29- UN NUOVO ACKERMAN

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Ackerman mi tratta coi guanti da quando sono tornato sotto la sua protezione: mi aiuta a mangiare, a vestirmi, a farmi la doccia lavandomi con cura e attenzione, mi pettina i capelli e mi sta sempre vicino. Dopo circa una settimana, sono tornato a camminare (anche se male) e tutto grazie ad Armin che mi ha aiutato con la riabilitazione.

Jean non mi prende in giro, anzi, non mi rivolge proprio più la parola da quando ha notato il cambiamento del temerario Levi Ackerman con me nei paraggi. Armin dice che al suo ragazzo da' fastidio il fatto che una puttana come me sia stata in grado di cambiare un uomo che da tutti era stimato, trasformandolo in un badante o peggio; in una mammina protettiva.

Non sono in disaccordo con il suo ragionamento, ma ciò non significa che lui abbia ragione. Sono consapevole che Ackerman sia radicalmente cambiato da quando sono tornato, ma ciò non significa che, nel profondo, lui fosse sempre stato così. Magari non ha mai avuto motivo di sprigionare questa parte di sé.

Però sarò sincero: apprezzo tutte le attenzioni che mi rivolge. È uno dei motivi del perché sono tornato da lui. Sapevo che Ackerman stava cambiando, l'ho capito da quando mi sono schierato dalla parte di Dickinson e notavo in lui un mutamento di espressione quando gli passavo accanto. Era determinato a rivolermi, tanto da promettermelo.

Non dico di aver fatto bene a tornare, purtroppo questo non lo penso appieno, ma sono invece convinto che sia nato un nuovo Ackerman in questo carcere. Ed è esattamente colui che al momento è seduto al mio fianco.

«Dovrei andare in bagno» dico all'uomo, attirando la sua attenzione che in principio era rivolta ad un paio di detenuti in collera tra loro. Annuisce e si alza in piedi, porgendomi una mano per aiutare ad alzarmi, ma io ci riesco benissimo da solo.

Ciò che non è cambiato, però, durante questa settimana, è la mia inespressività. Non sono ancora riuscito a sorridere o a piangere o ad arrabbiarmi per tutto questo tempo, e la cosa ha allarmato sia Ackerman che Armin. La dottoressa Zöe sostiene che durante il mio periodo di isolamento, io abbia subito un trauma che purtroppo si prolungherà per molto tempo, rendendomi immune a qualsiasi sentimento od emozione.

Ovviamente, ci vorrebbe come un miracolo per riuscire a farmi provare di nuovo qualcosa, perciò non tutte le speranze sono morte.

«In piedi o seduto?» domanda il corvino, distraendomi da quei pensieri legati al passato. Non mi ero nemmeno accorto di essere già arrivato al bagno e di avere anche i pantaloni calati.

Osservo in basso, pensando a come rispondere, ma poi mi giro dandogli le spalle e fronteggiando il gabinetto. Lui intuisce la mia muta richiesta di aiuto e quindi fa aderire i nostri corpi, abbracciandomi da dietro per tenermi dritto. Sono tornato a camminare, ma da fermo non ho ancora riacquisito l'equilibrio.

Per un attimo ho come la tentazione di afferrare le sue mani e appoggiarmi completamente a lui, ma non mi fido. Potrebbe non reagire molto bene e pensare che stia solo fingendo di stare male. Potrebbe succedere davvero...

«Ho fatto» lo avverto e lui si preoccupa di ripulirmi e rivestirmi. I suoi scagnozzi ci tengono costantemente d'occhio su ordine di Ackerman.

Ovviamente, non vengo nemmeno più usato come contenitore per introdurre la droga in carcere. Adesso ci pensa un nuovo detenuto che, come me, aveva l'unico e solo desiderio di avere protezione. È un ragazzo carino e gentile, ma da quello che so è geloso di come il suo capo si dedichi a me. Magari spera che un giorno io venga dimenticato e che lui diventi la nuova puttana del padrino del carcere.

Mentre torniamo nel largo corridoio, risuona fuori dall'edificio un tuono assordante a tal punto che riempie i miei timpani con il suo forte ruggito. Scaturisce in me un tremolio e una sensazione di paura che mi fa quasi cadere, ma per fortuna Ackerman mi afferra scaltro, aiutandomi a restare in piedi. Finalmente ho provato qualcosa dopo diverso tempo.

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