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«Maledetta ragazzina!» urlò Nefti. «Come si permette di toccare il mio amore?».

Nella stanza in cui era chiusa, fece il suo ingresso uno dei tanti servitori della regina egizia dell'oltretomba.

«Vostra grazia» la interruppe quello, trascinandosi malamente sulle gambe.
«Mi dispiace interromperla ma volevo solo dirle che il piano è stato portato a termine. Possiamo procedere?».

Nefti sorrise maligna guardando fuori dalla finestra.

Finalmente avrebbe avuto la sua vendetta: avrebbe ucciso quella petulante di una ragazzina; si sarebbe ripresa Cerbero; sarebbe tornata in Egitto e lì, insieme al Segugio Infernale avrebbe governato gli Inferi.

Sulla lingua poteva già sentire il sapore dolce della vittoria. Poteva già fiutare l'odore del sangue che avrebbe versato.
Poteva già sentire le urla di pietà e supplica di quella ragazzina e della sua bizzarra famiglia. Poteva già toccare con mano quel momento utopistico.

«Bene!» esplose voltandosi verso il suo servitore. «Fai venire qui il generale».

Il servitore con un inchino uscì dalla stanza.

Nefti si voltò nuovamente verso la finestra perdendosi nell'abisso dei suoi ricordi.

I tramonti, come quello di quel giorno, erano rari.
Nefti giaceva stesa sul suo talamo, stretta tra le braccia di Cerbero che distrattamente le toccava i capelli.
Per lei quel Cane Infernale era la sua perdizione eterna, un qualcosa che non si sarebbe mai aspettata nella vita.

Però nonostante quel momento idilliaco, la donna notò la perdizione nello sguardo del suo amato.

«Cerberus, c'è qualcosa che ti turba? Parlamene, sono qui per questo» le sussurrò lei, poggiando una mano sul di lui viso e voltandolo verso il suo. «Cos'è che ti turba tanto?».

Cerbero a quel punto non poté far a meno di guardarla.

Non poteva negare che fosse una donna bella e dai gusti raffinati e sopraffini. Non poteva negare che con lei era stato bene. Non poteva negare l'attrazione che v'era tra di loro.

Non poteva negare niente.

«Tu lo sai che con te sono sempre stato sincero, vero?» gli chiese allora lui, facendosi coraggio.

«Certo, ma non capisco dove tu voglia arrivare» disse mentre si sedeva a cavalcioni su di lui, intrecciandogli dietro al collo le sue braccia, non toccandogli nemmeno per sbaglio i capelli come da lui sempre richiesto.

Cerbero la guardò dritto negli occhi, poggiando la fronte su quella di lei, sentendosi però per qualche strana ragione, strano e in colpa.

«Nefti quando ti ho visto ho pensato che fossi la donna più bella di questo mondo, la mia Dea. Eri la donna perfetta per me. La tua anima così affine alla mia, i tuoi occhi che dietro celavano il mio stesso dolore. Le sofferenze che ho dovuto udire e subire...» le disse toccandole poi una guancia. «Ma i miei sentimenti  offuscavano il mio lucido giudizio. Ho notato che da qualche tempo hai avuto  atteggiamenti morbosi e possessivi nei miei confronti. Ed io, Nefti, nonostante i miei sentimenti, sono un uomo libero. Sono nato per essere libero e non sarai di certo tu a cambiate ciò».

The Mark of the BeastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora