Finito di mangiare, Jordan, Andrew, Amonet e Julian si chiusero proprio nell'ufficio di quest'ultimo.
Amonet era visibilmente agitata dalla presenza dei suoi amici e in quel momento stava assimilando parecchie cose.
«Perché mi avete portata qui?» fu la prima cosa che chiese guardando ad intervalli i suoi amici.
Era seduta su una comoda poltrona di pelle nera e strinse la mani poggiate - in quel momento - sui braccioli della sedia.
La sua gamba non la smetteva di tremare - tanto era l'agitazione - e non riusciva più a smettere di mordersi il labbro procurandosi qualche piccolo taglietto dal quale usciva sangue, lasciando nella bocca della ragazza il sapore ferroso e amaro di quest'ultimo.
«Sei stata male a causa mia» confessò Julian senza però guardarla negli occhi. Ad ammettere le sue colpe si sentiva uno schifo.
«Hai notato che nelle ultime due notti hai avuto degli incubi. Sono dovuti al flusso dei miei ricordi su di te» Amonet lo guardava come se avesse tre - anzi no - otto teste!«Sono buona e cara ma non stupida» si sentiva presa in giro in quel momento e si stava alterando e non poco.
«Non potremmo mai Amonet! Ti stiamo dicendo la verità!» le disse Jordan. «Che motivo avremmo di mentirti? Di prenderci gioco di te?» forse con quelle parole, Jordan era riuscita - in qualche modo - a far ragionare la ragazza ametista. «Vedi... tu non sei pazza e mai lo sei stata. Quelle creature che vedi - vedevi e vedrai - per strada esistono davvero. Sono fate, folletti, gnomi, troll, sirene e chi più me ha più ne metta, prendono le sembianze umane e si mescolano - si nascondono - tra gli umani. Proprio come i vampiri e i licantropi» le spiegò quella.
Ma Amonet su questo lato sapeva già molto anche se sentirlo dire, era come ammettere a sé stessa che quelle non erano solo storielle inventate per far spaventare i bambini ma la pura e semplice verità.
«Lo so» precisò Amonet. «Ma io, cosa centro con voi? Col vostro mondo? Sono solo una semplice umana!» esclamò con enfasi le sue parole anche se sotto sotto non ne era totalmente convinta nemmeno lei.
Infondo tutti speriamo di essere speciali.
«Amonet, ti ricordi cosa vi diceste tu ed il lupo nell'ultimo sogno?» le chiese Julian incrociando le braccia al petto - mettendo così in evidenza i tonici muscoli - e poggiandosi al bordo della scrivania in mogano.
«Le ragazze con la sindrome di Alessandria sarebbero nate con gli occhi azzurri. Quindi anche io avevo gli occhi azzurri, ma, a circa sei mesi e a causa della malattia questi hanno cambiato il loro colore fino a quando non sono apparsi viola. Nell'iride ho la stessa quantità di melanina di una persona con occhi azzurri, ma con una base "decolorata" che si colloca in una via di mezzo tra il grigio e il blu, il viola. A determinare il colore dei miei occhi, contribuisce anche la capacità di assorbire la luce» riportò alla meglio le parole che aveva scambiato la sé bambina con l'enorme lupo.
«Esatto. Vedi, tua madre però si sbagliava di grosso ma, Amonet, tu fino ad adesso hai vissuto nella menzogna» la citata corrucciò lo sguardo.
«Cosa vorresti dire Andrew? Andate dritti al punto tutti e tre senza tanti giri di parole!» sbottò arrabbiandosi.
Julian si scostò dalla scrivania, e, dalla libreria accostata alla parete di destra, prese un enorme libro che lo passò successivamente alla ragazza.
«Questi libri sono grandi ma solo poche pagine di essi vengono macchiate a inchiostro. Per custodire i segreti della nostra razza. Ne hai già visto uno e l'hai anche letto. Adesso prendi questo e la lettera e capirai» titubante afferrò il libro e lo aprì cominciando a leggere.
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The Mark of the Beast
WerewolfPelle bianca, capelli neri, occhi viola. Tanti segreti, vengono celati da quelle ametiste che sono la chiave per sbloccare il sigillo imposto sulla vita di Amonet, una dolce ragazza che scoprirà il "suo vero io" solo grazie al lupo dal manto nero c...