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Anche se fosse stata semplice sensazione, Hel quella notte non riuscì a riposare.

Ed ogni volta che chiudeva gli occhi, i suoi sensi si mettevano in allerta. Forse era per la Luna o forse, era proprio lei ad esser nervosa.

Sentiva le lancette dell'orologio della sua camera girare; sentiva il pendolo - dal piano di sotto - che rintoccava; sentiva il respiro calmo di suo padre Amon che dormiva profondamente; sentiva anche come Vlad fosse a caccia - in quel momento - insieme ad altri vampiri. 

E sentiva anche il respiro ansante di Cerbero, che come il canto delle sirene la attirava a sé.

Ed adesso eccola lì, ferma davanti alla porta del Segugio Infernale con la mano a mezz'aria, indecisa se bussare o meno.

Ma le sue congetture mentali vennero messe a tacere da Cerbero stesso che non appena la sua compagna aveva raggiunto la sua porta, non aveva smesso nemmeno per sbaglio di ascoltare il suo respiro e soprattutto, il suo battito cardiaco. Così il canide aprì la porta ed Hel ne rimase incantata.

La pelle di Cerbero - bronzea - alla luce soffusa della abat-jour sembrava luccicare.; i suoi capelli erano disordinati, come se ci avesse passato la mano innumerevoli volte; le sue labbra erano socchiuse e lasciavano intravedere le sue perle che mordevano lievemente il labbro inferiore rendendolo ancora più rosso del normale.

I suoi occhi.

Oh, i suoi occhi che alla luce sembravano la galassia spruzzata di stelle; un buco nero con la capacità di inghiottirti.

Pure perle di ossidiana, che adesso brillavano più del sole in un tramonto d'estate.

«Ti serviva qualcosa mia piccola rosa?» e la sua voce! Era qualcosa di indescrivibile.

Roca e graffiante che ti prendeva per le viscere e ti faceva fremere dal piacevole dolore; grave e abissale che ti divorava facendoti sparire nel tuo inferno personale.

«Stai bene? Sulle tue gote si nota un leggero rossore» ghignò il cane sapendo perfettamente che quel rossore era stato provocato dalla sua vista.

Ma siccome non gli bastava, portò la sua mano ad accarezzare la pelle lavica di Hel che a quel tocco, mille fiamme si espansero dal suo corpo, facendole sentire caldo.

«Io... io» la sua voce balbettante era testimone dell'effetto che Cerbero aveva su di lei.
Non si era mai sentita così, e questa sensazione la faceva sentire un pesce fuor d'acqua. «...Sono» un dito di Cerberus si posò sulle di lei labbra mettendola così a tacere.

«Vieni, entra» le disse facendola accomodare nella sua stanza. «Posso percepire quello che tu sei venuta a chiedermi» le disse lui avvicinandosi al suo viso. «Ma adesso, mia piccola rosa, cosa vuoi davvero da me?» sorrise alzando solo l'angolo destro della bocca carnosa che incarnava il quinto girone dell'inferno.

«Voglio...» quello che voleva lo sapeva, ma faticava ad accettarlo. «Questo pomeriggio ti dissi che avrei scoperto cosa mi legava a te anche se tu me l'avevi detto... ed io inconsapevolmente lo sapevo già ma testarda per come sono cerco sempre delle risposte, che mi sono arrivate da una persona saggia  - anche se a volte non sembra - che mi ha detto di non pormi limiti e di prendermi ciò che voglio. Ama e fatti amare» lo disse prendendo coraggio. «E allora mio demone io voglio le tue labbra sulle mie e le tue mani sul mio corpo» e quell'ordine per niente celato fu subito esaudito.

Le loro labbra si incontrarono e fu un contrasto tra il dolce e l'amaro. Ma in quel bacio non c'era la benché minima traccia di dolcezza.

Le lingue danzando duellavano per avere la supremazia, assaggiandosi, gustandosi. I denti che si scontravano, che mordevano le labbra ora di uno e ora dell'altra e smaniose, le mani di Hel che finirono tra i capelli - già scompigliati - di Cerbero rendendoli ancora più disordinati. E le mani di lui, bramose, andarono a toccare la pelle scoperta dei fianchi della giovane che ansimante, si agitava sotto di lui - dopo che l'aveva fatta stendere sul talamo - inarcandosi e gemendo. 

Si staccarono con uno schiocco osceno, pieno di saliva e gli occhi di Cerbero  - ancora una volta - fecero incantare Hel.

Erano uno rosso come il fuoco, come sangue.

L'altro nero come pece, ossidiana. 

«Cosa c'è che non va?» chiese Cerbero non capendo.

«I tuoi... i tuoi occhi» disse Hel estasiata toccandogli le guance.
Ma le sue mani vennero fermate da quelle del Segugio che adesso non la guardava più negli occhi, ma volgeva lo sguardo di lato.

«Mi dispiace... non lo controllo. Forse è meglio se adesso tu vai...» borbottò Cerbero alzandosi dal letto e avvicinandosi alla grande vetrata.

«Cerbero» disse Hel abbracciandolo da dietro. «Non ho mai visto cosa più bella dei tuoi occhi. E non mi importa se non riesci a controllarlo. Basta che lo fai solo con me».

Cerbero si rigirò in quell'abbraccio e la attirò a sé.

«E non ti devi dispiacere perché a me piace, e se capita, lascialo avvenire. A me piace» continuò Hel.

«Tu sei qualcosa...» sussurrò Cerbero ad un passo dalle di lei labbra. «La Dea Luna non poteva legarmi a creatura migliore di te, mia piccola rosa Infernale. Sai, l'avevo capito non appena nascesti. Ma ne ebbi solo dopo la certezza. Tu, che non appena prendesti la rosa che avevo seppellito tra le mani, sapevo che saresti stata mia per sempre. Per l'eternità. Ed ora mi sembra un miraggio poterti avere tra le braccia, quando poche ore prima sembravi quasi incerta e titubante delle mie parole».

Hel sorrise.

«Sono diffidente la maggior parte del tempo nella mia vita. Credo che finalmente sia arrivato il momento di mettere da parte questa però, almeno con qualcuno. Con te, che posso lasciarmi andare, dirti cosa faccio ogni notte senza la costante sensazione di sentirmi giudicata» gli rispose la fenice.
«Ma adesso credo che sia arrivato il momento di mettere da parte le parole e dedicarsi ai fatti» sorrise facendo unire le loro labbra.

Ma Cerbero, contro ogni aspettativa della ragazza, si staccò.

«Mia piccola rosa non voglio illudere le tue aspettative ma questa notte non faremo niente che vada oltre il semplice baciarci e se vorrai, potrai dormire con me» ad Hel quella condizione non piaceva molto e dallo sguardo che fece, Cerbero intuì i suoi pensieri. «Non perché non voglia. Sia chiaro che aspetto questo momento da tutta la vita e sto facendo un enorme sforzo per non saltarti addosso. Ma purtroppo noi demoni, soprattutto noi Semoni Supremi, possiamo unirci carnalmente ai nostri soulmate quando in cielo siamo in fase di Nova Luna».

Hel non poté nascondere la sua delusione ma non avrebbe mai costretto Cerbero, il suo compagno, a far qualcosa che non voleva fare.

Soprattutto se non c'era la Luna Nuova.

«Capisco.» sussurrò lei «Allora resterò solo a dormire con te».

La foresta quella notte era immersa nel silenzio.

Hel non c'era nei paraggi così come non c'era nemmeno Jerome Hunter.

Così i due sopracitati inconsciamente,  avevano lasciato via libera a Nefti che adesso vagabondava del bosco cercando di trovare il cuore della foresta.

Dove c'era il Nemed.

Nefti seguendo l'istinto lo trovò e tendendo le mani verso l'albero, da esse sprigionò una luce dorata.

«Risorgete mie mummie! Servite la vostra regina, risorgete!» dal suolo cominciarono ad uscire le mummie che si inchinavano al cospetto della Dea.

«Venite a me! Una nuova era sta per sorgere, e quando il Sole tramonterà e nel cielo la Luna che a tutto diede origine comparirà, la lotta per la supremazia inizio avrà! E il Segugio seguirmi dovrà se la sua compagna viva vedere vorrà!».

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