32- TROPPE DOMANDE

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Mi massaggio la testa mentre Yelena mi riporta in cella. Perfino lei sembra essere rimasta allibita dall'assurda richiesta di Dickinson. La cosa interessante è che lui ne abbia parlato tranquillamente, fregandosene della presenza di una guardia. A quanto pare, è talmente protetto che può benissimo evitare di farsi scrupoli.

Mentre parlava, sono stato costretto ad abbassare lo sguardo. Sentivo la sua rabbia trapassarmi il petto e torturare il mio stato d'animo; ho cominciato a provare delle sensazioni del tutto nuove nei suoi confronti. Avrei voluto eliminare quel sentimento che lo pervade, scacciarlo via realizzando la sua richiesta, ma non ho nemmeno capito cosa, effettivamente, abbia scaturito in me quella voglia di fare del bene a Dickinson.

«È molto semplice, mio caro Eren. L'unica cosa che ti chiedo di fare, è tagliare la gola a quel bastardo traditore»

Quelle parole non lasciano spazio ad altri pensieri. Mi gratto il collo, rimuginando su di esse. Al mio fianco, Yelena mi scruta sospettosa e impaziente che le dica qualcosa.

«Chris Carbone. Colui che ci ha traditi porta questo nome. Lo devi ammazzare per me, Eren. Penserò io a proteggerti, perciò muoviti liberamente. Non ci saranno conseguenze»

E invece ho come la sensazione che mi succederà qualcosa, dopo. Ma non so se possa essere una conseguenza positiva o negativa.

«Lo ucciderai, non è così?»

Non lo so... davvero, non lo so...

«Immagino non sia un problema sporcarsi ulteriormente le mani di sangue, dico bene?»

Io non sono un assassino. Le mie precedenti azioni potrebbero dimostrare il contrario, ma in realtà non ho mai voluto fare del male a nessuno.

«Hai quattro giorni per pensarci. Puoi anche non accettare»

Eppure sento di essere costretto a farlo. Anzi, sembra quasi che dentro di me io voglia aiutare veramente Dickinson, ma perché?

«Buon Natale, Eren»

«Jaeger» la voce di Yelena mi distrae, facendomi tornare alla realtà. Mi giro a guardarla e noto di essere davanti alla mia cella. Intravedo Levi sdraiato sulla mia branda, immerso nel sonno. Perché si è messo lì? Che mi stesse aspettando? «So che probabilmente mi mentirai, ma...» si ferma un attimo, guardando anche lei il detenuto addormentato. «Cos'hai intenzione di fare con Carbone?» domanda infine.

Mentre il silenzio torna a essere padrone, osservo con più attenzione l'uomo sdraiato su un fianco; ha una parte del braccio sotto il cuscino, mentre l'altro (come il resto del corpo) è nascosto sotto le coperte, le quali si alzano e si abbassano a ritmo del suo fievole respiro.

Annoto ogni piccolo particolare nella mia memoria, come se avessi intenzione di ricordare a lungo quest'immagine.

Yelena è ancora in attesa di una risposta, ma questa non arriva.

Congedo la guardia senza dire nulla, semplicemente scuotendo la testa ed entrando in cella. Ignoro il suo sguardo suscettibile e mi accuccio davanti a Levi, il quale sembra stia dormendo profondamente. Una volta del tutto soli, opto per abbassare il lenzuolo e avere un pò di privacy. Perfino le luci sommesse del corridoio mi danno fastidio, al momento. Ho bisogno di pensare.

«E cosa più importante, non farne parola con nessuno. Né della nostra conversazione, né del nostro patto»

Dickinson ha detto così e penso che abbia ragione; non posso permettermi di coinvolgere persone a me care, anche perché potrebbero decidere di aiutarmi. Se venissimo scoperti, a pagarne le conseguenze dovrei essere solo io, non anche loro. Il problema è non farsi scoprire. Levi ha pur sempre quelle dannate guardie del corpo che ci seguono ovunque, pertanto non avrei modo di restare da solo nemmeno per un secondo. Ammazzare un detenuto non è semplice tanto quanto andare al bagno. Potrei usare la scusa di aver ricevuto una visita, ma in quel caso dovrei coinvolgere una guardia.

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