27: L'inferno in terra

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La casa che vi trovò assomigliava a un campo di battaglia, mobili devastati, specchi frantumati, il muro era cosparso di sangue, camminò con la paura nel cuore, aveva pensato a qualche brigante che aveva cercato di derubare in casa sua, si ricrebbe quando vide sua madre genuflessa sulle sue ginocchia a terra con suo padre che le teneva saldamente le braccia, la pelle delle nocche era spaccata in più parti, gocce di sangue grondavano dalle mani scorrendo sulle braccia fino a cadere in una piccola pozzanghera li creatasi.
Quella donna non poteva essere più  sua madre, era simile a una bestia in cattività, quando i loro sguardi si incrociarono delle grida riempirono la stanza

"Puttana, sei solo una lurida puttana"
"Hai perso la tua verginità con un contadino, un morto di fame, ti devi solo vergognare"

La fanciulla rimase lì immobile, un incubo sembrò che la stesse perseguitando, ritornata in se volse lo sguardo a sua madre e gli sputò in pieno volto.
Polina in preda all'ira saltò sulla figlia schiaffeggiandola con una furia non di questo mondo, a nulla servì il soccorso di Saša che venne scaraventato a terra battendo la testa su di un mobile svenendo sul colpo

"Come hai osato farmi questo, tu carne della mia carne"

Mentre parlava continuava a picchiarla con un odio profondo (negli ultimi anni le crisi nervosi della donna l'avevan portata a convivere con dei raptus di violenza inaudita, che si placavano sol al sopraggiungere della stanchezza)
La tirò per i capelli è la trascino fino al secondo piano, la gettò nella sua stanza ove gli stracciò tutti gli indumenti gettandoli poi nel caminetto li presente

"Da oggi farai tutto ciò che ti impartirò, non ti recherai mai più da quel morto di fame"

"Madre te ne prego, non puoi farmi questo"

"Non lo vedrai mai più, un buon marito te lo troverò io, sarà un nobile con una cospicua fortuna così da poter rafforzare le nostre finanze"

Polina chiuse la stanza dietro di sé e lascio la figlia su quel pavimento di legno gelido, essendo conscia che Svetlana avrebbe disobbedito alla sua "legge" incaricò due braccianti della tenuta di seguila ovunque ella andasse e di "allontanare"  chiunque le si fosse avvicinata.
Quando Saša si riprese cercò la sua consorte per avere spiegazioni a ciò che era accaduto nella sua momentanea assenza, la trovò in soggiorno mentre raccoglieva i cocci della sua devastazione

"Polina ma cosa hai fatto?"

"Saša ciò non ti riguarda minimamente, sono io e soltanto io che debbo badare al futuro di nostra figlia"

"Stai errando, io sono suo padre è mio diritto decidere quale sia il suo bene"

Avvicinatosi all'uomo, Polina gli sussurrò nell'orecchio

"Rimani al tuo posto, poiché io so cosa hai fatto anni addietro"

Alexander non proferì più parola, sua moglie sapeva fin troppo bene i demoni che ogni notte gli venivano in vista, ella con la minaccia di raccontare tutte ai gendarmi ottenne il silenzio del povero uomo che non poté nulla innanzi a questa minaccia.
Nel buio di quella stanza, Sveta s'era raggomitolata su se stessa pur di prendere calore (visto che la madre oltre ai vesti aveva spento il camino e tolto ogni coperta da sopra il letto) pianse per tutta la notte, la sua paura più grande si stava palesando davanti ai suoi occhi, quella perdere il suo adorato Alyosha.

La sua epidermide divenne gelida al ribrezzo dell'uomo che sua madre avrebbe voluto al suo fianco, non voleva abbassare il capo avrebbe combattuto con tutta se stessa pur di essere libera di amare chi desiderava.

La giovane Svetlana Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora