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Il sole da poco svegliatosi dalla sua lunga dormita dipingeva il cielo blu di un caldo giallo.

I suoi raggi irradiavano i petali dei fiori in fiore e degli alberi di un verde intenso.

I primi uccellini che canticchiavano una dolce e rigorosa melodia che insieme al vento volavano adagio nel cielo.

La brezza mattutina muoveva le folte chiome degli arbusti e faceva sì che il dolce profumo delle piante arrivasse alle narici di chi vi era lì intorno.

Ad Hel il primo profumo che giunge al naso, fu quello delicato delle rose.

Ne aspirò a fondo l'odore più che poté,  come una persona in crisi di astinenza.
Era una droga potente l'odore di quei fiori dai petali variopinti.

Soprattutto la sua rosa nera che era la sua ossessione da quando era piccola.

L'aveva accompagnata nella sua infanzia, adolescenza ed adesso età adulta; l'aveva consolata nel momento del bisogno; l'aveva resa felice nei momenti di tristezza.

Per lei, quella piccola rosa c'era sempre stata.

Nonostante tutti gli anni passati essa non era mai appassita.

Era di un vivido nero con le punte che andavano dal rosso sangue al giallognolo.

E agli occhi di Hel era stupenda.

La ragazza rientrò nella casa ottocentesca e dirigendosi nella sala banchetti, trovò tutto il branco che faceva colazione e nel tavolo al centro della stanza si trovava la sua famiglia, dove si recò.

Gli sdolcinati dei suoi genitori Amon e Vlad che non si mollavano nemmeno per sbaglio. Il possessivo Julian e la povera Amonet che insieme alla loro ultima figlia, la dolce e tenera Astra, sopportava l'Alpha. La povera Althea vittima del fascino infernale del compagno Elijah, Hidra di Lerna.
L'insopportabile James che con le sue battute portava tutti ad un unico pensiero di suicidio e sopportato dal povero compagno Ivar il Vichingo.

«Hel» la salutò suo padre Vlad accogliendola a tavola con un caldo sorriso appuntito e un piatto pieno zeppo di dolciumi.

«Ciao papà» lo salutò lei baciandogli una fredda guancia.
Poi fece lo stesso gesto con Amon che già era pronto a protestare e fare una stupida scenata come sua consuetudine. «Ciao anche a te... papino» lo schernì la ragazza sapendo quando Amon odiasse essere chiamato "papino".

«Hel, sei sempre la solita. Sai che poi a subire le lamentele di tuo padre sono io» sorrise Vlad.

E pensare che fino a qualche anno fa un sorriso su quel pallido viso non lo si vedeva nemmeno nei più fervidi sogni.

«Ah vecchio Vlad! Come se poi a te dispiacesse» commentò - volutamente ad alta voce - James.

Lui, fra tutti, non era cambiato per niente. Ogni occasione era buona per fare battute maliziose o solamente provocare i suoi amici.

«Amore, ogni tanto potresti anche evitare» lo rimproverò Ivar facendo alzare gli occhi al Drago. «Non azzardarti a voltare gli occhi al cielo con me perché sai, che mi da fastidio» gli sussurrò questa volta all'orecchio facendo sorridere maliziosamente James e scuotere - nuovamente - la testa a tutti gli altri.

«Bene, se adesso avete finito con le vostre... interessanti discussioni, dimmi Hel, cosa hai fatto questa notte?» gli chiese Althea.

«Già, ho sentito un picco di potere e proveniva da te» diede man forte Elijah alla domanda della compagna.

Hel sbuffò.

Non le piaceva quando le chiedevano cosa faceva perché sapeva che i suoi genitori non erano pienamente d'accordo con questa sua... attività ma sapeva anche che non avrebbero detto niente su ciò.

The Mark of the BeastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora