19- SENSI DI COLPA

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Dopo quel momento, Zeke ha ritenuto che fosse necessario smettere di parlarci per un po'. Ovviamente ho accettato questa condizione, eppure ora me ne pento; lui è l'unico che può farmi stare bene in un momento come questo. Mi nascondo il viso con le mani, cercando di scacciare via ogni preoccupazione.

Nonostante Ackerman sia sparito, sono rimasto nella solita cella, ormai perennemente vuota e silenziosa. Eppure, le sue cose sono ancora qui.

Mi alzo in piedi a fatica per via delle ferite: ormai sono tre giorni che me ne sto sdraiato a letto e, stranamente, nessuno ha tentato di uccidermi o di farmi del male. Non so come, ma la cosa non mi piace. Ci deve essere qualcosa sotto, però preferisco non gufarmela e continuare a farmi gli affari miei.

Guardandomi allo specchio, noto di essere dimagrito un altro po', però non è poi cosi visibile come lo sono le mie occhiaie. Purtroppo, quegli incubi non mi permettono di riposare in santa pace, tantechè ho passato tutta la notte precedente a guardare la rete del letto sopra il mio. Il suo letto. Non so cosa pensai in quel momento, ma ricordo che la testa aveva iniziato a pulsare.

Giocherello con un ciuffo di capelli e sbuffo. Dovrei lavarli, ormai sono giorni che non mi faccio una doccia per paura di venir attaccato di nuovo. Le ferite stanno lentamente guarendo grazie all'infermiera che sostituisce la dottoressa Zöe, ma fanno ancora molto male e non ho le forze di proteggermi da un possibile aggressore. Tanto, puzzare non lo ritenevo qualcosa di orribile; fino ad oggi.

Sospiro, promettendomi di lavarmi una volta finito il libro che stavo leggendo. Indosso le scarpe da ginnastica senza lacci, la canotta e la camicia, per poi dirigermi a fatica verso la biblioteca. Ancora non cammino bene, però non ho nulla di cui vergognarmi. Sono sopravvissuto ad un attentato omicidio e mi reggo ancora in piedi; è già qualcosa.

Non appena entro nella stanza occupata da una decina di librerie piene di libri, noto che c'è una certa calma. Questo posto non viene frequentato molto, a quanto diceva Levi, eppure trovo che sia una specie di paradiso in questo inferno. Un luogo dove posso far vagare la mente e sognare ad occhi aperti. Non è la prima volta che vengo qui, però assumo sempre quell'espressione da ragazzino felice e spensierato, come se non ci fossi mai entrato.

Passeggio tra i vari scaffali, accarezzando i dorsi rovinati dei libri e sfogliandone qualcuno. Non sono divisi in reparti, perciò mi ritrovo a dover leggere le trame per sapere se parla di storie d'amore, di misteri da risolvere, di fatti storici o di mostri spaventosi. Ci vorrebbe un po' di ordine, a mio parere. Perfino io non so dove sia il mio libro che avevo lasciato al vecchio detenuto che si occupa di questo posto.

Improvvisamente, il silenzio viene sovrastato dal rumore della porta che si apre e di passi svelti. Qualcuno grugnisce e sussurra qualcosa, dando vita ad una conversazione fatta a bassa voce con altre persone.

Spero non siano qui per uccidermi - non lo reggerei - per questo decido di afferrare un libro a caso e dirigermi verso la porta che mi condurrà all'uscita. Nel frattempo, però, mi ritrovo ad ascoltare la loro conversazione che, probabilmente, è privata. Non appena svolto l'angolo alla fine dell'ultimo corridoio di librerie, noto che davanti alla porta ci sono due omoni tutto muscoli e un terzo un po' gracilino ma più alto degli altri.

Nascondo il viso dietro il romanzo preso a caso e provo a non passare inosservato, ma con mia grande sfortuna, i tre individui si avvicinano a me e mi circondano al muro. Oddio, spero non abbiano brutte intenzioni. «Tu sei Eren Jaeger, dico bene?» dice uno di loro, afferrando l'oggetto che avevo in mano e lanciandolo da qualche parte. No, no, no, merda!

La prima cosa che mi viene spontaneo fare è scuotere la testa, senza guardarli negli occhi, ma ovviamente nessuno crede alla mia bugia. «È stato più facile del previsto. Che ti dicevo, William?» il ragazzo alto fa un ghigno, rivolgendosi all'amico che precedentemente aveva parlato, il quale annuisce come soddisfatto.

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