34- DOCCIA DI SANGUE

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«Sparisci frocetto»

In quel momento, Carbone usò un tono alquanto irrispettoso e ciò mi fece provare ira. A dir la verità, non è che normalmente mi desse fastidio; dopotutto sono abituato ad essere insultato con certi nomignoli, ma si vede che la situazione in cui mi trovavo ha scatenato in me una rabbia ansiosa tale che mi portò ad impugnare il pezzo di vetro.

Lo ammazzo, lo ammazzo, lo ammazzo!

Al momento trovo che sia l'unica cosa che conti veramente.

Gli salto addosso con in mano la mia arma e con la punta di essa lo trafiggo sulla gamba, facendo si che cadda a terra. Dopodiché mi metto cavalcioni sulla sua pancia e inizio a infilzarlo sul petto, sulle spalle, sul collo e in faccia.

Gli schizzi del suo sangue mi macchiano la pelle, i vestiti... l'anima.

Il pezzo di vetro affonda in lui facilmente, facendo anche uno strano rumore che però percepisco appena. In questo momento sono troppo preso dal vederlo soffrire. Eppure, dovrebbe essere vicino al limite.

Continuo a trafiggerlo, come se ciò servisse a sfogare tutto lo stress fin'ora accumulato. Non vorrei sembrare uno psicopatico, ma la cosa mi sta piacendo. Ho la mente più libera, ma resto incazzato per le sue offese nei miei confronti e in quelli di Levi.

«Non osare chiamarci "froci", razza di traditore bastardo!» gli urlo addosso, afferrandolo successivamente per il collo. Faccio pressione su di esso e l'uomo, ormai in fin di vita per le eccessive ferite, boccheggia. Sembra un pesce in cerca d'aria.

Un pesce che presto diventerà preda del pescatore.

Con il vetro lo colpisco in un occhio, cavandoglielo subito dopo. Non mi fa senso, anzi: sono particolarmente soddisfatto.

Ulteriore sangue fuoriesce dalle nuove ferite inflitte e nel momento in cui realizzo che è morto, decido di fermarmi. Non è il momento di fare il pazzo assassino che gioca con le proprie vittime.

Mi alzo dal corpo del cadavere, preoccupandomi di non pestare il sangue, e dopo qualche saltello raggiungo la porta. Busso sei volte come mi era stato detto ed essa si apre lentamente.

Yelena fa la sua entrata nel bagno e, a giudicare dal suo sguardo inorridito quando mi vede, deduco di non avere un bell'aspetto. «Ci hai messo meno del previsto» dice, rivolgendo subito dopo lo sguardo in direzione del cadavere. La sento sussultare, ma poi si ricompone subito. «M-molto bene» dice, raddrizzando la schiena. «È chiaro che hai qualche rotella fuori posto, ma resterà un nostro segreto. Torna in cella da solo» sembra intimorita dalla mia presenza, perciò ignoro il piano ed eseguo l'ordine.

Dopotutto, anche io mi faccio paura.

«Dove vuoi andare ridotto così? Cambiati prima» Yelena mi porge un sacchetto con dentro una divisa pulita. Quando se l'è procurata? Vorrei chiederglielo, ma quella donna sembra avere sempre un asso nella manica. «L'avevo nascosta qui» aggiunge. Penso abbia capito i miei dubbi a riguardo.

«Oppure sei solo una strega capace di far apparire oggetti a caso» sussurro tra me e me. La donna ignora il mio borbottio e si accuccia davanti a Carbone, studiando le sue ferite.

La mia camicia è inzuppata di sangue, come la canotta sotto. Vorrei potermi fare una doccia, ma non c'è tempo. A breve tutte le celle verranno chiuse e se mi vedono tornare senza Yelena, si insospettiranno. Mi vesto svelto e dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla mia vittima immersa in un bagno di sangue, esco.

Cammino svelto lungo il corridoio, notando un gruppo di guardie davanti alla cella di un detenuto ammanettato. Penso sia questa l'opera di Yelena. Aumento il passo per non farmi vedere, scendendo le scale due gradini alla volta. Quando finalmente arrivo alla mia cella, fortunatamente ancora aperta, mi ci infilo dentro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 12, 2022 ⏰

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