22- TRASFERIMENTO

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Zeke è stato trasferito. Non potrà più mettere piede in questo carcere fin quando non avrò scontato la mia pena. Lo avevano già avvisato che se avesse rivelato la sua vera identità, le conseguenze sarebbero state dure, infatti così è stato.

Dopo la sua confessione, l'odio nei miei confronti da parte dei detenuti è salito alle stelle. Se non fosse per Ackerman, in questo momento sarei morto. Tutti mi chiamano "il favorito delle guardie" perché queste ultime mi stanno trattando con più riguardo. Perfino Lucio, che era rimasto deluso dalla scoperta, ha mantenuto il suo comportamento premuroso nei miei confronti.

Ackerman, invece, è peggiorato: non mi picchia, ma mi tratta da schifo e mi violenta con più ferocia, rischiando quasi di rompermi qualche osso visto che sto diventando fragile per via della mia anoressia. Proprio per questo motivo, la mia divisa adesso è bianca; significa che sono un detenuto malato e che quindi ho del cibo speciale in mensa e un'ora e mezza d'aria. Non solo, mi danno anche delle medicine e, se peggioro, mi trasferiscono in un ambiente più consono alla mia situazione, come un ospedale scelto dal carcere. Il problema? Ackerman non me lo permetterà. Ha pure pagato una guardia per tenermi chiuso in cella.

Quando lui esce, le sbarre automatiche si chiudono nonostante sia giorno ed io rimango dentro da solo. Posso andare in bagno solo quando Ackerman fa ritorno e mi accompagna. Anche quando devo fare la doccia, lui la fa insieme a me per tenermi d'occhio. Non mi lascia solo al di fuori della nostra cella nemmeno per un secondo. È incazzato nero con me perché non gli ho detto che mio fratello era una guardia carceraria, ma come potevo rivelargli tale informazione? L'unica persona alla quale l'avrei detto perché so che mi ci posso fidare, era Armin - prima che mi tradisse - e nessun altro.

«Fai proprio schifo. Hai mai pensato di indossare una maschera per nascondere quel tuo viso scheletrico? Sai com'è, un po' di rispetto per chi sta mangiando» Jean penso sia la persona più schifosa tra noi; è da quando siamo in mensa, nella stanza privata di Ackerman, che non fa altro che prendermi in giro e offendermi per il mio aspetto. Ora si è messo a masticare vicino al mio orecchio. Mi allontano di scatto, appoggiandomi con entrambe le mani sulla spalla di Levi. «Che c'è? Ti fa schifo? Oppure hai paura delle persone che mangiano. Te l'hanno insegnato il verbo "mangiare", mi auguro»

«Jean» lo chiama il corvino, girandosi verso di lui. «Hai rotto il cazzo» gli dice soltanto e l'altro si zittisce, mettendosi composto. Perfino Armin sembra sollevato che abbia smesso. «E tu vedi di non toccarmi» questa volta si rivolge a me ed io mi stacco subito da lui. Guardo gli altri intorno a me che stanno per finire il loro pasto, mentre il mio ancora non l'ho toccato.

I vassoi degli altri sono di colore giallo, mentre il mio è bianco appunto perché è un pasto speciale: oggi ho bocconcini di pollo e verdura senza sale in quantità minime e uno yogurt senza zucchero. Ne prendo un pezzo e, come sempre, hanno un sapore orribile; non riesco mai a finirlo. A volte, mi limito a dargli un assaggio e poi basta. Ho la nausea proprio per questo, ormai il cibo mi fa questo effetto. «Se hai finito di cenare, andiamo via» interviene Ackerman, il quale mi sta fissando da un po', ormai. Non cerca nemmeno di farmi mangiare; in pratica, non gli importa più della mia salute. È un compromesso, visto che allo stesso tempo non vuole che io muoia.

Annuisco e lui si alza, andando verso l'uscita. Io lo seguo a testa bassa e, senza salutare, ci dirigiamo entrambi verso la cella, mentre i suoi uomini sparecchiano al posto nostro. Cammina davanti a me tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni. Ed ecco che torna la paura. Come già detto, ogni notte io vengo duramente violentato da Ackerman, ciò significa che tra meno di un ora, io sarò in preda al peggior dolore che un essere umano possa provare. Oggi, poi, sembra particolarmente su di giri. Penso perché non ha ancora trovato lo spacciatore che ha cercato di rubargli i clienti.

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