Capitolo 14 - II Parte

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Il viaggio di ritorno in città fu in gran parte tranquillo, quella parte del Regno era ancora in mano alle sue forze. Mantennero comunque un profilo basso, non volendo far sapere a Stane o a chiunque altro del suo ritorno. Alla fine ci volle quasi tutta la settimana che Rhodey aveva previsto per raggiungere la città, però. I danni ai ponti li costrinsero ad attraversare i fiumi lenti e poco profondi che circondavano l'area o, in due casi, a percorrere un percorso più lungo alla ricerca di aree percorribili. Alcune aree in cui paesani e contadini si riunivano per sfuggire ai combattimenti dovevano essere evitati, il che significava che a volte erano tenuti ad aggirare la strada principale.
 
Tony indossava un mantello, tenendo il cappuccio basso sul viso, aiutato dal semplice fatto che nessuno si aspettava che andasse semplicemente in città circondato da poco più di un insieme scarso di cavalieri. Rhodey venne riconosciuto facilmente, ovviamente, il suo gruppo era accampato intorno alla città, formando un anello fuori dalle robuste mura. Diversi comandanti chiamarono Rhodey in un caloroso saluto mentre attraversavano le linee di difesa, e si fecero strada oltre le tende e la vita da campo. Raggiunsero il portone principale della città e, con una rapida parola da Rhodey alle guardie che stavano in piedi nella sala di guardia, attraversarono il ponte levatoio.
 
Avevano concordato in anticipo di recarsi direttamente nell'appartamento occupato da Pepper. Era un buono posto come un altro per nascondere la sua presenza fino a quando non avessero avuto Stane e i suoi cospiratori in custodia, anche se Tony non apprezzava di precipitarsi senza preavviso su Pepper dopo tutto questo tempo. Non si era mai preso il tempo di visitare la loro residenza, anche se aveva una vaga idea di dove si trovasse nel complesso del castello. Aveva sempre dato per scontato che sarebbero semplicemente apparsi quando lui aveva bisogno di loro. Non per la prima volta in quel viaggio verso nord, si era chiesto come sarebbe stato arrivare con Steve, presentarlo a Pepper e Happy, elaborando il modo migliore per catturare Stane e gli altri insieme come una squadra. Non si era reso conto di quanto desiderasse quella fine fino a quando non era stato costretto a rinunciarvi.
 
Rhodey mandò via gli uomini di Ellis per riferire dove erano presidiate le truppe, mentre lui e Tony presero gli stretti vicoli che filtravano attraverso la capitale verso l'appartamento di Pepper. Tony tenne la testa bassa e il cappuccio alzato, e vestito semplicemente com’era, si mescolava con la folla. Fu Rhodey ad attirare l'attenzione di vari passanti. Era ben noto in città, e molti gridavano saluti e domande mentre camminavano, la maggior parte delle quali lui rispondeva giovialmente senza rispondere realmente a nulla. Arrivarono all'ingresso degli appartamenti dove abitava Pepper, un complesso di edifici dipinti di bianco con porte in legno luminose e allegre dipinte con fiori. Rhodey bussò pesantemente alla porta e attese che uno dei servitori di Pepper rispondesse. Una donna con un velo color crema e un lungo abito di lana verde aprì la porta, asciugandosi le mani sul grembiule. Vedendo chi fosse, salutò rapidamente Rhodey con un breve inchino e lo invitò ad entrare, i suoi occhi scivolarono su Tony senza riconoscerlo.
 
“Dirò alla Signora Potts che siete qui, Sir. Per favore, sedetevi un po'” disse la donna, scappando via per trovare Pepper. Tony rimase dietro Rhodey, sperando di evitare di attirare la curiosità della donna, se una cosa del genere fosse possibile. Un momento dopo, la sua assistente si unì a loro, con un'espressione tormentata, i capelli biondi rossastri che sfuggivano alle forcine che cercavano di tenerli sotto controllo.
 
“James!” Esclamò Pepper, camminando rapidamente per abbracciarlo. “È passato troppo tempo! Pensavo che stessi supervisionando la guarnigione di Lord Ellis? Ha rinunciato a te così presto?”
 
"È emerso qualcosa di più importante," disse Rhodey con un sorriso, spostandosi così che Pepper potesse dare un'occhiata a Tony.
 
“Ti prego, dimmi cos’è più importante del nostro fronte meridionale? Se Vostra Grazia fosse qui, ti avrebbe detto che…” Pepper lo rimproverò leggermente.
 
“Il mantenimento del fronte meridionale è cruciale per impedire a Pierce di unire le sue forze e rappresentare una minaccia per la città”, concluse Tony, tirando indietro il cappuccio, una smorfia autoironica di un sorriso cercò di formarsi sul suo viso. Era così bello vedere Pepper. Non si era reso conto fino a quel momento quanto gli fosse mancata la sua forte presenza. "Ehi, Pep." Certo, probabilmente sarebbe dovuto andarci un po' più cauto, pensò un momento dopo, quando il rapido tempo di reazione di Rhodey la prese prima che colpisse il pavimento.
 
“Oh miei Dei! Oh miei Dei! Tony! Sei... sei tu? Sei davvero tu?” Chiese Pepper, trattenendo le lacrime. “Vostra Grazia... Tony... Non pensavo... non volevo pensare... ma sei stato via così a lungo, e non sapevamo… io... ma ora sei qui... sei qui... sei davvero, davvero qui” disse Pepper meravigliata.
 
"Ho così tanto da dirti," le disse Tony, avvicinandosi verso il punto in cui era appoggiata a Rhodey per supporto e avvolgendole le braccia intorno, avvicinandola e seppellendo la testa contro la sua spalla. “È bello vederti, Pep. Dei, mi sei mancata." Rhodey li lasciò soli abbastanza a lungo da congedare la servitrice di Pepper per la giornata e portarle un bicchiere di vino, che prese con gratitudine. Ci volle un po' di tempo prima che Tony raccontasse la sua storia, spesso interrotta dalle domande di Pepper e le sue aggiunte su quali informazioni potesse fornire sulle azioni di Stane da quando Tony era scomparso.
 
"Aveva detto di avere informazioni sul fatto che fossi prigioniero, e che stavano negoziando per il tuo rilascio, ma voleva essere sicuro che fossi vivo prima di accettare qualsiasi cosa. Ecco perché ha detto che stava impiegando così tanto tempo” lo informò Pepper. “Non posso credere all’audacia di quell'uomo. Stare lì e mentirmi in faccia. Alla mia faccia, Tony. A tutti noi", disse, la sua voce si alzò per la rabbia ad ogni parola. “E quelle persone a Brookland. Tony, quelle povere persone. Non posso nemmeno... non so cosa dire."
 
“Neanche io ho idea di cosa dirò, per dirti la verità. Però farò in modo che Stane affronti la giustizia del Re, questo te lo prometto,” spiegò Tony. "Rhodey organizzerà l'arresto di Stane, e anche quello di Gregory e del Generale Ross. Anche Stone, però non so se sarò in grado di collegare Ty alla trama. È viscido come una di quelle anguille che il tuo chef insiste per tenere in giacenza."
 
“Dovrei andare, Vostra Grazia. Agli uomini di Ellis è stato detto di tacere, ma una cosa del genere non resterà segreta a lungo”, disse Rhodey, alzandosi dalla panca di legno e facendo ad entrambi lievi inchini. "Ho degli accordi da fare."
 
"Certo certo. Pepper ed io saremo nel castello all'ora stabilita. Devo ammetterlo, non vedo l'ora di vedere il viso del caro Obie”, disse Tony con un sorriso che non era ancora completamente arrivato ai suoi occhi.
 
"Anche io", rispose Rhodey con sentimento.
 
"Chiedi se ci sono eventuali messaggi da parte di Lord Ellis", disse Tony mentre Rhodey raccoglieva le sue cose e pronto per partire. Cercò di impedire alla sua voce di sembrare ansiosa, ma dal rapido sguardo di Rhodey, dubitò che fosse riuscito a farcela. Sapeva di non poter stare seduto a preoccuparsi di Steve, sebbene il viaggio verso la città avesse richiesto lunghi tratti di silenziosa, dura cavalcata che aveva dato alla sua mente troppo tempo per pensare a tutte le possibilità. Diavolo, aveva trascorso ben tre leghe di viaggio ridisegnando gli appartamenti della Torre nella sua mente per distrarsi dalle sue preoccupazioni.
 
"Sarà la prima cosa. Ve lo prometto,” accettò Rhodey. Annuì in segno di saluto e poi li lasciò, e per un momento, fu tranquillo. Tony si appoggiò allo schienale della morbida sedia e appoggiò i piedi sullo sgabello basso, ricamato, lo notò per la prima volta, nel suo rosso e oro, con le parole della sua famiglia cucite su di esso.
 
"Cosa non mi stai dicendo, Tony?" Chiese Pepper dolcemente. “Stane, Gregory... Dei, Pierce e Schmidt? È quasi troppo, ma... c'è qualcosa... è diverso. Posso solo iniziare ad immaginare come sia stato tutto questo per te, ma... non so cosa sia, ma sei cambiato."
 
"È così, Pepper. C'è così tanto... onestamente, è iniziato con questo", disse Tony con un sospiro affaticato, tirando i lacci per aprire il suo farsetto, per rivelare il disco di metallo che copriva la ferita al petto.
 
“Tony! Oh, Tony.” Pepper boccheggiò, allungando le dita per sfiorare il ferro freddo. "Fa... Ti fa male?"
 
 
“Non più, non proprio. All'inizio mi ha fatto patire l’inferno," ammise Tony. “Ho pensato che sarei morto prima che i Dieci Anelli potessero uccidermi, a dire il vero.”
 
"Questo è... è pus?" Pepper balbettò, allontanando la mano, le labbra arricciate in disgusto e orrore che non poteva proprio nascondere.
 
"Cosa? No, no non è pus... è da... guarda c'era un dottore... uno degli Avengers... e lui ha fatto un impacco da quest’argilla e... e... non è pus, okay?” Tony si staccò, chiudendo il suo farsetto di nuovo sul petto e rifacendo la maggior parte dei lacci per legarlo insieme sotto alla sua gola. "Stava causando un problema, però. Ma il dottore, Bruce è il suo nome, ti piacerà. Ragazzo intelligente. Comunque lui ha realizzato questi impacchi speciali per me usando una specie di argilla, che conosceva proprio perché uno degli altri, Barnes, una specie di stronzo, anche se non riesco davvero ad odiarlo adesso, ma comunque, ha un braccio metallico, quindi Bruce ha fatto la stessa cosa per lui."
 
“Quindi, da quello che hai detto, questa squadra di Pierce che ti ha trovato... uno è un medico, uno pensa di essere un principe di qualche regno mitico, una è donna che è una spia mortale, uno è un arciere che può colpire qualsiasi cosa, e uno è... non userò la parola che hai usato tu... ma ha un braccio di metallo?" Pepper ripeté, le sopracciglia praticamente arrivarono all’attaccatura dei suoi capelli. “E questo Capitano che stai cercando di trovare, è quello che ha disegnato la mappa che mostra a Pierce come distruggerci?"
 
“So come sembra, ma non ho una commozione celebrale. Giuro, la mia mente non è mai stata più chiara", rispose Tony severamente. "Inoltre, Steve mi ha dato la mappa, non Pierce, quindi... quindi... ecco qui."
 
"Va bene, Tony," disse Pepper in modo uniforme. "Dimmi di più su queste persone, questi ‘Avengers’". Quindi, lo fece, trovandosi sorprendentemente desideroso di avere qualcuno con cui parlare della squadra, tutte le loro stranezze e debolezze, come lavoravano insieme così incredibilmente, in qualche modo migliorato dall’abbinamento. Natasha brillante, intelligente, temibile. Clint ironico, attento e gentile. Thor con le sue storie e il suo buon umore che smentivano la sua acuta consapevolezza di coloro che lo circondavano. Barnes e la sua feroce protezione per Steve, il modo in cui riusciva a far ridere Steve e smettere di essere così serio per brevi periodi di tempo. Bruce, gentile, geniale, che rifiutava di dimorare nella sua tristezza o di lasciare che fosse una scusa per una vita senza senso. E Steve, ovviamente. Probabilmente lo stava facendo diventare un modello, una figura eroica dei vecchi racconti, ma non riusciva a trattenersi di dare un senso poetico, soprattutto perché Pepper sembrava propenso a lasciarlo fare.
 
“So come sembra, Pep, ma sono brave persone. Sono... ti piaceranno. Stanno provando, così tanto, cercando di fare quello che avrei dovuto fare io da sempre. Proteggere il Regno. Aiutano chi ne ha bisogno. Rendono questo mondo un posto migliore come possono. Anche con quasi nulla da dare, loro riescono a dare tutto. Osservandoli, stando con loro, mi hanno aperto gli occhi, ai miei fallimenti, sì, ma... io... non so se sono cambiato o se ho finalmente capito chi sono, chi posso essere” disse Tony, osservando la faccia di Pepper ammorbidirsi e qualcosa di simile all'orgoglio le attraversò gli occhi. "Ed è stato grazie a loro. A lui, soprattutto, immagino. Senza niente, senza la facciata o il nome o la gloria... mi hanno visto. Lui mi ha visto. E... e quello è bastato. Non avrei mai pensato che lo sarebbe stato, ma lo ha fatto. Ero abbastanza."
 
"Sei sempre stato abbastanza, Tony," disse tristemente Pepper. "Non importa quello che ha detto tuo padre."
 
"Sono sempre riuscito a soddisfare le aspettative,però, non è vero?" Rispose Tony aspro. "Ma non sarà più così, Pep. So che le mie scelte ti hanno sempre lasciato molto di cui occuparti per conto mio, e non posso assolutamente esprimere quanto mi dispiaccia per quello. Le cose saranno diverse però. Vedrai. Steve… Non lo so, Pepper. È come... non riesco nemmeno a spiegarlo. Sono migliore quando c’è lui. Penso di renderlo anche io migliore. Noi... funzioniamo, sai? È come se si sistemasse dove non sapevo che mancasse qualcosa, ma ora che c’è... ora che lui è lì... non riesco ad immaginare di tornare indietro. Sono terrorizzato all’idea di perderlo, di rovinarlo in qualche modo. Ma devo provarci. Ne vale la pena. Lui vale la pena. Vale tutto, veramente."
 
“Sono felice per te, Tony, davvero. È meraviglioso vederti così. E se loro... questa squadra, Steve... se fanno parte del motivo, allora ovviamente, gli darò il benvenuto,” disse Pepper, con un lieve sorriso a seguire le sue parole.
 
“Quando verranno, e lo faranno, voglio avere posti pronti per loro. Sarà imbarazzante per loro all'inizio qui", le disse Tony. “Non tutti saranno così comprensivi della loro decisione di servire Pierce, almeno non fino a quando non saremo in grado di dire alla gente tutto ciò che è realmente accaduto. E loro lavorano insieme meglio di qualsiasi gruppo che abbia mai visto. Gli Dei sanno che abbiamo bisogno di aiuto, non solo con Pierce, ma anche dopo, per rimettere insieme il Regno... c'è ancora molto da fare. Devono essere vicini, penso, per essere in grado di allenarsi insieme, parlare, pianificare, tutto questo. C'è molto spazio nella Torre. Quegli appartamenti non vengono mai usati."
 
Pepper prese una boccata d'aria profonda alle sue parole. "Solo per essere chiari... Vuoi che prepari gli appartamenti Reali per la squadra d'assalto d'élite di Pierce?” Chiese Pepper, pizzicandosi il ponte del naso. "Non so nemmeno come dovrò spiegarlo."
 
"Non spetta a te spiegare", rispose Tony. “L'ultima volta che ho controllato, è il mio Castello. La mia Torre. Lo so perché ha il mio stemma su qualsiasi cosa, grazie Bis-Bis-Bisnonno. Se qualcuno ha un problema con ciò, sono invitati a presentare direttamente i loro reclami a me. So esattamente cosa fare con loro. "
 
“Bene, bene, me ne occuperò, ovviamente. Devi ammetterlo, è alquanto inusuale, Tony. Dato tutto... beh, aumenterà le speculazioni", avvertì Pepper.
 
“Lasciateli speculare. Non è che qualcuno mi viene a contraddire", sottolineò Tony. "E, uh... per gli appartamenti. Voglio che sia preparato anche quello in fondo al corridoio. Scegli alcuni dipinti per quello. Ne abbiamo qualcuno che raffigura Brookland? No, aspetta”, s’interruppe prima che lei potesse rispondere. “Potrebbe essere troppo presto. Non lo so, lo sarebbe? O gli piacerebbe?" Tony esitò, passandosi una mano tra i capelli, trovandolo un po' strano averli così corti. Continuava a cercare di più e restava con niente tra le mani. La storia della sua vita, almeno ultimamente, suppose.
 
“Vuoi che prepari le stanze in fondo al corridoio? Per te? Le stanze in fondo al corridoio per te?" Pepper ripeté attentamente, sbattendo le palpebre mentre un solco appariva al centro della sua fronte. "Tony, quelle stanze sono per…"
 
“So per chi sono. Sto dicendo che le voglio pronte. Solo... preparale. Quella stanza col parapetto con la grande finestra? Metti delle vernici, dei pennelli, un cavalletto, quel tipo di cose lì dentro. Potrebbe... beh, potrebbe... penso che gli piacerebbe provare a dipingere e lì ha una buona luce. Si può vedere anche il mare da lì. Gli piacerebbe. Essere in grado di vedere l'acqua, voglio dire”, finì Tony, sentendosi un po' imbarazzato dall'ovvio esame di Pepper. “E alcuni libri. Alcuni di quei sillabari, ma anche quei libri d'arte che ami così tanto. Forse anche di storie. Roba da militari, Dei, non lo so, scegli tu delle cose. Lui... gli sto insegnando, ma... è ancora nuovo, anche se impara in fretta. Ci stiamo lavorando però."
 
“Lasciami capire bene... Tu... Anthony Edward Stark... stai insegnando a qualcuno a leggere? Ti ho visto diventare così impaziente con gli scienziati in visita a Corte che non capivano le tue teorie abbastanza velocemente da averne avuto uno in lacrime, due letteralmente in fuga dal Castello come se i loro stivali fossero in fiamme, e l'unica povera anima ti ha nominato eretico. Beh", continuò Pepper, formando un sorriso genuino. “Non sei mai stato in grado di fare le cose in mezze misure, suppongo. Va bene, Tony. Voglio dire, certo, lo farò, lo sai. Solo... ne sei sicuro? Veramente sicuro? Quello… beh, immagino, non è completamente senza precedenti, ma... che dire del Consiglio?" Chiese Pepper. “Si opporranno? Pensavo fossero entusiasti di quel principe Latveriano? Qualcosa sulle alleanze commerciali?”
 
“Il Consiglio è qui per servire me, l'ultima volta che ho controllato. E dato che sono, diciamo, ‘abbastanza scontento’ del loro servizio negli ultimi tempi, li alleggerirò dai loro obblighi e li sostituirò molto presto. Guarda, o erano coinvolti, o sono terribilmente incompetenti", sottolineò Tony. “Lord Ellis ha già accettato di unirsi al Consiglio. Penso che anche Lady Van Dyne andrebbe bene, se riuscissi a tirarla via dal suo amato guardaroba abbastanza a lungo”, disse Tony.
 
“Beh, era giunto il momento. Cosa? Quel Consiglio è un branco di idioti adulatori, eccetto Stone, e sa cosa penso di lui. Non ho mai capito cosa hai visto in lui,” disse Pepper diretta. “Lady Van Dyne andrebbe bene, hai ragione. Sono sicura che sarebbe onorata. Beh, ok, disposta", corresse Pepper al buffo sguardo di Tony.
 
“Ho un'altra persona che penso sia perfetta per il Consiglio, ma sono preoccupato che dirà di no", disse Tony, osservando attentamente la faccia di Pepper.
 
"Chi? Sa che mettere una donna nel Consiglio causerà polemiche, figuriamoci due, Tony, anche se Lady Janet è estremamente rispettata. Che mi dici di James? Andrebbe bene" Pepper suggerì.
 
“È troppo prezioso dove si trova. Inoltre, non si è mai curato degli intrighi della vita politica. No, qualcuno che fa parte del Consiglio deve essere in grado di manovrare la Corte ed essere disposto a dirmi quando ho bisogno di calmarmi e ascoltare", disse Tony, allungando una mano per prendere la sua. “In realtà, ci ho pensato molto, che tu ci creda o no. Ho esaminato un certo numero di candidati, cercando di capire chi sarebbe una persona degna per questa posizione. E poi mi sono reso conto che c'è solo un'altra persona di cui mi fiderei. Sei tu.. sei sempre stata tu."
 
"Tony... questo è... non posso proprio... non sono nemmeno una nobile!” Pepper obiettò, balzando in piedi e camminando intorno alla piccola anticamera.
 
"Ho pensato che potesse esserci un problema legale, ma si scopre che io sono il Re, e faccio io le leggi, così posso nominare chi voglio. Conveniente, quello", disse Tony con tutto il disprezzo che poteva radunare. “Potrei sempre fare di te una Lady. Nessuno si adatta come te al titolo, te ne rendi conto, vero? Lady Virginia? Suona bene.”
 
“Oh, Dei no, per favore. Non lo fare, in nessun caso”, disse Pepper con una risata stridula.
 
"Congratulazioni, allora", le disse Tony, inclinando il suo bicchiere di vino nella sua direzione. “Accetta, accetta e basta" disse Tony, una nota di supplica nella sua voce.
 
"Io… non so cosa pensare", Pepper sbiancò.
 
“Non pensare. Bevi”, ordinò Tony, premendo il bicchiere di vino nella mano di Pepper. “Ecco.”
 
"Sei pazzo, lo sai, vero?" Pepper lo ammonì, sebbene non ci fosse cattiveria.
 
"Sì. Ma mi ami comunque”, disse Tony.
 
"Sai che è così", rispose Pepper con un sorriso affettuoso. "Grazie. Dico sul serio. Non ti deluderò, lo prometto."
 
"Non ne ho mai dubitato", rispose Tony con un sorriso.
 
"È tutto, Vostra Grazia?" Pepper chiese, la solita leggerezza sparì dalla domanda.
 
"È tutto, Ms. Potts," intonò Tony, poi le posò un bacio veloce sulla fronte prima di alzarsi per scrutare dalla finestra chiusa il sole che si restringeva verso l'orizzonte.
 
Poco più di un'ora dopo, indossò il mantello col cappuccio e seguì Pepper attraverso le strade brulicanti verso il Castello, facendosi largo tra sciami di persone che andavano avanti nella loro vita quotidiana. Abbassò la testa e avvolse parte del mantello attorno alla metà inferiore del viso per nascondere meglio la sua identità. Lei lo guidò attraverso il labirinto di strade e vicoli fino a uno degli ingressi al Castello usati dai servi per portare cesti di panni sporchi in vasche di grandi dimensioni d’acqua insaponata. A quell'ora del giorno, era tranquillo, lenzuola e vestiti appesi a lunghe corde al sole calante mentre lui e Pepper si facevano strada fino alla porta e scendevano per una rampa di scale stretta.
 
Fortunatamente, Pepper conosceva il Castello e il suo programma abbastanza bene da sapere quale entrata sarebbe stata meno frequentata a quell’ora . La seguì verso un lungo corridoio di pietra arrotondato, attraverso un'altra porta e piccole anticamere fiancheggiate da scaffali di vari generi alimentari che erano conservati all'aria fresca e umida laggiù. Uscirono dall'altra parte in una delle cucine, dove una cameriera spaventata lasciò cadere una patata che stava sbucciando e rotolò tra i suoi piedi mentre passava oltre, senza preoccuparsi a questo punto di fare molto per nascondere la sua faccia. Dalla piccola cucina laterale, entrarono in quella principale più grande, ignorando gli sguardi di chef, maggiordomi e altri addetti alla cucina, e quello che sembrava un basso rimbombo di voci si alzò a un crescendo che cominciò a seguirli. Presero le scale da lì mentre un servitore scioccato aprì una delle porte per entrare in cucina e immediatamente si fecero da parte con un guaito per consentire loro di passare.
 
La prima cosa che Tony vide quando entrò nella Sala Grande fu la forma familiare di Rhodey che stava ad un lato del trono che si trovava all'estremità della sala, il suo volto oscuro imperscrutabile. Grandi finestre con vetri rari lasciavano entrare la luce della sera, e le torce ardevano nelle loro applique lungo il muro. Striscioni colorati drappeggiati dal soffitto, raffiguranti ognuno un singolo stemma dei Re nel corso dei molti secoli di dominio Stark. Un grande fuoco bruciava vivacemente nell'enorme focolare, affiancato da due cavalieri corazzati di pietra, sebbene le spade che i cavalieri di pietra possedevano fossero abbastanza reali. Si era tagliato un dito su una di quelle da ragazzo. Numerosi cortigiani camminavano senza meta, aggiungendosi al mormorio basso delle voci. I servitori sfrecciavano dentro e fuori portando vassoi di dolci e calici di vino, pettegolezzi e alcolici che scorreva liberamente in mezzo all'assemblea riunita. Tutto sommato, una serata perfettamente normale a Corte mentre tutti aspettavano che la cena fosse servita.
 
Solo che Obediah Stane era comodamente sistemato sul trono dorato, il trono di Tony, il trono Stark, per gli Dei, un calice di vino in una mano mentre l'altra teneva uno dei sigari fumanti che Obie aveva sempre prediletto.
 
Tony colse il leggero irrigidimento della schiena di Rhodey e seppe che l'altro uomo aveva notato i capelli fiammeggianti di Pepper dall’altra parte del corridoio. Rimase nell'ombra contro il muro, anche se adesso c'era un gruppo di cuochi, cameriere e camerieri sconvolti dalla porta che conduceva nelle cucine da dove erano entrati lui e Pepper. In altre circostanze, l'avrebbe trovato comico.
 
"Lord Stane," cominciò Rhodey, mettendosi di fronte al trono dove Obie sedeva così comodamente. Con la coda dell'occhio, Tony notò diverse altre guardie, che si erano mescolate discretamente tra gli ospiti, accerchiare il trono, mentre altri si fermarono davanti alle porte, bloccando le uscite. Ben fatto, Rhodey, si congratulò mentalmente.
 
"Sì, Sir James, che c'è?" Chiese Obie con noncuranza, prendendo una boccata dal suo sigaro e mandando un cerchio di fumo verso Rhodey.
 
"Lord Stane", ripeté Rhodey. “Temo di essere stato recentemente informato di gravi accuse rivolte a voi. A causa della natura di queste accuse, ho pensato che fosse meglio trasmetterle a Corte aperta, in modo da preservare la vostra testimonianza affinché tutti ascoltino, mio Lord.”
 
"Oh, veramente? Accuse, dici?" Chiese Obie leggermente, spostandosi sul trono e appoggiandosi contro i cuscini. "Di che tipo? Illuminaci, ragazzo mio.”
 
Tony poteva vedere Rhodey spostarsi a disagio verso l'apparente disinvoltura di Stane, sebbene conoscesse Obie abbastanza bene da sapere che l'uomo era stato colto di sorpresa dalla dichiarazione di Rhodey. Poteva vedere gli occhi di Stane sfrecciare nella stanza, verso i soldati, gli occhi in attesa e curiosi della Corte, che non era ancora diventata ostile. Era ancora uno spettacolo per lui, ancora una parte da recitare. Il potere esiste dove la gente lo crede, e in quel momento, Obie aveva convinto il Regno che fosse lui a possederlo.
 
Rhodey si schiarì la gola prima di parlare di nuovo, sebbene la sua voce fosse ferma e forte quando lo fece. “Siete accusato di aver ordinato un attacco contro i cittadini del Regno, in particolare a quelli di Brookland, senza l'autorizzazione del Re. Siete accusato di aver organizzato la morte di Re Howard e della Regina Maria. Siete accusato di alto tradimento nei confronti del Re, vale a dire, cospirare con altre parti per organizzare un attacco alla carrozza del Re e rapirlo, tenerlo prigioniero e infine ucciderlo." I forti sussulti echeggiarono nella sala, le grida che si alzavano in segno di protesta. Stane aveva senza dubbio i suoi sostenitori, che si erano riempiti le tasche con i soldi di Tony per chiudere un occhio su ciò che stava accadendo di fronte a loro.
 
“Sir James! Cos'è questa assurdità?” Domandò Obie con la sua voce forte e potente. “La tua testa è piena di storie del genere, di questi racconti fantastici! Troppo a lungo sul campo di battaglia può smorzare anche la mente più acuta, o almeno così ho sentito. La tua devozione per il tuo Re è ben nota, ma hai speso molto tempo lontano da casa, amico mio. Le prime linee..." Disse Obie, scuotendo la testa come rattristato. Obie sembrava tristemente imperturbato dalle accuse di Rhodey, notò Tony. Ovviamente. Cosa pensava di dover temere da Rhodey? Non era il primo soldato a tornare a casa convinto di storie strane, sicuro che le forze fossero all'opera contro di lui, un fenomeno purtroppo ben noto a Corte dove molti Lord e Ladies avevano vissuto lo stesso con i propri soldati. E Obie era l'attuale Reggente, controllava tutto, dal portafoglio ai militari. Credeva anche di avere il Consiglio alle sue spalle. Data la sua posizione, la sua mancanza di preoccupazione, non era sorprendente che non avrebbe tremato per le accuse di un semplice cavaliere, e di uno che mancava il sostegno di una famiglia potente, a quello.
 
"Sappiamo tutti che la guerra fa certe cose ad un uomo, Sir James, e il tuo servizio è stato un dono per il Regno, davvero, ma questo... beh. Non posso semplicemente stare seduto qui e ascoltare queste affermazioni, capisci,” Obie disse piano, sporgendosi in avanti nel grande trono dorato. Una risata nervosa passò tra la folla. “Davvero, Sir James... io? Danneggiare il Re? Tramare di uccidere il nostro buon Re Howard e la Regina Maria? Dimmi, perché dovrei fare queste cose orribili alle persone che ho amato... amato, Sir James… in tutti questi anni?" Chiese Obie, scuotendo una delle dita della mano dove teneva il sigaro in direzione di Rhodey.
 
“Perché state lavorando con Alexander Pierce e l’Hydra per distruggere il Regno e rifarlo a modo suo”, rispose Rhodey con calma. Anche da lì, Tony poteva vedere il colore defluire dal viso di Stane. Non se l'aspettava, pensò Tony con feroce soddisfazione.
 
"Beh... beh, questa è un'idea piuttosto fantasiosa, Sir James," disse Obie, un ampio sorriso si formò sul suo volto. "Omicidio? Attacchi? Rapimento... o dovrei dire ‘Re-pimento’?" ridacchiò, anche se Tony sentì solo un po' di sgradevoli risate unirsi in quel momento. "In quante delle migliori cantine del nostro Re sei stato dal tuo ritorno?” chiese bruscamente, allargando le braccia, alcune gocce di vino schizzarono fino alla pietra sottostante. Questa volta la sua povera battuta guadagnò solo un mormorio sordo dalla folla. La menzione di Pierce, dell’Hydra, avevano sicuramente zittito anche quelli tra la folla che non conoscevano Rhodey se non come un semplice soldato. Molti lì, tuttavia, lo conoscevano, anche se solo per reputazione, e sapevano che non sarebbe stato lì in Corte aperta a fare quelle accuse contro il Reggente se avesse creduto che ci fosse qualche possibilità che fossero false.
 
“Vi assicuro che sono completamente sobrio, Lord Stane, e in possesso delle mie facoltà mentali. Con il potere conferitomi dal Re Anthony, vi prendo in custodia fino a quando non sarà possibile portare la questione a processo”, disse Rhodey in modo uniforme.
 
"Oh veramente? Forse avrai notato che il Re Anthony è noto per la sua sfortunata assenza al momento, ragazzo mio, il che significa che il tuo potere, per quanto possa essere, deriva da me” Stane rispose, la sua voce bassa e piena di intenti minacciosi. “Penso che se davvero vuoi rimuovermi dal mio dovere, avremo tutti bisogno di sentire qualcosa in più su queste affermazioni infondate che fai. Dobbiamo conoscere la fonte di queste voci scurrili? Sicuramente hai qualche prova da offrire alla Corte davanti a te e ai tuoi soldati prima di rimuovere semplicemente il Reggente dalla carica? In altre circostanze, Sir James, questo si potrebbe chiamare tradimento", disse rigido Stane, la minaccia chiaramente implicita. “Penso di avere almeno il diritto di sentire i miei accusatori, se ci sono persone disposte a intervenire e a dare voce a queste accuse calunniose. Dimmi, Sir James, chi è che diffonde queste bugie su di me?”
 
“Sarei io, Obie. E tu sei al mio posto, bastardo assassino e traditore," Tony annunciò, allontanandosi dal muro e spingendo il cappuccio del mantello indietro.
 
Tony provò un certo piacere sadico nel modo in cui Obie aprì e chiuse la bocca più volte, incapace di emettere suoni nel silenzio stupito che inghiottì la sala. Per un lungo momento, le teste ruotarono semplicemente avanti e indietro tra i due e poi la sala esplose in un frastuono di sussurri scioccati tutti in una volta.
 
Rhodey e le sue guardie afferrarono Obie per le braccia, tirandolo giù dal trono e spingendolo in ginocchio sul pavimento di pietra. I cortigiani corsero al fianco di Tony, un gonfiore di voci riempì la stanza come le mani protese per toccarlo, quasi per assicurarsi che i loro occhi dicessero la verità. Pepper fu subito al fianco di Tony, ordinando alla gente di farsi da parte come il miglior comandante delle sue forze mentre passava nel mezzo della Sala Grande, la folla si separò come un fiume attorno ad una roccia.
 
“Tony?” Alla fine Obie riuscì a dire quando Tony raggiunse i gradini di pietra che portavano alla pedana rialzata dove il trono si trovava alla fine della sala. "Sei davvero tu? Come? Abbiamo cercato dappertutto! Non ci posso credere... sei qui, grazie agli Dei!” Obie era bravo, Tony doveva ammetterlo. Se fosse semplicemente fuggito dai Dieci Anelli e fosse tornato indietro senza incontrare gli Avengers, non avrebbe mai messo in dubbio la reazione di Obie come qualcosa di diverso da un sincero sollievo al suo ritorno, ma ora, poteva vedere il terrore mutevole dietro gli occhi di Obie. Stane sapeva che il gioco era finito, anche se non riusciva ad impedirsi di cercare di afferrare qualsiasi cosa a cui potesse aggrapparsi, anche se era stato tutto spazzato via da lui.
 
“Non puoi davvero credere a ciò, Tony, ragazzo mio? Questo è pazzesco! So che James è tuo amico, ma devi sapere che non avrei mai... trent'anni, Tony!” Obie discusse con veemenza.
 
"Trent'anni. Sì, trent'anni in cui mi hai compromesso. Mentito. Usato il mio nome per le tue azioni perfide”, accusò Tony, la voce squillante nell'improvviso silenzio che si abbatté sulla sala mentre lui parlava. “Trenta anni di tradimento, Obie. Trent'anni per farmi credere che stavi lavorando per il Regno al posto mio mentre collaboravi con Pierce, permettendo all’Hydra... l’Hydra!… di entrare nel Regno.”
 
“Non puoi farmi questo. Non a me, Tony. Tradimento contro il Regno, dici? Ti ho sostenuto per anni. Decenni. Lo sai. Ho costruito questo Reame, questo Regno, dal nulla. Era una rovina, dopo tuo padre, lo sai! Se ho fatto dei compromessi, è stato per il tuo bene, per il Regno, deve capirlo, ragazzo mio. Per trent'anni ho servito la tua famiglia, queste accuse sono assurde falsità.” Obie sostenne, anche se un lieve accenno di disperazione gli colorava le parole adesso.
 
“Servito la mia famiglia? Servito cosa, Obie? Morte e falsità, ecco cosa. Papà l'aveva scoperto? È per questo che li hai fatti uccidere? O avevi solo bisogno che fossero fuori dai piedi mentre ero giovane e abbastanza stupido da fidarmi di te per gestire tutto?" Chiese Tony. “Ti concedo che te l'ho resa facile. E dovrò risponderne per il resto della mia vita. Tu non lo sai, ma le tue azioni potrebbero essermi costata l'unica cosa che abbia mai voluto davvero, e se questa è la ricompensa che devo pagare, allora così sia, ma tu non starai qui, con il tuo culo ancora caldo dal mio trono, e dirmi che hai servito questo Regno! Hai servito te stesso e qualunque altro padrone tu servissi, ma non il popolo. Non le persone che hai ordinato di uccidere, la mia gente, Obie”, Tony attaccò mentre faceva alcuni passi, la rabbia divampava profondamente dentro di lui, ribollendo nella sua pancia, avvolgendosi attorno al suo petto e spremendo le parole, macchie di rabbia danzavano davanti ai suoi occhi mentre ciò che Obie aveva fatto, quasi compiuto, si stabiliva in modo troppo perfetto come una foto di fronte a lui. “C'era la mia gente, Obie. Mia. Non avevi alcun diritto. Nessun diritto, Obie" gridò, la sua voce si spezzò duramente prima di fare un respiro profondo e tremante.
 
"Tony..." cominciò Obie.
 
"Se mi chiami con il mio diminutivo familiare o mi chiami di nuovo ‘ragazzo mio’, avrò la tua testa per insubordinazione, giuro sugli Dei, Obie”, disse Tony, guardando in basso dove Stane si spostava sotto le mani forti delle guardie. “Nessuna smentita? Nessun grido al cielo che ti è stato fatto un torto? Che sei ingiustamente accusato di questi crimini?" Chiese Tony con falsa leggerezza.
 
“Servirebbe a qualcosa? Vi siete messo in testa che sono contro di voi. Vostra Grazia” sputò Stane. “Sono sicuro che mesi di prigionia cambiano un uomo. Tornerete in voi, non ne dubito. Avete bisogno di me. Potrebbe non piacervi, potrebbero non piacervi i miei metodi, ma avete bisogno di me. Non siete mai stato in grado di fare ciò che doveva essere fatto. Non siete mai stato abbastanza forte. Vi ho protetto, salvato da voi stesso. Vi ho tenuto all’oscuro su Brookland perché non riuscivate a gestire ciò che doveva essere fatto”, Obie ammise. “Eravate debole, lo sapete. Ho fatto quello che doveva essere fatto. Non volevate saperlo, non proprio. Volevate giocare con i vostri giocattoli, costruire le vostre macchine e godervi i vostri piaceri. Non volevate governare, regnare. Fare le difficili scelte che dovevano essere fatte. Non voglio essere chiamato traditore perché vi sentite male per una decisione che doveva essere presa per proteggere il Regno. È tutto ciò che stavo facendo”, protestò Obie. “Quella malattia poteva spazzarci via tutti, se fosse uscita da Brookland. Cosa contano le vite di alcuni pescatori nello schema delle cose?” La visione di Tony divenne bianca alle parole dette con noncuranza da Obie. Si costrinse a stare fermo, le mani si strinsero in pugni stretti ai fianchi mentre lasciava che il martellare nel suo petto si calmasse, sebbene l'effetto fosse minimo.
 
“Non era una tua decisione, Obie. Non siamo... il mio compito è aiutare. Proteggerli, dannazione! Non puoi portarmelo via e poi affermare che è stata colpa mia per non essere stato in grado di prendere una decisione che non mi è mai stata presentata,” urlò Tony, con la voce che risuonava nella sala tranquilla. “Li hai uccisi tu. Non per proteggere il Regno, ma per attirare la mia attenzione altrove, per distruggere qualsiasi cosa potesse minacciare i tuoi piani”, accusò Tony, capendo per una volta la verità delle sue parole.
 
A Obie non importava se la malattia si sarebbe diffusa o meno da Brookland a causa di una profonda preoccupazione per la protezione della gente del Regno. Obie si era preoccupato che una peste avrebbe unito il Regno, focalizzato l'attenzione di Tony e minato la presa di potere di Obie. Sarebbe stato difficile tenere a bada un Re che improvvisamente doveva affrontare un Regno in preda alla paura e al panico. E cosa avrebbe scoperto Tony, se avesse indagato sulle circostanze di Brookland, sulla peste e come fosse arrivata nel Regno? L’Hydra, sospettava fortemente ora, qualche trama di segreti e bugie che coinvolgevano Stern e Stane, e in qualche modo Pierce, che non aveva ancora pienamente compreso, ma era lì, sfocato dal tempo e dalla distanza, ma lì. Stane aveva avuto bisogno di tenere Brookland isolata, tenere Tony lontano da qualsiasi connessione avrebbe potuto scoprire. E farlo significava distruggerlo, almeno nella mente distorta di Stane.
 
"Avresti dovuto farmi uccidere quando ne hai avuto la possibilità", gli disse Tony.
 
"Vostra Grazia, quelli erano i Dieci Anelli, non io..." cominciò Obie.
 
"Chi ha mai detto che fossero i Dieci Anelli?" Chiese Tony leggermente, guardando il gioco di emozioni attraversare il viso di Stane: confusione, shock, paura e infine rabbia. Poteva sentire il mormorio di sorpresa scioccata dei cortigiani alle sue spalle. "Hai finito, Obie", disse categoricamente. “Portatelo in una cella per attendere il processo. Tu, Gregory, Ty, Ross, oh sì, so anche di loro” Tony continuò allo sguardo stupito di Obie. “Presto si uniranno a te. Una specie di riunione, se vuoi. Portatelo fuori dalla mia vista prima che mi dimentichi che deve essere processato”, Tony ordinò.
 
Le guardie che tenevano le braccia di Obie lo tirarono in piedi e lo spinsero giù per le scale e via, mentre Rhodey lì seguì da dietro. Tony si avvicinò al trono e per un momento, lo fissò. Schiacciò la punta dello stivale sul sigaro che ancora fumava contro la pietra liscia del pavimento dove Stane l'aveva lasciato cadere. Era finita. Questa parte, comunque. C'era ancora Pierce e Schmidt da affrontare, una forza molto più grande di quanto chiunque avesse previsto, ma una volta che la squadra sarebbe stata lì, era stranamente fiducioso che avrebbero capito cosa fare. Insieme. Insieme, erano migliori. Onestamente dubitava che ci fossero molte minacce che non potevano gestire quando erano uniti come una squadra.
 
Tony si girò e si sedette sulla sedia del trono imbottita, ponendo ogni mano sull'estremità dei braccioli che erano stati modellati con delle teste di leoni alati, e guardò sulla distesa dei volti storditi che riempivano la Sala Grande. Resistette alla tentazione di schiarirsi la gola. "So che ci sono state molte voci sulle circostanze della mia assenza”, iniziò Tony. “Come avete appena testimoniato, Obadiah Stane era responsabile di ciò, e molto altro. Tuttavia, io ero responsabile, sono responsabile, della sicurezza e della protezione delle persone di questo Regno, qualcosa che è stata una priorità simbolica fino ad oggi”, ammise Tony, sentendo una pressione dietro gli occhi. Essere tornato, essere lì, dove si era abbattuto per così tanto tempo, essere il tutto e nient’altro importava, doveva essere lasciato tutto alle spalle per trovare la parte di se stesso sepolta così in profondità, che aveva dovuto quasi perdere tutto per scoprirla, era quasi troppo.
 
“Quando diventi Re, inizi con qualcosa di puro, qualcosa di eccitante. Poi arrivano gli errori, i compromessi. Creiamo i nostri demoni. Gli Dei sanno che ho contribuito a creare il mio”, Tony continuò, con facce rapite che lo fissavano. “L'ho sempre preso per un dovere, essere Re. Per qualcosa che doveva essere fatto, un lavoro che doveva essere compiuto. Non è nessuna di queste cose. Io sono il Regno. Il Reame, il suo popolo ed io, siamo una cosa sola. Parliamo con una sola voce. Lavoriamo insieme per un obiettivo comune. Vinco o fallisco con voi, non a causa vostra o a vostro dispetto. Io sono il Regno, e siamo nati dal ferro. Da oggi in poi, mi comporterò così per tutte le cose." Era a malapena consapevole dell'enorme allegria che si alzò dalle urla che riecheggiavano nella Sala Grande. Era quasi fin troppo. Non poteva impedirsi di guardare alla sua destra, cercando l’approvazione di una presenza fantasma che non c'era.
 
La massa di persone riunite lo salutò a sua volta, dandogli il benvenuto, inginocchiandosi e giurando di nuovo fedeltà, arrivandone sempre più mentre la parola del suo ritorno si diffondeva in tutta la città. Rimase fino a quando le candele che illuminavano gli enormi lampadari sopra bruciarono. Pepper alla fine fermò la fila e accompagnò Tony fuori e su per le scale, lungo il corridoio fiancheggiato dai ritratti degli Stark morti fino alla porta che conduceva alla Torre e agli appartamenti reali. Le guardie si inchinavano con deferenza mentre passava, i servi interrompevano i loro compiti e si inginocchiavano. Era tutto estremamente familiare e così enormemente strano. Quando finalmente raggiunsero la Torre e i suoi appartamenti personali, una guardia spalancò la pesante porta, e lui entrò, poi si fermò di colpo.
 
"Vostra Grazia", disse Jarvis, in piedi nel mezzo della stanza, come se non fosse cambiato nulla, non era passato tempo, come se Tony fosse semplicemente uscito per la sera ed ora era tornato a casa, ma c'era un tremore nel suo tono di solito soave che Tony riuscì a sentire, una certa formalità nel modo in cui si trovava, come se stesse controllando qualunque cosa potesse minacciare la sua solita riservatezza. Tony accelerò i pochi passi attraverso la stanza e gettò le braccia intorno all'uomo, seppellendo la faccia contro il collo del suo servitore.
 
"Jarvis, Dei... non hai idea di quanto tu mi sia mancato," respirò Tony, una grande pietra che si era posata sul suo petto per così tanto tempo, si sollevò e fluttuò via. Era tornato a casa, davvero, non il trono, gli ornamenti, né l’adulazione e l'osservanza che l’accompagnavano. Quello.
 
"Bentornato, Vostra Grazia", disse Jarvis, avvolgendo lentamente le braccia attorno a Tony. "È da un po' di tempo che non siete qui."
 
“Sta per andare molto bene, Jarvis. Avrai più da fare di quanto tu possa immaginare. Ti racconto tutto di loro a cena. A proposito, Pepper, vedi se riesci a trovare Rhodey. Chiedi se ha già avuto notizie da Matt”, chiese Tony a Pepper.
 
“James ha già inviato un messaggio che non ha ancora sentito nulla da Lord Ellis. Sai che te lo dirà non appena riceverà notizie. Sa quanto sei ansioso", rispose Pepper, la voce divenne dolce e leggera mentre Tony non riusciva a trattenere la delusione dalla sua faccia. "Ora, mangia", continuò, indicando il vassoio di cibo che qualcuno aveva posto su un tavolo vicino. "Poi a dormire. Senza armeggiare, Tony, dico sul serio."
 
“Devo lavorare con quel metallo di Wakanda. Ottenere una sorta di lega realizzata con esso. Dovrebbe funzionare abbastanza bene con un po' di ferro, anche se dovrò riscaldarlo ad una temperatura folle”, Tony iniziò, la sua mente già ronzava nei dettagli. “Ho un'idea anche per il resto. Ho bisogno della fucina accesa. Vado a…”
 
"Mangiare. Poi dormire, è quello che farai. Non voglio nemmeno pensare a cosa porterà domani", disse Pepper, asciugandosi le mani contro i lati del vestito.
 
"Farò in modo che Sua Grazia si prenda cura di sé, Ms. Potts", disse formalmente Jarvis, inchinandosi leggermente.
 
"Di questo, non ho dubbi, Jarvis", rispose Pepper con un sorriso. “Tony, ho iniziato a prendere accordi per i lavori di ristrutturazione degli appartamenti, ma se ha qualcosa di più specifico in mente, mi faccia sapere, e mi consulterò con i muratori e i carpentieri." Tony andò a prendere il cibo sotto l'occhio vigile di Jarvis.
 
"Quello… quello che hai detto… nella Sala... è stato bello, Tony," disse Pepper piano mentre si trovava a metà strada dalla porta. “Io... sono orgogliosa di te, lo sai, vero?”
 
"Sì, Pep", disse Tony, fissando l'anatra arrosto e le verdure cotte che lo aspettavano."Non avrei potuto farlo senza di te, però."
 
"Sì, avresti potuto, anche se mi piace pensare di averlo reso più facile", disse Pepper con un lieve sorriso.
 
“Okay, beh, avrei potuto, ma molte cose sono dovute a te. Dico davvero,” insistette Tony, guardando nel punto in cui si trovava alla porta, incorniciata dalla luce del corridoio fuori dal suo appartamento. Lui vide il suo viso ammorbidirsi e gli occhi luccicare mentre sbatteva le palpebre dalle emozioni che mostrava ancora a disagio di fronte a lui. "Diciamo, quasi il dodici percento è dovuto a te, comunque."
 
"Il dodici percento, eh?" Pepper ripeté, con la bocca che si contorceva in un sorriso ironico.
 
"Eh, più o meno", sogghignò.
 
"È tutto, Vostra Grazia?" Chiese Pepper dolcemente.
 
"È tutto, Miss Potts," rispose Tony, scavando nella sua cena per non incorrere nell'ira di Pepper.
 
"Avremo ospiti allora, immagino, Vostra Maestà?" Jarvis si interrogò, proseguendo a sistemare la stanza a quello che riteneva fosse lo standard appropriato, spingendo il fuoco più in alto e abbassando il letto, stendendo una veste di seta rossa per Tony accanto alla grande vasca incavata che sovrastava in una delle anticamere.
 
"Sì. Presto, spero. Ti piaceranno, Jarvis”, disse Tony su un morso di anatra succulenta.
 
"Non ne dubito, se sono amici di Vostra Grazia", replicò Jarvis, allegro. Date le passate associazioni di Tony, capiva la mancanza di entusiasmo di Jarvis nell'invitare persone a trasferirsi con lui.
 
"Non sono quel tipo di amici, lo giuro, J", disse Tony ridendo. “Sono... sono coraggiosi, gentili e buoni. E offensivi, odiosi e fastidiosi."
 
“Davvero, Vostra Maestà? Beh, sembra piuttosto familiare, sebbene descriva una certa persona a cui sono incredibilmente affezionato”, rispose Jarvis sfacciato. “In tal caso, non vedo davvero l'ora di fare la loro conoscenza", Jarvis rispose con un sorriso, così genuino. “Sarà bello vedere la Torre adeguatamente utilizzata. È fin troppo piena di spifferi così. Ho sentito da Ms. Potts che rifaremo le vecchie stanze di vostra Madre, Sire?” Tony sentì la domanda non detta, ovviamente. “Devo capire da questo che presto sarà…”
 
“Non diremo quella parola. Non ancora. Lui... Voglio dire, forse. C’è molto… che lui ancora non sa. Su di me. Su chi sono, intendo. Pensa solo che produca armi per l'esercito", Tony inciampò, mentre i pensieri di Steve si riversavano l'uno sull'altro in rapida successione. Potrebbe odiarlo, potrebbe perdonarlo, potrebbe eventualmente perdonarlo, potrebbe sempre odiarlo, ma sarebbe lì e quello sarebbe quasi sufficiente, così vicino al punto che sarebbe disposto ad accettarlo, se fosse l'unica scelta che avrebbe.
 
Jarvis gli fece una smorfia. “State preparando le stanze riservate al Consorte del Re per qualcuno che non sa che voi siete il Re?" Jarvis chiarì. “Mia madre voleva così tanto che diventassi un chierico”, disse Jarvis, girò i tacchi e uscì dalla stanza. Tony si sedette al tavolo con un morso di anatra a metà bocca prima di iniziare a ridere e sbattere il pugno sul tavolo. Jarvis gli era mancato moltissimo.
 
Finì di mangiare e si avviò verso la grande vasca rotonda che si trovava al centro di una delle due grandi anticamere. Le piastrelle a mosaico dipinte a mano rivestivano le pareti che la circondavano. Si spogliò e girò una delle manopole per avviare il flusso di acqua calda. Una delle sue invenzioni, e una delle migliori, pensò. Una caldaia sotto riscaldava l'acqua e la pressione la mandava attraverso tubi di metallo nella sua stanza. Tutti l'avevano ritenuto pazzo, ma gli piaceva la novità di avere acqua calda a volontà. Jarvis aveva dato uno sguardo e gli disse che aveva tolto il lavoro a tre ragazze, ma pensò che l'uomo più anziano fosse segretamente soddisfatto del progetto.
 
Mentre la vasca si riempiva, osservò l'appartamento, trovando quasi tutto esattamente come l'aveva lasciato mesi fa, fino ai piccoli, morbidi panni ripiegati ordinatamente vicino al gabinetto, ricamati con il suo stemma. Si chiese brevemente della donna che passava il tempo a cucirli accuratamente in modo che poteva pulirsi il culo con loro e si meravigliò della sua vita. Cosa avrebbe pensato Steve di tutto ciò? Avrebbe detestato il lusso? O si sarebbe goduto i piccoli piaceri che poteva dargli? C'era così tanto che potevano fare. Steve aveva offerto la sua versione di quella vita, con tanta dolorosa serietà, una casa in riva al mare, Tony che lavorava ai suoi progetti, mentre Steve contribuiva a ricostruire il Regno. Potevano averlo, se Steve lo avesse permesso. Solo, invece di una casa, qualcosa di un po' più grande. Praticamente la stessa cosa se uno ignorasse le circa trecento stanze in più.
 
Si spogliò e salì i due gradini per sprofondare nella vasca, aggiungendo gli oli profumati che Jarvis aveva lasciato sulla sporgenza della vasca. Sapeva per certo che questa vasca era adatta per più di una persona, e non poteva fare a meno di immaginare quanto sarebbe stato piacevole condividerla con Steve. Concesso che, ovviamente, Steve non volesse annegarlo. Era riuscito a trovare l'unica persona in tutto il Regno che potrebbe non essere del tutto troppo elettrizzata di scoprire che il Re cercava il suo affetto, pensò Tony cupamente.

A Higher Form of War - (Stony) Traduzione ItalianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora