piccoli tagli e qualche livido. Per i due mesi successivi, fu come una celebrità. Tutti gli agenti la ammiravano e lei odiava ogni secondo di quell'adulazione. Ora, porta le sue lame gemelle nel caso finisse le frecce. Lezione imparata, immagino." ridacchiai. 

"Non so come fa. Cam riesce sempre a vedere le cose da prospettive diverse. Osserva cose che nessuno osserverebbe mai. Usa sempre il cuore. Siamo addestrati a non farlo, ma lei lo fa e funziona." Dissi, le lacrime che minacciavano di ricadere, "È la persona più gentile, intelligente e dura che abbia mai incontrato". 

"Lo è." Steve annuì, anche i suoi occhi lucidi. Ingoiai il nodo formatomisi in gola, "Non meritava di andarsene". Proprio mentre le parole uscirono dalla mia bocca, comparve un filmato del cancello principale. 

"Ciao! C'è qualcuno in casa?" disse una voce familiare "Sono Scott Lang. Ci siamo incontrati qualche anno fa all'aeroporto? In Germania? Sono diventato davvero enorme e avevo una maschera. Non mi riconoscereste". 

"È un vecchio messaggio?" Chiese Steve, alzandosi per dare un'occhiata più da vicino al filmato. Mi unii a lui, scambiando uno sguardo confuso: "È il cancello principale."

Artemide : il settimo Avenger; Steve Rogers [1]  TRADUZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora