Capitolo 12 - II Parte

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AVVISO: Volevo dirvi che in questo capitolo ci sono delle scene un po' cruenti.

***

 
Steve non riuscì a riprendersi così rapidamente, anche se il bisogno di un soldato di trovare il sonno dove poteva era troppo radicato per permettergli di stare in piedi a lungo, non importava la sua agitazione interiore. Quando si svegliò al mattino, Bruce dormiva accanto a lui, una brezza che gli arricciava leggermente i capelli. Steve alzò lo sguardo e vide il piede di Tony che pendeva da una roccia sopra di loro. Sbatté le palpebre svegliandosi velocemente, sedendosi e lasciando che i suoi occhi si adattassero alla luce. La sua spada e lo scudo erano come li aveva lasciati la notte prima, la spada vicino alla sua gamba destra, lo scudo appoggiato alla parete di roccia alla sua sinistra. Si passò una mano sul viso e diede una gomitata alla spalla di Bruce per svegliarlo.
 
Afferrò il suo zaino nel punto in cui Tony lo aveva lasciato la sera prima e cercò all’interno fino a che la sua mano si chiuse sul sacchetto di biscotti sempre più piccolo e di carne essiccata. Avevano bisogno di uscire dal Pass in quel giorno, se non altro perché il loro cibo stava diventando sempre più scarso. Un momento dopo, alzò gli occhi e vide una testa arruffata e degli occhi scuri che lo scrutavano, quasi curiosamente. Sollevò la borsa verso Tony, che si voltò e scese lungo i grandi massi con attenzione, atterrando con un leggero tonfo sul terreno accanto a Steve mentre saltava gli ultimi pochi metri dell'ultimo.
 
"Dormito bene, Capitano?" Chiese Tony, che doveva sembrare perfettamente innocente, ma non si avvicinò nemmeno, con grande dispiacere di Steve. Poteva sentirsi arrossire, odiava la sua pelle chiara che non dava protezione ai suoi pensieri. La sera prima sembrava irreale, e quando inizialmente si era svegliato, un sogno sembrava una spiegazione molto più probabile di qualsiasi altra cosa. Eppure, Tony era qui, in piedi di fronte a lui nella luce del mattino, un po' troppo vicino, anche se non abbastanza da sembrare fuori posto, notò Steve, questo bastò a distrarlo. "Bei sogni?" Chiese Tony maliziosamente, come se stesse leggendo la mente di Steve, un'abilità che una volta Tony aveva accusato lui di possedere, sebbene Steve pensasse che la carica fosse più adatta a lui.
 
"Bene," rispose Steve, dando a Tony quello che sperava fosse passato per uno sguardo di pazienza, sebbene lo sguardo divertito dell'uomo sembrava del tutto imperturbabile. Semmai, il sorriso di Tony si allargò. Raccolse la sua spada e la cintura, allacciando quest'ultima intorno alla vita, anche se teneva la spada a portata di mano. Bruce si alzò e si mosse, capovolgendo la sacca d'acqua sulla bocca per afferrare le ultime poche gocce. Steve gli offrì la sua, ma Bruce scosse la testa. Desiderava delle foglie di menta o rosmarino da masticare per pulirsi la bocca, ma si accontentò di farlo con un po’ dell’acqua rimanente, solo perché sapeva che oggi sarebbero usciti dal Pass e avrebbero potuto riempire le loro sacche d’acqua.
 
Si voltò di nuovo verso Tony, offrendogli la sacca d'acqua, solo per trovare l'altro uomo che allungava le braccia in alto sopra la sua testa, che fece alzare abbastanza la sua maglietta da rivelare lo stomaco duro con i peli scuri, che scendevano e scomparivano nella parte superiore dei suoi pantaloni. Steve sentì la sua mano flettersi al ricordo di aver tracciato lo stesso percorso la sera prima, la pelle calda e dura che tremava sotto il suo tocco. Quando Steve riuscì a riportare gli occhi su quelli di Tony, trovò l'altro che lo guardava consapevolmente, con quello che poteva essere descritto solo come uno sguardo compiaciuto. Steve almeno sapeva quando veniva sconfitto, spinse la sacca d'acqua nella mano di Tony e si voltò per camminare avanti lungo il percorso, dandosi un po' di tempo e spazio per calmare il suo battito cardiaco, che sembrava sempre raggiungere il picco quando aveva a che fare con Tony. Bruce e Tony lo seguirono un attimo dopo, la prima luce del giorno che si infrangeva appena sulle montagne bianche.
 
Arrivarono alla fine del Pass senza incidenti poco prima di mezzogiorno. Steve poteva vedere il sollievo evidente sia da Bruce che da Tony, si scambiarono rapidamente occhiate e gratitudine, anche dei sorrisi in qualche modo. Il Pass finiva in una fitta foresta che circondava le montagne, attraversata solo dal fiume da quel lato. Steve non aveva idea di cosa si trovasse dall'altra parte delle cime che torreggiavano dietro di loro e non aveva nessun desiderio di scoprirlo. La sua mappa segnava semplicemente un mostro dalle molte teste, che si avvolgeva intorno alle montagne, e suppose che fosse tutto ciò che contava.
 
"Qui è dove ci separiamo", disse poche ore dopo mentre sedevano all'ombra di alberi ad alto fusto, ancora chiazzati di foglie, che iniziavano a rinunciare al loro colore. Era quasi strano sentire i suoni della vita che si muovevano intorno a loro, insetti e uccelli che erano largamente assenti nel Pass e i cui richiami passavano in gran parte inosservati finché non si notavano per la loro assenza. “C'è una strada stretta a circa una lega di distanza. Stanne fuori, ma puoi usarla per guidarti. Ci sarà un piccolo mulino su una derivazione del Fiume con un campo al di là di esso. Attraversalo e prosegui verso est. L'accampamento di Fury sarà dall'altra parte della foresta, ma avrà pattuglie che arrivano fino a Sud. Trovane uno e digli chi sei. Ti porteranno da Fury o da Hill. Vorranno un rapporto, quindi pensa a cosa hai intenzione di dire prima di farlo. Noi ci terremmo a distanza e prenderemo la foresta per raggiungere la terra di Lord Ellis. Bruce... stai attento", disse Steve. "Voglio credere che Fury non sia coinvolto, ma... non è che qualcuno di noi sia così vicino a lui."
 
“Nessuno è così vicino a lui. E ricorda, Fury ha gestito le operazioni di intelligence per la Corona per anni. Non è solo una spia, è la spia. I segreti di Fury hanno segreti", intervenne Tony. "Fondamentalmente, non credere a una parola che dice. Guarda cosa fa."
 
Bruce annuì e batté le mani insieme. “Non dirò niente a nessuno, non ti preoccupare. Ci vediamo al santuario. Cercate di non impiegare troppo tempo. Strange e Clint sotto lo stesso tetto? Sai che non finirà bene”, disse Bruce mentre si alzava e spazzava via l'erba e la terra dai pantaloni. "In bocca al lupo." Anche Tony si alzò in piedi e i due uomini si strinsero la mano, finché Bruce non afferrò Tony per la spalla e lo attirò abbastanza vicino da avvolgere le braccia attorno all'altro uomo. "Sii prudente, Tony", disse Bruce, stringendo Tony su entrambe le spalle. "Cerca di comportarti bene, se è possibile."
 
“Anche tu, Sig Dottore, anche se mi piacerebbe vederti perdere il controllo solo una volta. È difficile immaginarlo”, rispose Tony, guadagnandosi un sorriso da Bruce. “Seriamente, Bruce, non sarei arrivato così lontano senza il tuo aiuto. Non lo dimenticherò." Anche Steve si alzò in piedi, battendo le mani sulla schiena di Bruce e dandogli le bacche, le foglie commestibili e le noci che era riuscito a raccogliere durante la loro passeggiata attraverso la foresta, avvolte in un pezzo di coperta strappata.
 
"Abbi cura di te, Bruce", gli disse Steve, sentendo la perdita dell'ultimo della sua squadra quando infine arrivò il momento. "Non dimenticare di parlare con Sam."
 
"Non lo farò", promise Bruce.
 
"Ricorda di dire che sei un Avenger, se incontri qualche uomo di Stark", ricordò Tony a Bruce, fissandolo acutamente mentre Bruce aggiustava il suo zaino pronto a partire.
 
“Sì, non sono sicuro che inizierò con quello, Tony, ma lo terrò a mente per un momento dopo essermi abbassato, corso via e essermi nascosto”, replicò Bruce con ironia. Bruce annuì ad entrambi e si voltò per andare. Tony si mosse per stare accanto a Steve e, con un tacito accordo, guardarono la partenza di Bruce fino a quando non fu fuori dalla vista.
 
"Dovremmo andare", disse Steve una volta che la forma di Bruce fu scomparsa tra gli alberi e le ombre. Cercò le poche bacche e noci rimaste in tasca e afferrò la mano di Tony, rigirandola e lasciandole cadere dentro. "Mangia. La strada è lunga, e non voglio un incendio qui fuori, quindi niente fuoco per un po’."
 
"Anche tu dovresti mangiare," disse Tony, cercando di restituirgli le noci e la frutta.
 
"Non ho fame", disse Steve, piegandosi per afferrare la spada e lo scudo, consegnando il suo zaino a Tony. All'improvviso si sentì a disagio in presenza di Tony, incerto se chiedere di ciò… che era successo... la scorsa notte o ignorarlo, come sembrava fare Tony. Avvolse il braccio attraverso le cinghie dello scudo e rigirò la spada nella mano, fissando il suo riflesso distorto nella lama e cercando di decidere cosa dire.
 
"Metterò un banchetto davanti a te ogni giorno, e ti guarderò mentre mangi", disse Tony, fissando senza vederlo davvero, prima di riprendersi, come sorpreso dalle sue stesse parole. "Voglio dire, dovresti mangiare di più. Scommetto che hai molto appetito quando hai abbastanza cibo."
 
Steve si strinse nelle spalle. "Impari a mangiare quando puoi e non ti lamenti di ciò che hai", Steve osservò. “Immagino sia solo una parte dell'essere un soldato. Ci sono abituato. Tu non lo sei. Va bene, Tony. Veramente. Parlando di banchetti, dovresti sentire Thor parlare del cibo di Asgard", disse Steve, scuotendo la testa e sorridendo al ricordo. “Mi fa venir voglia di credere che esista davvero, anche solo per scoprire che sapore ha il pentapalmo arrosto. L'unico cibo che trova degno qui sono dei dolci piatti che riesce a mangiare a dozzine. Non ho mai visto niente del genere."
 
"Lo terrò a mente," rispose Tony, mettendosi in bocca alcune bacche, il succo gli macchiò le labbra, e Steve sicuramente non avrebbe più pensato a che sapore avevano davvero, qualsiasi cosa avesse a che fare con Tony sembrava che fosse vietato.
 
Camminarono fianco a fianco in silenzio per qualche ora, tutte le terminazioni nervose di Steve sembravano formicolare in anticipazione di una conversazione che apparentemente non avveniva. Nella sua testa, iniziava e finiva numerose conversazioni, non riuscendo mai a trasformare la miriade di domande in parole reali.
 
“Quando ero un ragazzo, lasciavo la città senza esser visto quando potevo svignarmela, succedeva spesso, visto che ero più intelligente di quelli che cercavano di fermarmi", disse Tony improvvisamente mentre camminavano, interrompendo la lotta interna di Steve. “C'era una foresta nelle vicinanze, giusto lungo il Fiume in un certo senso. Un po' diversa da questa. Molto più facile da percorrere, tanto per cominciare, poiché una strada del Re l’attraversa. Era terra Stark, e la maggior parte era riservata alla caccia per il Re, i suoi Lords e vassalli, che negli anni successivi al Re Howard non venne usata più per quello. Comunque, c'era un lago lì, beh, uno stagno, davvero, probabilmente sarebbe minuscolo se lo vedessi ora. Ero solito guardare gli altri bambini nuotarci dentro, sguazzare e giocare, saltare dalle rocce, quel genere di cose."
 
"Suona familiare", rispose Steve ironicamente. “Ricordo di aver visto Bucky e gli altri ragazzi che giocavano nei fiumi e i ruscelli o giù sulla riva, inseguendo le onde mentre la marea arrivava. Non potevo fare molto più che guardare però, non se avessi voluto continuare a respirare. Come mai non lo facevi anche tu? Hanno costruito un ponte, oppure una diga, o una di quelle gru come dice Bruce che usano al porto in città per scaricare le merci? Mi sarebbe piaciuto avere qualcosa del genere per scaricare il pesce. Abbiamo fatto tutto a mano e con le reti."
 
“Mi sono detto che non volevo, ma suppongo che la verità fosse che non vedevo come avrei potuto adattarmi con loro. Pensavo che se... beh, non mi avessero voluto, tuttavia lo avrebbero fatto. Sarebbe stato forzato, però, e sarebbe stato anche peggio”, Tony finì, guardandosi intorno mentre camminavano, ovunque tranne che Steve.
 
"È tuo padre a parlare," scattò Steve, incapace di tenere fuori la frustrazione dalla sua voce. Si fermò di colpo e afferrò Tony per una spalla, voltando l'uomo più piccolo per affrontarlo. “Vuoi andare dal Capitano Rhodes? Non devi. Possiamo trovare altri modi per avvisarlo di Stane e Pierce, se si tratta di questo. Non pensavo... Non l’ho detto, immaginavo... ma, sai che potresti restare. Con la squadra. Voglio dire, se lo volessi. Tu... saresti il benvenuto. Sei una risorsa. Per la squadra. Per... io... vorrei... Tony, non c'è nessuno che preferirei avere accanto a me. So di parlare per il resto della squadra in questo caso. Penso... insieme... beh. Insieme non c'è molto che non possiamo fare” dichiarò Steve, il pensiero gli uscì velocemente, anche se scoprì che fosse assolutamente vero.
 
Steve raramente si era permesso di pensare a scenari per il dopoguerra, e anche allora, solo con parsimonia, quando la tentazione era troppo grande, vaghe idee che non potevano essere. C’erano troppi ostacoli in quella vita, lo sapeva. Ma all'idea che Tony si unisse a loro, che diventasse un Avenger, che lavorasse con la squadra per fermare qualunque cosa stesse succedendo... sentì qualcosa di caldo inondargli il petto, riconoscendola come speranza. Niente era mai stato così giusto, come quell’idea crescente nella sua mente.
 
L'espressione di Tony sembrava colpita, contorta da un profondo dolore che Steve non riusciva a collocare. "Non so se dovrei amare o odiare quando fai così”, osservò Tony.
 
Aveva detto qualcosa di sbagliato? Aveva pensato... beh, gli era balzato il pensiero che Tony stesse suggerendo di unirsi a loro, ma era molto più probabile che fossero i desideri di Steve più che quelli di Tony. Ovviamente, Tony aveva molte cose che lo aspettavano in città, le sua vita, di cui Steve in realtà sapeva ben poco. E cosa avrebbe mai potuto offrire questa vita a un uomo come Tony? Cibo terribile, vita dura e morte prematura, la mente di Steve ripeteva il famigerato mantra di Phillips. Era una parte integrante dell’essere un soldato, ma Tony poteva essere molto di più. Era l’apice dell'egoismo chiedergli di rinunciare a tutto ciò, certo che lo era.
 
"Io… io non intendevo insinuare... ovviamente, tu non vuoi, è solo... beh, noi lo vorremmo, la squadra lo vorrebbe, voglio dire... sarebbe meglio averti, tutto qui," balbettò Steve.
 
"Steve," disse Tony piano, gli occhi scuri liquidi e quasi dorati nella luce che filtrava attraverso gli alberi. “Non hai idea di quanto mi piacerebbe accettare quello che mi offri. O cosa significa il fatto che tu me lo abbia perfino chiesto. Tu... sarebbe così facile. Così, tanto, tanto facile" continuò, scuotendo la testa e battendo le palpebre rapidamente mentre alzava lo sguardo per guardare il sole. “Ma non posso. Io… c'è così tanto che devo fare. Non posso correre il rischio... solo perché... dannazione, c'è così tanto in gioco”, continuò Tony. “Non posso proprio. Solo... per favore, non dimenticare quello che hai offerto, non importa cosa succeda, non dimenticare che ad un certo punto volevi questo." Era la risposta che Steve si aspettava, si era preparato a riceverla, ma il rifiuto lo aveva squarciato comunque.
 
"Onestamente non so cosa voglio da te, Tony," mormorò Steve, abbassando lo sguardo ai suoi piedi, certo di aver superato di gran lunga le intenzioni di Tony.
 
"Allora lascia che ti dia tutto", rispose Tony, riportando lo sguardo di Steve di nuovo sul suo. Si chiedeva cosa vedeva Tony, quando lo guardava in quel modo. Vide Steve ricambiare con altrettanto bisogno, con la stessa bramosa disperazione? Steve stava solo vedendo i suoi pensieri riflessi su Tony? Era così difficile esserne sicuri. Si sarebbe battuto fino alla morte ogni giorno solo per capire cosa Tony provava per lui da un momento all'altro.
 
"Non devi..." fu tutto ciò che Steve riuscì a dire prima che la bocca di Tony fosse sulla sua, calda, e bagnata, e spingeva insistentemente contro la sua, esigente. La bocca di Steve si aprì volentieri, lasciando entrare la lingua di Tony, e ebbe il tempo di pensare alle bacche rosse mature, prima che si dimenticasse del tutto di pensare. Fu Tony che alla fine si staccò, ansimando, gli occhi spalancati e scuri e fissi sulla bocca di Steve come un faro.
 
“Continuo a ripetermi che non lo farò. Che aspetterò. Tutti i motivi per cui questa è un’idea terribile, e poi dici queste cose e mi guardi come... non ne hai idea, vero? Come mi guardi. Nessuno... nessuno mi vede come fai tu, e voglio solo... voglio... Dei", Tony sbottò, facendo un passo indietro e passandosi una mano tra i capelli, lasciandoli in un disordine selvaggio.
 
“Noi... noi, uh... non dobbiamo aspettare. Voglio dire, io non... non sono... Io... lo vorrei. Dannazione. Non sto andando bene, vero?” Chiese Steve sospirando frustrato e scrollando le spalle impotente.
 
Tony emise una risata bassa e fragile. "Tu? Stai andando benissimo. Sono io che... cazzo. Senti, dobbiamo aspettare, perché voglio più di questo. E se lo facessimo ora, mi odieresti poi per questo. No, fidati di me, lo farai” continuò Tony, alzando la mano e parlando prima che Steve obiettasse.
 
“Non ti odierò, Tony. Questo non è possibile”, replicò Steve, esasperato e con confuso desiderio ogni volta che guardava Tony. “Cos’è che non mi stai dicendo? So che c'è qualcosa. Non c'è niente che tu possa dire che…”
 
“Solo... non possiamo, tutto qui. Non possiamo. Non... adesso. Per favore. Per favore, fidati di me," lo interruppe Tony.
 
“Dici ‘non ora’ come se ci potesse essere un'altra volta, ma non lo sai, Tony. C'è così tanto che può succedere. Certo, voglio... voglio dire, dopo che tutto sarà finito, potremmo... Bucky vuole trovare un posto. Vicino al mare. Potremmo andare con lui. Potrei lavorare un appezzamento di terra, o pescare, o non so... potremmo rimanere in città, se lo desideri. Potrei trovare qualcosa da fare, ne sono sicuro. Non penso che mi permetteranno di unirmi, anche se è quello che volevo, ma forse potrei aiutare con la ricostruzione”, offrì Steve, sentendosi completamente ridicolo, con lo stomaco che cadeva ad ogni sillaba, ma non riuscì ad impedire che le parole gli scivolassero dalle labbra. Una volta dette effettivamente, però, si rese conto della verità di ciò che significavano. Voleva questo, voleva Tony, voleva qualcosa di più, qualunque cosa fosse. “So di non... voglio dire, non posso offrire molto. Ma, penso che potremmo... potremmo essere felici.”
 
Tony indietreggiò da lui così rapidamente, come se le parole di Steve lo bruciassero. Tony si girò e si allontanò di alcuni passi prima di fermarsi, ondeggiando sul posto, gli occhi chiusi e il palmo della mano premuto sulla bocca. “Tony?” Steve lo chiamò. “Mi dispiace… io... io non avrei dovuto dir…”
 
"Andiamo da Rhodes," borbottò Tony. “Dobbiamo solo... dobbiamo arrivare da Rhodes. Poi... poi noi... le cose saranno diverse”. Steve sentì tutto il suo corpo cedere per la delusione e la mortificazione. Improvvisamente la sua spada e lo scudo sembravano pesanti, e lui si sentì trascinare a terra. “Ma la mia risposta sarebbe sì. Se un giorno volessi chiederlo di nuovo,” continuò Tony senza guardarlo, iniziando a camminare in avanti, lasciando Steve lì, completamente confuso, ma con uno sbocciante sollievo mescolato alla felicità che si insinuava nel suo stomaco.
 
Forse doveva quasi perdere Tony o trovarsi di fronte alla prospettiva che se ne andasse, forse di non vederlo mai più, per rendere Steve improvvisamente così avventato. Qualunque fosse il motivo, ora che l'idea aveva preso forma, ora che c'era una qualche possibilità, di un dopo, di una vita oltre la guerra, una così vicina, che poteva quasi toccarla, si rese conto di volerla più di ogni altra cosa, e improvvisamente non riusciva a fermare l'enorme sorriso che si diffondeva sul suo viso, non importava se Tony lo vedesse o no, anche se sospettava che lo avesse fatto perché abbassò il mento sul petto e scuoteva la testa ogni volta che guardava indietro Steve che lo seguiva.
 
Camminarono per il resto della giornata, senza dire molto, entrambi persi nei propri pensieri, sebbene Steve non riuscisse a capire cosa occupava la mente di Tony per tutto il tempo. Continuava a guardare l'altro uomo, e aveva la sensazione che se si fosse voltato a guardarlo un attimo prima, avrebbe colto Tony che sorrideva, il fantasma di quel sorriso indugiava ancora sul suo viso, ammorbidendogli i tratti e illuminandogli gli occhi.
 
I suoi passi sembravano più leggeri in qualche modo, qualunque peso avesse portato per così tanto tempo, sembrava fosse diminuito una volta riconosciuto che provava qualcosa al di là del semplice affetto o attrazione per Tony. Cenarono durante la marcia, con l'ultimo dei biscotti duri che portava con sé e un pezzo di carne essiccata che Bruce aveva fatto a metà. Dopo una tacita comprensione, si fermarono per la notte, Tony si rannicchiò contro il suo fianco sinistro, usando il braccio di Steve come cuscino e lasciandogli la mano destra libera accanto alla sua spada, lo scudo appoggiato al tronco dietro di loro. Alzò lo sguardo verso il quarto di luna che poteva vedere attraverso i rami degli alberi, meditando sulle rivelazioni del giorno. Non era sicuro se dovesse dire altro o meno, l'insistenza di Tony di aspettare fino a quando Steve non lo avesse portato dal Capitano Rhodes lo fece sentire strano, anche se Steve non poteva dire esattamente perché dovrebbe riguardare lui.
 
"Dimmi perché ti sei unito a Pierce," la voce di Tony risuonò piano nell'oscurità, il respiro caldo contro il collo di Steve. Steve chiuse gli occhi contro l'oscurità o i ricordi, non ne era sicuro. Suppose di doverlo a Tony, anche se non ne parlava quasi mai. Ma se davvero volevano provare a fare qualcosa di tutto ciò, doveva essere onesto con lui. E questo si frapponeva ancora tra loro, un muro che non poteva essere sfondato, e si rese conto che non lo voleva, non più. Se dovevano andare oltre, era giusto dire a Tony le sue ragioni, sperando che potesse aiutare l'altro uomo a capire, anche se quasi piangeva per le illusioni che il racconto avrebbe infranto.
 
Si concedeva solo occasionalmente di pensarci, temendo che lo avrebbe portato in uno di quei dannati stati in cui a volte si trovava, quando tutto ciò che poteva sentire erano urla, quando la cenere e il fumo gli riempivano la bocca e non riusciva a respirare. Non è mai successo in battaglia, grazie agli Dei, solo quando era rilassato, quando abbassava la guardia, lasciando che i fantasmi scivolassero attraverso le crepe. Bucky sapeva, naturalmente, sebbene fosse passato così tanto, ma non si ricordava molto della fine. Bruce ne sapeva qualcosa, dopo averli incontrati sul sentiero in seguito. Nat, Clint e Thor ne conoscevano un po', i fatti più crudi, niente di più. Non era stato in grado di parlarne per anni, sebbene si trovasse stranamente desideroso di condividerlo con Tony, per lasciare che parte del peso della conoscenza si attaccasse a qualcun altro, sebbene supponesse che fosse egoista da parte sua.
 
“Bucky se ne andò, lo sapevi? No, certo che no. Lo ha fatto però. Ne avevamo parlato per anni, pianificato tutto, come arruolarci nell'esercito, ma avremmo fatto un giro nel Regno per prima cosa, visto un po' di mondo prima di impegnarci. Per lo più Buck lo voleva, ma era un piano valido come qualsiasi altro che non sarebbe mai successo. Oh, ho escogitato dei piani piuttosto creativi per arrivare alla Città del Re, intendiamoci, ma non avevamo soldi, nessuna abilità commerciale e non potevo fare venti passi senza il bisogno di sedermi, quindi la probabilità era scarsa”, ricordò Steve, afferrando il rapido sorriso di Tony all'immagine.
 
“Bucky l'ha fatto però. Penso che l’abbia ucciso lasciarmi indietro, ma gli ho detto io di andare. Lui doveva uscire di lì, lo sapevo. Sarebbe diventato un orribile pescatore", sbuffò Steve, scuotendo un po' la testa. “Pensavo che non l'avrei mai più rivisto. Ma è tornato, quasi un anno dopo, con Peggy al seguito. L'aveva incontrata durante il suo viaggio. Era una straniera che era stata in visita da suo padre quando incontrò Bucky. Ci sapeva fare con le ragazze, anche quando eravamo bambini. Poteva affascinare chiunque. Gli dicevo sempre che avrebbe potuto convincere i pesci a saltare nelle reti se solo ci avesse provato”, disse Steve con una leggera risata.
 
"Barnes era sposato?" Tony chiese con curiosa sorpresa.
 
"Sì. Lui e Peggy trovarono un uomo di fede non appena tornarono a Brookland. Peggy... era davvero speciale. Tutta fuoco e determinazione che si nascondevano dietro questo guscio morbido. Penso che avrebbe potuto muovere le montagne con la pura forza di volontà”, ricordò Steve, pensando alla luce dei suoi occhi castano scuro. “Buck l'adorava. Non l'avevo mai visto così felice. Si trasferirono nella casa dei genitori di Bucky. La ristrutturarono molto bene. Parlava di arruolarsi di nuovo, ma non con lo stesso fervore che aveva prima. Poi Peggy rimase incinta, e Bucky si unì al personale di una nave, facendo lunghi viaggi per portare il pesce più grande al mercato. Mentre Bucky era in viaggio, io ero... cambiato, immagino che si possa dire così. Qualunque cosa fosse che stava aspettando da tutti quegli anni, finalmente fece effetto. Superai molti dei miei problemi di salute. Ero cresciuto e avevo messo su molta massa."
 
"Scommetto che era sorpreso," ipotizzò Tony, non sgarbatamente.
 
"Vero", sorrise Steve. “Aveva raccontato a Peggy tutte queste storie sul suo povero, malato amico che aveva un disperato bisogno di lui e poi si presentarono ed io ero così. Vivevo già con i Buchanan mentre lui era via, con la mamma che era morta e tutto il resto. Peggy mi ha adottato mentre Bucky era partito per andare a pesca, come un qualche progetto che poteva trasformare in qualcosa di giusto se ci avesse provato abbastanza. Tutto sembrava perfetto, e per un po' lo è stato. Avevo di nuovo Bucky, e lui aveva Peggy, e avrebbero avuto un bambino. Era come avere una famiglia, o quasi che non mi dispiacque molto che non fosse del tutto reale. Eravamo felici. Loro erano felici."
 
"E?" Tony lo incitò, anche se sembrava quasi che lo avesse fatto per obbligo e avrebbe preferito che Steve avesse finito la storia lì, anche se chiese di saperne di più.
 
"Poi arrivò la peste", disse Steve, forzando le parole con un respiro profondo. "Non sappiamo come è iniziata. Non con certezza. Alcuni pensano che sia arrivata su una delle navi. Alcuni dicono che l'abbia portata un viaggiatore. Alcuni danno la colpa agli insetti. Alcuni dicono che fosse stregoneria. Non lo so”, disse, strofinandosi una mano sul viso. “So solo che quando ha colpito, ha colpito duramente. Prima i vecchi e i bambini. Sembrava che da un giorno all’altro, non si potesse sentire più il pianto di un bambino. Non ho mai pensato a come fosse davvero il silenzio, sai? Non è giusto. Quel tipo di silenzio", continuò Steve con voce sommessa e pesante. "Tu... tu non sai che cosa fa quella malattia. È... non ho mai visto una cosa del genere. Le persone bruciano di febbre, si smarriscono. Il dolore... i loro corpi erano... era come se le loro interiora si liquefacessero. Sanguinavano ovunque, occhi, naso, bocca. È stato orribile. Peggy... l'ha presa per prima. Il bambino è arrivato troppo presto, ed era... lui... non posso…" Steve si bloccò, prendendo un respiro tremante. Sentì la mano di Tony trovare la sua, stringendola forte.
 
“Tu non... è abbastanza, Steve, davvero. Io non... va bene, non devi parlarne," Tony lo rassicurò, con l'altra mano che serpeggiava sul petto di Steve, premendola contro di lui tentando di calmarlo.
 
"Lo so. Lo so, ma dovresti saperlo. Qualcuno dovrebbe sapere cosa è successo. Non sono… qualcuno dovrebbe saperlo”, replicò Steve, trovando la sua voce sorprendentemente ferma e calma. Qualcuno dovrebbe saperlo. Se non fosse sopravvissuto a questo, aveva bisogno di un altro essere umano che sapesse cosa fosse successo, e non c'era nessuno a parte Tony con cui potesse immaginare di condividerlo.
 
“L'ho seppellito io. Il figlio di Bucky. Lui non poteva farlo. Non voleva lasciare Peggy, ed era... era troppo, sai?" Chiese Steve retoricamente. “C'era così tanto sangue. Troppo. Peggy non ce l'ha fatta."
 
"Dei. Mi dispiace, Steve, mi dispiace davvero tanto,” sussurrò Tony, il respiro caldo contro la sua guancia.
 
"Erskine è arrivato il giorno successivo", continuò Steve. “Ha detto di aver visto qualcosa del genere prima e stava lavorando ad una cura. Allestì un laboratorio proprio fuori città in quella che una volta era un affumicatoio. Aiutavo quando potevo, facendo strani lavori per lui, portando il cibo che trovavo. Per qualche ragione, non mi ammalai. Di tutte le cose, tutto ciò con cui avevo avuto a che fare negli anni... ma quella cosa, quella, cosa orribile? Quella mi evitò, anche se aleggiava su tutti gli altri in città. In tutte le Terre dei Fiumi, anche se non lo sapevamo al momento. Poi Bucky iniziò a mostrare i sintomi. L'ho portato da Erskine. Voleva provare qualcosa. Una possibile cura, disse. Una formula a cui stava lavorando da anni. Non era che avessimo altre opzioni”, Steve osservò, incapace di tenere completamente l'amarezza fuori dalla sua voce. “Non penso che credesse davvero che questa versione avrebbe funzionato, ma che scelta avevamo? Abbiamo dovuto provare qualcosa", Steve disse, ricordando lo sguardo interrogativo di Erskine e un rapido cenno di assenso per provare qualcosa che probabilmente avrebbe ucciso il suo migliore amico in modo leggermente più veloce dell'altra cosa che lo stava uccidendo.
 
“C'era questo tratto di baia, tra la riva e dove le acque formavano un'insenatura nelle scogliere che i ragazzi usavano per sfidarsi a nuotare,” cominciò Steve, ascoltando gli uccelli notturni mentre trillavano e fischiavano in lontananza. “Ero sempre troppo malato o troppo debole per nuotare, ovviamente. Almeno, quando ero giovane e importava”, ricordò, cogliendo lo sguardo confuso di Tony all'improvviso cambio di argomento.
 
"È stato circa una settimana dopo, quando è successo," continuò Steve, forzando le parole ad uscire. "Bucky stava riposando, in realtà stava un po' meglio quel giorno, ed Erskine mi ha detto di uscire per il pomeriggio, di andarmene. Non c'era nessun posto dove andare, non proprio. Tutto era silenzioso, chiuso, le finestre coperte e le porte chiuse, come mai prima in estate. Faceva caldo, me lo ricordo. Forse è per questo che ci pensai. L'insenatura, con le acque agitate. L'ho attraversato a nuoto fin dall'altra parte e ho scalato la scogliera lì. C'è un percorso, se sai dove cercare. Ripida, ma si può fare. Mi sono seduto lì in cima, come avevo visto fare ai ragazzi quando ero giovane. Sembrava che si potesse vedere l'intero Regno da lassù."
 
“Non riesco nemmeno ad immaginare come dev’essere stato, guardare tutto ciò che accade e non poter fare molto per aiutare”, disse piano Tony, stringendo le dita più forte a quelle di Steve. Steve alzò le mani unite, mettendole insieme sul petto.
 
“Devi capire... questo andò avanti per un po'. Non è successo tutto in una volta, anche se sembrava che stesse succedendo troppo rapidamente in quel momento. Mentre l'estate si trascinava, sempre in più si ammalavano. Non potevamo pescare e non potevamo commerciare. Nessuno avrebbe voluto avere a che fare con i nostri prodotti comunque. Senza il commercio, non avevamo modo di procurarci il cibo necessario. Stavano diventando disperati. Tra la malattia e la mancanza di cibo, le persone erano spaventate" ricordò, facendo un respiro profondo, l'ultimo momento di calma prima di sprofondare. “Quindi... quindi quando le truppe di Stark si presentarono... tutti erano così sollevati."
 
“La Corona inviò provviste. Medicine, cibo, quel genere di cose,” osservò Tony, quasi sembrando contento. Steve sentì la familiare rabbia ribollire profondamente dentro di sé, ma la spinse da parte. Non era colpa di Tony, si ricordò. Non aveva alcuna responsabilità solo perché credeva nel suo Re.
 
"Potevo vederli, dal mio punto di vista in cima alle scogliere", disse Steve, attento a mantenere la sua voce il più uniforme possibile. "Potevo vederli", ricominciò, trovando la gola stretta e il petto compresso mentre lottava per tirare fuori le parole. “C'era questo ragazzo, forse di otto o nove anni. Richard era il suo nome, credo. Dovrei saperlo, ma... non me lo ricordo adesso. Dovrei però...Io," balbettò di colpo, dandosi un momento prima di forzare il resto fuori. “È corso da loro, forse sperando per un aiuto, forse solo perché era eccitato di vedere i soldati, non lo so. Penso di averlo visto prima che accadesse, ma non potevo fare nulla, solo guardare. I soldati... avevano le spade fuori, vedi? Sapevo... sapevo che qualcosa non andava. Non riuscivo a capire cosa fosse, solo più tardi, in una delle tante lezioni di Phillips,” disse Steve, passandosi una mano sui suoi occhi. Tony si era irrigidito come un sasso accanto a lui.
 
"No ..." sussurrò Tony, quasi pregando.
 
“Lo trafissero. Era così piccolo, che in realtà fu sollevato sulla spada prima di scivolare nella terra. Ero a metà della scogliera prima di rendermi conto di essermi mosso. Ho nuotato indietro attraverso il canale il più velocemente possibile, ma ormai la maggior parte della città era in fiamme. Non avevo idea di cosa stessi andando a fare. Nessuna arma. Non avevamo spade a Brookland, solo strumenti per l'agricoltura e la pesca. Qualche arco. Diavolo, non avevo nemmeno le scarpe. Le avevo tolte per nuotare." disse Steve, sbattendo le palpebre contro il fumo che in realtà non c'era. "Presi la mia camicia dalla spiaggia e corsi da Erskine, ma era già in fiamme. Ho potuto vedere il fumo nero che fuoriusciva da esso quando sono arrivato lì. Entrai, ma all'inizio non riuscii a vedere nulla. Mi coprii il viso con la camicia, mi abbassai e strisciai sotto il fumo, ma era così denso,” Steve soffocò, ansimando per l'aria al ricordo. La presa di Tony sulla sua mano era quasi dolorosa, ma abbastanza da ancorarlo alla realtà, per impedirgli di scivolare troppo in profondità nei ricordi.
 
“Bucky era caduto dalla sua branda. Parte del tetto era crollata su di lui. Il suo braccio era schiacciato da una delle travi, e... stava... bruciando. Potevo sentirne l’odore, anche sopra il fuoco, e stava urlando, come mai avevo sentito prima. L'ho afferrato, tirato. Probabilmente una decisione terribile, ma tutto quello a cui riuscivo a pensare era portarlo fuori di lì", rabbrividì. "Non riuscivo a respirare. Stavo per svenire, ed entrambi stavamo per morire, lo sapevo. Tutto ciò che potevo pensare era come prendere aria. Non so come siamo usciti. All'improvviso eravamo fuori, ed era luminoso e faceva male al respiro, ma era la cosa migliore che avessi mai provato”, disse Steve, trascinandosi in un lungo respiro.
 
“I soldati si stavano muovendo per la città. Erskine stava correndo verso i soldati con le mani in alto, cercando di dire loro di smettere, che aveva trovato una cura, che funzionava. Qualcuno gli ha tirato una freccia nel collo", gli disse Steve. "Sarei dovuto tornare indietro, avrei dovuto fare qualcosa, combattere, non so. Ma non l'ho fatto. Scappai, trascinando Bucky con me. Ricordo di aver guardato indietro ad un certo punto e ho visto che stavo lasciando delle impronte dietro di me e pensavo che ci avrebbero seguito, gli uomini di Stark” Steve continuò, un brivido lo attraversò. “Tagliai attraverso uno dei fiumi, attraverso il delta dove tutti gli affluenti scorrono nel mare, e scesi verso le scogliere. Restammo lì finché il fumo non divenne bianco. Il braccio di Bucky era in pessime condizioni, ed era troppo andato per il dolore per fare tutto. Ci portai dall'altra parte della foresta, una delle strade lì. Solo il sentiero di un contadino, in realtà, per i carri, ma non potevo più camminare sugli scogli. Non sapevo dove stavo andando. Non pensavo a nulla se non a scappare. Bruce ci ha trovato, per miracolo. Disse che il braccio di Bucky doveva essere amputato. Bruce mi disse di tenerlo stretto, di impedirgli di muoversi. Bucky chiamò Peggy per tutto il tempo. Non sapevo cosa dire."
 
Steve si strofinò il viso con la mano, sorpreso di trovarlo bagnato di lacrime che non si era reso conto di star versando. Gli bruciavano gli occhi, le grida fantasma ancora risuonavano nelle orecchie. Tony era rigido accanto a lui. Probabilmente avrebbe dovuto alleggerire la questione, piuttosto che rovesciare tutto in una volta. Sapeva che Tony ci teneva al suo Re. Avrebbe dovuto essere più scrupoloso, ma una volta iniziata la sua storia, non riusciva a fermarsi.
 
“Abbassai lo sguardo e mi resi conto che stavo ancora tenendo la mia maglia, sebbene fosse quasi nera di fuliggine. La lettera di Erskine a Phillips era nella tasca,” ricordò Steve, con la mano che stringeva intorno alla carta fantasma. “Sembrava un piano buono come un altro. Bruce è venuto anche lui con noi, anche se probabilmente perché pensava che Bucky sarebbe morto per avvelenamento del sangue senza di lui."
 
“Tony?” Steve chiese gentilmente quando Tony rimase in silenzio dopo lunghi minuti. “So che non è quello che volevi sentire...”
 
“Il Re non lo ha fatto... non lo farebbe mai… mai, Steve, devi credermi. Mai", Tony supplicò, qualcosa di rotto e disperato nella sua voce mentre si voltava per guardare Steve. Aveva un aspetto terribile, Steve pensò, era in qualche modo svuotato e giù più di quanto Steve fosse abituato a vederlo. “Ha mandato delle truppe, sì, ma per portare delle provviste. Provviste, per l'amor degli Dei. Cibo, medicine. Dannazione, Dei, dovevano aiutare, cazzo!" Gridò Tony alzandosi di scatto, allontanandosi e camminando avanti e indietro davanti a Steve con una sorta di energia maniacale che lo animava. "È stato Stane, deve essere così. Lui… lui deve aver annullato l'ordine... abbiamo saputo che tutti sono morti per la peste… lo giuro, non l'ho mai saputo, non l’ho mai saputo cazzo, Steve, non avrei…" Tony si interruppe, ansimando e stringendosi il petto.
 
“Tony, non... non... è stato tanto tempo fa. Nessuno lo sapeva. Non volevano che uscisse fuori. Non avevi niente a che fare con questo" lo rassicurò Steve, osservando la faccia di Tony che si contorceva dal dolore prima di abbassare la testa abbastanza da nascondere la sua espressione a Steve. “Ho solo... pensato che tu dovessi saperlo prima di... prima. Volevo che tu sapessi. So che pensi che il Re sia un brav’uomo, e forse lo è, forse era Stane, ma non è che ci siamo uniti a Pierce per capriccio. Dopo l’addestramento con Phillips, onestamente non sapevo cosa volevo fare. Non c'era stato nessun piano oltre quello di arrivare da Phillips. Bucky e io ci siamo messi in... beh, mi fermerebbe qui per dire che io ho messo entrambi in una discussione con alcuni soldati di Fury... Fury ci trovò alla fine. Pensavo che ci avrebbe arrestato, a dire la verità. Invece, ci ha reclutato. Disse che stava cercando di mettere insieme una squadra, qualcosa di diverso dal solito battaglione o reggimento. Qualcosa di speciale”, disse Steve, sentendo la sua voce un po' più calma mentre si allontanava dal parlare di cosa fosse successo.
 
“Non volevamo farlo, non all'inizio. Ma, in qualche modo, abbiamo avuto modo di parlare. Fury è bravo in questo, penso”, continuò Steve con un sorriso ironico. “Gli dissi che eravamo di Brookland. C’era uno sguardo sul suo viso... diceva che era stato alla riunione del Consiglio quando l'ordine del Re fu detto. Distruggere la città, non puoi rischiare che quel genere di cose esca. Immagino che anche una parte di me l'abbia capito a quel punto. Ero stato in grado di razionalizzarlo. Potevo vederlo, il processo di pensiero. Era troppo rischioso. Se la malattia fosse uscita dalle Terre dei Fiumi, avrebbe potuto devastare l'intero Regno. Meglio finirla lì. Voglio dire, capisco perché, suppongo,” disse Steve, incapace di tenere completamente fuori l'amarezza dalla sua voce. “Un Re ha il dovere di proteggere il Regno. Ma... ne facevamo parte anche noi. Eravamo il suo popolo, e avevamo bisogno di aiuto... invece, era più facile, più sicuro, sbarazzarci di noi. Cosa importava, comunque? Cosa contavamo? Non riuscivo a immaginarlo, seduto lì in una riunione, a parlare di uccidere la sua stessa gente, senza nemmeno provare nient'altro".
 
“Non è mai successo. Non c'era nessun ordine”, disse Tony con voce vuota. Stava picchiettando sulla piastra di metallo nel suo petto in una sorta di ritmo noto solo a lui, non guardava Steve, gli occhi fissi al nulla.
 
“Tony, Fury era lì. Pierce si oppose, apparentemente piuttosto con veemenza. Fury disse di essere rimasto deluso dalle decisioni del Re per qualche tempo, ma quello... è stata la cosa che alla fine ha portato Fury e Pierce alla ribellione", gli disse Steve. Non voleva discutere con Tony di questo. Tony era comprensibilmente turbato dall'apprendere la verità sull'uomo che seguiva, sebbene sembrava più sconvolto dalle rivelazioni di quanto Steve avesse pensato. “Se fosse stato davvero Stane e non lo stesso Re…”
 
"Allora il Re è un fottuto bastardo che ha lasciato che ciò accadesse... lasciato che questo... il suo fottuto popolo... Dei, come poteva... perché era troppo impegnato a scopare e bere per tutta la vita per preoccuparsi di ciò che stava succedendo fino a quando non ha avuto effetto su di lui." Tony ingoiò, le parole dure e gutturali, piene di giudizio e di recriminazione. “Sapevi che c'è un monumento? Beh, è una targa, in realtà. Molto carina. Il Re non c'entrava niente, ovviamente. La sua Steward l’ha scelto. Organizzò una piccola cerimonia di commemorazione. Un sacco di grandi Lords e Ladies erano presenti, tutti doverosamente solenni nel loro abbigliamento da lutto. Il Re aveva i postumi di una notte di dissolutezza, e la sua Steward dovette trascinarlo fuori dal letto e ricordargli che giorno era. Trascorse il suo pomeriggio circondato da un mare di abiti neri scartati,” lo informò Tony, fissando ancora senza vederlo. “Avevi ragione a non servirlo. Non se lo merita.”
 
"Se davvero non lo sapeva... Se fosse stato ingannato da Stane tanto quanto noi siamo stati ingannati da Pierce, allora..." Steve cominciò incessantemente, le parole di Tony erano ancora impresse nella sua mente, anche l'immagine del Re ubriaco che si svegliava per piangerli. Maude e Thomas, che una volta gli avevano dato una pentola di burro dopo aver riparato il loro recinto per evitare che le capre si allontanassero. Brennan, che amava così tanto il mare, dissero che dondolava con esso mentre camminava, e sua sorella, Anne, che cantava inni a memoria. Peggy. Il figlio di Bucky, che Steve sapeva di aver chiamato George, come suo padre, anche se lui non ha mai pronunciato il nome.
 
“Non farlo. Basta, Steve. Non cercare scuse per lui. Non è la stessa cosa, e tu lo sai. Barnes aveva ragione. Non è possibile trovare perdono.” Tony disse, massaggiandosi la fronte con la mano, e sembrava completamente distrutto, forse più di Steve.
 
"Tony," cominciò Steve, allungando una mano per afferrargli la spalla, solo per vederla ricadere. "Tony, cosa..." disse, confuso.
 
“Non toccarmi. Non… non posso farlo. Cazzo. Solo... Dei, questa è la mia ricompensa, non è vero?” Tony chiese alle stelle. Alla fine guardò Steve, ma sembrava non riuscire ad incontrare i suoi occhi, lasciò che il suo sguardo seguisse fugacemente la sagoma scura di Steve nel bosco, ma Steve riusciva quasi a sentirlo su di lui. “Per... per essere stato un fottuto idiota, ho fatto impalare bambini sulle spade? Persone, persone innocenti, massacrate e bruciate? Arrivo ad essere abbastanza vicino per toccare questa... questa... cosa" Tony si interruppe, agitando una mano in aria tra dove si trovava lui e Steve.
 
“Tony, sei troppo duro con te stesso. Non ti ho mai incolpato per aver creduto nel Re. E non avevi modo di sapere nulla di tutto ciò. Difficilmente è colpa tua per aver scelto di servire l'unico Re che hai conosciuto. Per favore, non fare questo a te stesso”, implorò Steve, preoccupato per Tony che era sempre più agitato. Avrebbe dovuto aspettarselo, non avrebbe dovuto lasciarsi andare a spese di Tony.
 
Tony cadde a terra, piegando le ginocchia e appoggiando la testa contro di esse. “So che questo è un debito che non potrà mai essere rimborsato. Nulla toglierà il dolore che ti ha causato. Lo so. Solo... sappi solo che... il Re... farà qualsiasi cosa tu gli permetta di provare per farsi perdonare da te," disse Tony piano, con un desiderio così profondo e pieno di dolore, Steve pensava di non aver mai sentito niente del genere. Si avvicinò al punto in cui Tony sedeva per terra si inginocchiò accanto a lui, sfregando una mano su e giù per la schiena in un movimento rassicurante e, dopo un momento di esitazione, Tony si appoggiò con un sospiro che era più un singhiozzo che altro. “E se ciò che richiedi da lui è assolutamente nulla, allora sarà ciò che ti darà”, giurò Tony mentre premeva il viso nella manica di Steve. "Lo prometto."

A Higher Form of War - (Stony) Traduzione ItalianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora