18- ZERO PROTEZIONE

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Perché non abbassano la voce? Perché la gente deve urlare? Sto cercando di dormire, mi sento stanco, perciò vi prego di parlare più piano. Un attimo... chi siete? Perché indossate quelle ridicole mascherine? Sento la terra tremare... sarà perché state correndo.

«Il paziente è sveglio» urla una donna, nonché la stessa che mi poggia sul lettino insieme ad un tizio enorme e spaventoso. Ha uno sguardo che mette molta soggezione, ma non posso permettermi il lusso di lamentarmi: sono troppo impegnato a morire una volta per tutte.

«Per fortuna non hanno colpito i punti vitali» dice l'uomo, pigiando con estrema delicatezza i suoi polpastrelli vicino alle ferite. «I tagli sono profondi, ma almeno abbiamo bloccato la fuoriuscita di sangue» continua a parlare mentre prepara una siringa. Io lo spio con un occhio aperto e lui incrocia il mio sguardo. «Nanaba» dice, tornando a concentrarsi sui tagli che mi hanno inflitto.

«Si, dottore» la sua collega è sull'attenti e aspetta che le vengano dati degli ordini.

«Bisogna sedare il paziente. Pensaci tu, io preparo il necessario per la sutura» la donna annuisce e si fa passare la siringa.

Ah... quindi vivrò, non è così? E probabilmente tornerò in mezzo a quegli animali. Sarà all'ora che morirò. Percepisco l'ago bucarmi la pelle e improvvisamente ho di nuovo sonno. Mi abbandono a questa sensazione, non ha senso lottare per restare sveglio.

E di nuovo, vengo assalito da un mare di sangue. In sottofondo riesco a percepire le urla di James che chiede di fermarmi mentre io avanzo verso di lui, anche se ancora non lo vedo fisicamente. Sento solo il suo pianto disperato mentre percorro un minuscolo corridoio, il quale si allarga ad ogni mio passo. Diventa sempre più grande e la voce di James si fa sempre più lontana, fin quando non sparisce definitivamente.

Mi ritrovo in una stanza molto stretta e tutto intorno a me è nero. Non vedo nulla, per questo mi ritrovo a sbattere contro qualcosa di duro. Porto avanti le mani e tasto qualcosa di morbido: sembra un materasso. La luce si fa spazio dentro la minuscola stanza che riconosco come la mia cella e davanti a me c'è uno specchio rotto. Vedo il mio riflesso sorridermi ed io indietreggio: è un sorriso sadico che mette i brividi.

La mia schiena aderisce a qualcosa e due possenti braccia mi stringono la vita. «Guardati» mi ordina lo sconosciuto alle mie spalle. Non mi sembra di conoscerlo data la voce robotica. «Guardati» ripete ed io, senza fare domande, mi osservo allo specchio. L'Eren dall'altra parte di esso smette di sorridere e si gratta il collo, come se fosse a disagio. Il suo sguardo è fisso oltre la mia spalla e per questo provo a girarmi.

Dietro di me, in piedi e con due fossi scavati profondamente al posto degli occhi, c'è James: non so dire con precisione se mi stia guardando o meno. «È ora di ricambiare il favore, Eren» dice, alzando la mano con la quale tiene un coltello da cucina. Urlo mentre l'arma mi trafigge nei tre punti in cui sono stato colpito dagli aggressori della prigione.

Improvvisamente mi sveglio con il cuore a mille e il respiro affannoso. Come mai ultimamente continuo a fare sogni simili? Sospiro per cercare di calmarmi e mi guardo intorno: è ancora presto, eppure non riesco a dormire. Dentro la stanza non c'è nessuno, però la abat-jour sulla scrivania è rimasta accesa. Decido di scendere dal letto, ma più fitte di dolore si contrappongono tra loro, provocandomi un forte bruciore alle ferite. Ciò mi fa perdere l'equilibrio e cado a terra a peso morto. In stanza entrano di corsa una guardia e i medici di prima.

«Cosa pensavi di fare nelle tue condizioni?» mi chiede il dottore con tono severo. Mi affianca e prontamente mi prende in braccio, riadagiandomi delicatamente sul lettino. Mi fanno ancora male le ferite e purtroppo non riesco a nasconderlo. «Hai bisogno di riposo. Domani dovrai tornare alla tua cella» aggiunge. Ora che riesco a vederlo in maniera più nitida, scopro che ha due occhi magnetici che sembrano fatti di vetro e, abbinati al capello biondo, formano un vero e proprio uomo dal fascino invidiabile.

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