i have to protect the one thing that i can't live without, you

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Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Setting: Present
Angst/ Fluff/ Little Smut at the end
AU

Silenzio.
Per James Barnes esisteva solo quello e nient'altro. Era una delle sue tante caratteristiche peculiari, uno dei suoi tratti che a nessuno sfuggiva, era qualcosa che lui aveva in sé e che lo costituiva come persona, da quando aveva solo dodici anni dentro di lui regnava una calma evidente. Era flemmo, non si faceva abbattere da niente e da nessuno, ma solo perché la più grande battaglia che aveva vissuto, lo aveva sconfitto quando non aveva armi per poterla combattere. Faceva parte della CIA da ormai sei anni, quando ne aveva solo venti, certo imparare ad usare una pistola solo a quell'età lo aveva spaventato all'inizio ma se quella era la sola, ed unica, arma a disposizione per fare fuori colui che ha ucciso la sua famiglia allora ben venga.

In tutto questo percorso di formazione non si era lasciato abbattere dai suoi insuccessi, da tutte le prove fallite e aveva conseguito i tanti, infiniti, obbiettivi che aveva da raggiungere. Aveva imparato, da quella famosa battaglia che non aveva sconfitto, a rialzarsi sempre più forte del suo nemico, ad essere più spietato di lui che aveva di fronte a sé. Quel suo carattere molto tranquillo, all'apparenza, ma pieno di caos dentro, gli era servito per ottenere tante promozioni nel suo lavoro. A soli ventidue anni aveva raggiunto il grado più alto di guida di macchine sportive, a ventiquattro la pratica di armi pesanti ed infine a soli ventisei fu capace di conseguire la pratica di guidare un veivolo, un agente con la A maiuscola, sempre pronto, sempre efficiente, con la testa sulle spalle e con i piedi ben piantati per terra.

Col silenzio che si portava dentro e che lo circondava non lasciava spazio per nessuna emozione, nessun sorriso che si apriva sulle sue labbra, nessuna risata che riempiva il silenzio e neanche una lacrima che gli scendeva dai suoi occhi azzurri, ma forse erano proprio quelli che lo fregavano, che lo rendevano fragile, vulnerabile, debole ed esposto. Li aveva ereditati da sua madre, Winnifred C. Barnes, una donna dalle mille risorse e dai mille talenti, avrebbe fatto di tutto pur di vedere suo figlio felice, se al mondo ci fosse stata una lista con tutti i sacrifici da fare lei li avrebbe conclusi tutti solo per vedere suo figlio sorridere. Ma suo figlio, ormai uomo, non lasciava spazio alla felicità, neanche ad un briciolo di essa. La stessa gli era stata portata via tempo prima e non trovava nessuna ragione per cui potesse esserlo di nuovo.

Lui era un fantasma, questo era l'aggettivo adatto. Un fantasma che si portava dietro così tanti ricordi che preferiva non far tornare a galla, a cui preferiva non pensare, perché se così fosse stato, lui non sarebbe stato forte. E lo aveva giurato su stesso, sulla sua famiglia, su sua madre, niente e nessuno lo avrebbe più visto stanco, triste e debole.
Nessuno, tranne forse una.

Anche in quel capannone regnava silenzio, tranne per le voci in lontananza che erano forse a pochi metri da lui. Era nascosto dietro ad un pilastro, vestito completamente di nero e con un solo gesto, senza dare troppo nell'occhio, caricò la sua Beretta 98 ed era solo, preferiva che fosse così. Nelle sue missioni non si faceva accompagnare, l'unico che lo guidava forse era Sam, che preferiva essere quello seduto sulla sedia di fronte ad un computer pronto ad hackerare qualsiasi sito o sistema di sicurezza. Poteva dire apertamente che se non fosse per lui, molte delle volte non tornerebbe vivo dalla sue missioni, poteva ringraziarlo ma sappiamo perché Barnes non lo faceva.

"Quanti sono?"chiese lui a voce bassa

"Cinque, disposti a cerchio...non rintraccio il carico di armi"

"Questo posto sarà di oltre 500mila metri quadrati, trova quel carico prima che loro trovino me"

"Capisco la tua arroganza nei miei confronti Barnes ma non pensavo mi sottovalutassi così tanto... dovrebbe esserci un sottopassaggio, quello di fronte a te, rilevo del segnale ma risulta criptato"

"Dici sia il carico?"

"No, qualcos'altro... devi arrivare lì e scoprire cos'è"

"Mi serve un diversivo"

"Attento, stanno per uscire... e arrivano proprio verso di te"

Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi, sapeva cosa stava per accadere. Sapeva cosa stava per fare ed anche se non doveva farlo, per una questione prettamente morale, aveva giurato a sé stesso, prima ancora di restare freddo e scostante come era diventato, di uccidere uno ad uno chiunque gli avesse portato via la sua famiglia fino ad arrivare a lui, a Zemo. La strada non era ancora finita, gli mancava ancora un bel pezzo da percorrere e avrebbe proseguito nonostante le sue mani si sarebbero macchiate con ancor più sangue, sangue di persone che, in fondo, erano innocenti. Ma lui era senza pietà, non voleva giustizia, la giustizia serviva solo a chi sapeva aspettare e lui, di starsene con le mani in mano, non aveva voglia. La sua era vendetta, ed anche se fredda, non aspettava di servirla.

Riaprì gli occhi e di fronte a lui vide come i cinque uscivano, era arrivato il momento di attaccare. A passo felpato ma veloce si avvicinò all'ultimo, gli poggiò una mano sulla bocca e in soli trenta secondi l'uomo era già a terra, morto soffocato e questo servì solo ad attirare l'attenzione degli altri quattro che subito tirarono fuori le loro pistole, ne riuscì a farne fuori solo tre, i due restanti scapparono, ma in fondo sapeva che sarebbero stati qui, avevano da proteggere il carico, o qualunque altra cosa poteva essere.

"Sono rientrati, dalla porta est... sono molto più vicini al carico di quanto pensassi"

"Aspetta, cosa? Il carico? Non mi avevi detto che era nel sottopassaggio dov'ero io?"

"Non ho mai specificato che fosse il carico, c'era un segnale... ti conviene andare da loro"

Per quanto veloce potesse correre, James arrivò alla porta est quando il carico con i due restanti malviventi era stato già caricato nella loro auto ed in quel momento seppe che era inutile rincorrerli e Sam, senza che lui glielo chiedesse, si mise alla ricerca dei due e dell'importante carico che tenevano in costante movimento. Stufato rientrò nell'enorme magazzino, perdendo tempo a cercare indizi che, in un modo o nell'altro sarebbero serviti per la missione che stava seguendo, il resto della squadra sarebbe arrivato dopo e con leggera cautela arrivò fino alla parte dove ci sarebbe dovuto essere quel sottopassaggio che il compagno gli aveva detto via auricolare.

Tolse il lenzuolo stracciato, messo di fronte alla porta che una volta aperta, con leggera difficoltà, dava su delle scale e l'unica cosa ad essere vista era il buio, oltre al silenzio assordante che lo circondava ma di questo lui non si preoccupava minimamente. La luce che proveniva da sopra le scale gli diede la possibilità di vedere un'enorme cartina con numerosi segni e simboli, attaccata su quella che doveva essere una lavagna di legno. C'erano molte cose sottolineate, tra cui molti luoghi e di fianco a loro molte foto, persone con i loro rispettivi dati anagrafici, molte date per disperse e altre ancora morte, tranne per una. Sfiorò il foglio, staccandolo poi da quella lavagna e vide come l'immagine, nonostante fosse in bianco e nero, rifletteva la figura di una ragazza.

"Chi sei tu?"

Winterwitch One ShotsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora