33- PRESTO SARÀ TUTTO FINITO

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«La morte giunge da ogni angolo, non si può prevenire e di certo non gli si può sfuggire» la voce dell'uomo sembra essere adirata, ma la sua espressione non rivela nemmeno l'ombra di qualche emozione. «Probabilmente ti sentirai spaesato quando ella ti abbraccerà, portandoti via con lei»

Una mano mi si poggia sul ginocchio, stringendolo. «Eren, come ti sei sentito quando sei stato scelto per interpretare la nostra morte?»

Mi domandò James, toccandosi il petto lacerato dalla lama di un coltello, mentre alle sue spalle Carbone mi fissava dritto negli occhi.

Mi sveglio di soprassalto, drizzando schiena e respirando a fondo, come se prima fossi in apnea totale.

Levi, che intanto era rimasto al mio fianco tutta la notte, per la sorpresa sbattè la testa contro il muro ed emise un lamento sommesso.

È notte fonda, i battiti del mio cuore sono gli unici rumori a rompere il silenzio intorno a noi. Non riesco a trattenere le lacrime, quindi mi asciugo gli occhi ancor prima che escano.

«Cazzo» sussurra l'uomo alle mie spalle. Il letto cigola e capisco che si è spostato, infatti me lo ritrovo a fianco; il viso oscurato e perfettamente immerso nel nero della notte. L'unica luce che si può percepire è quella nella sala di controllo delle guardie qualche cella più in là, ma è fievole e il lenzuolo la copre quasi perfettamente.

All'esterno il vento soffia, provocando lo spostamento e la rottura dei rami degli alberi. Sembra quasi che stiano urlando, impotenti sotto la forza di colui che sta dando loro la peggiore delle torture. Ed io mi sento così simile al vento adesso; ho ammazzato un uomo perché mi sentivo infelice e sto per rifare lo stesso sbaglio a distanza di pochi mesi.

«Va tutto bene, Eren?» domanda Levi alle mie spalle sfiorandomi la mano con la sua nel tentativo di afferrarla. Ma io sono così perso a guardare il vuoto da non riuscire a sentire quel tocco come vorrei.

«È tutto ok» mento, girandomi a guardarlo nonostante la penombra. «Solo un brutto sogno» mi strofino gli occhi ancora umidi e mi sdraio sul materasso, fissando la rete del letto sopra il mio.

Levi è presto al mio fianco; mi accarezza una guancia, tracciando un piccolo cerchio con il pollice, dopodiché passa alle labbra, dove poggia le sue in un dolce e delicato bacio a stampo. «Non devi temere per gli incubi. Sono solo delle fantasie create dal nostro subconscio» sussurra, lasciando altri baci sul mio collo.

Il mio cuore manca un battito e all'improvviso mi sembra di stare già meglio. Come se tutte le mie preoccupazioni fossero state spazzate via da quei semplici gesti da...

«Levi...» lo chiamo all'improvviso, pervaso da quel meraviglioso sentimento al quale posso finalmente dire di aver dato un nome.

«Dimmi» ho la sua completa attenzione, ma mi sembra quasi che lui già sappia cosa voglio dirgli.

«Tu mi vorrai comunque, vero?»

"Anche se ucciderò un'altra persona?" avrei voluto aggiungere, ma mi sono limitato a restare vago.

«Qualunque cosa accada» risponde con espressione tremendamente seria: è sincero, non sta mentendo.

Trattengo ulteriori lacrime e gli afferro il volto, riversando tutta l'ansia e la paura che fin'ora ho provato in un bacio che definirei quasi violento, data la foga che entrambi mettiamo in esso, come a volerci assaporare, se non divorare quasi.

Ho bisogno di lui, ho bisogno di sentirmi parte di qualcuno, e voglio che quel vuoto lasciato dalla persona che ho precedentemente amato sia colma di lui, di Levi, dell'uomo al quale ora non so rinunciare.

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