Falling, shatter

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If I try to touch her
I bleed
and I breathe,
I breathe no more

Akiko's pov

Mancavano appena due settimane a Natale, e Musutafu era sommersa dal nevischio e dalle lucine.
Le decorazioni strabordavano da ogni angolo e per le strade si respirava esclusivamente il profumo zuccheroso dei dolci natalizi.
Nella piazza del parco principale era stato addobbato un albero che doveva essere alto quanto l'edificio della biblioteca, e i rami dei sakura erano stati sotterrati da batuffoli di neve che si confondevano con i primi germogli di fioritura e riflettevano le luminarie che ingombravano il viale, quasi alla pari delle coppiette che passeggiavano tenendosi per mano affrettandosi per accalappiarsi una foto romantica sotto l'abete.
Anche in casa Uchiha si respirava profumo di biscotti e cioccolata calda. Sembrava che durante il corso dell'anno zio Takashi non aspettasse altro che le giornate in cui avrebbe potuto impadronirsi della cucina e sfornare omini di pan di zenzero glassati, e, nonostante l'esperienza degli anni precedenti, continuava irrimediabilmente a bruciacchiare gli arti di quelli della prima teglia infornata.

-<<Reiko! Vuoi farmi spezzare l'osso del collo?!>> urlò zia Yuki al gatto salendo gli ultimi gradini che dal garage conducevano al primo piano.
La gatta sfrecciò soffiando oltre la porta accanto alla cucina premurandosi di sfregare il pelo grigio e ritto sul dorso contro la caviglia di Yuki, che sbucò dallo stesso punto subito dopo di lei con due scatoloni tra le braccia. Avevano l'aria di essere abbastanza pesanti, tanto da farmi chiedere come avesse fatto a non ruzzolare per le scale nel tentativo di portarli su.

Yuki si soffiò via dal viso un ciuffo argenteo che le era ricaduto davanti agli occhi plumbei mentre si dirigeva verso il soggiorno, le guance tutte arrossate per l'affanno le conferivano un grazioso contrasto con il complesso niveo che era la sua persona.
Poi abbandonò di peso i due scatoloni che atterrarono tintinnando accanto ad un altro paio della medesima grandezza. Qualcuno era più usurato degli altri soprattutto attorno agli angoli e sulla parte superiore, dove il nastro adesivo veniva strappato ogni anno per tirar fuori le cianfrusaglie, e riattaccato qualche settimana dopo quando le stesse venivano riposte nei cartoni che le contenevano.

-<<Ogni anno la stessa storia>> Takashi spuntò fuori dalla cucina scuotendo la testa e con un buffo grembiule a tema natalizio legato attorno ai fianchi.
Si avvicinò a sua moglie con una finta espressione di disappunto in volto, poi non resistette a contenere un dolce sorriso, solo per lei, e le stampò un bacio sulla guancia colorita.

-<<E ne manca ancora uno>> disse Yuki. Si scostò le ciocche candide lontano dal viso con una mano, prima di riporla insieme all'altra sui fianchi, mentre si guardava attorno decidendo dove applicare quelle luci, e dove quelle ghirlande, e valutando se quel vischio sarebbe stato perfetto sotto quel lampadario o quell'altro, e quali addobbi sarebbero stati più consoni da applicare alla scala per il piano superiore...

-<<Tranquilla, ci penso io, zia Yuki>>

-<<Oh, grazie tesoro>> mi rispose distrattamente, tornando a osservare la stanza con le sopracciglia corrugate per la concentrazione.

Scesi i primi gradini della scala per il garage mentre coglievo un rapido "Fa' attenzione" nelle voci di entrambi i miei zii.

Giù, quella che tempo prima doveva essere stata una cantina, non aveva più niente a che fare con essa.

Improvvisamente ricordai com'era stato il fatidico ''scendere giù in cantina'' che aveva assalito gli incubi della mia infanzia.
Ogni volta che papà mi mandava laggiù a prendere qualcosa -la paraffina, il suo paio di stivali per andare a pesca, la sua bottiglia di vino preferito, la lampadina di ricambio-, ricordai, era sempre un impiastro. Odiavo scendere in quel posto buio della mia vecchia casa: dovevo tastare le pareti alla ricerca dell'interruttore e anche una volta premuto, sembrava che le leggi della fisica sulla velocità della luce, lì non fossero valide.
E solo al pensiero, ci potevo giurare, riuscivo a sentire nelle narici l'odore di usura e naftalina che rivestiva gli scaffali legnosi, lo stesso che-

Why won't you show yourself? [ITA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora