Reimagined - Parte I

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I got these questions always running through my head

So many things that I would like to understand

La luce della nuova lampadina da tavolo illuminava l'intera superficie della scrivania addossata alla parete più bassa della mia camera, appena un metro sotto il soffitto spiovente. I miei zii erano stati più che entusiasti di darmi un posto più comodo sul quale dipingere o disegnare, non avevano perso tempo e mi avevano procurato immediatamente un piano sul quale, tra le prime macchie di colore a guastare il legno lucido e pulito, avevo appena buttato giù uno schizzo di paesaggio islandese sotto una formidabile aurora boreale di colori acrilici. Ero piuttosto soddisfatta della tenda da campeggio che ero intenta a dipingere nella neve con pennellate stese quasi al ritmo malinconico di una canzone grunge che tuonava nelle cuffiette, quando mi resi conto, tra uno stacco e l'altro, che in sottofondo c'era uno strano rumore a stonare. Mi sfilai in fretta un auricolare e dopo due ore di musica ininterrotta, il silenzio giunse ovattato al mio udito assieme ad un fastidioso ronzio. Feci una smorfia alla sensazione irritante che si era appena aggiunta alla scocciatura della concentrazione che avevo ormai perso e del lavoro interrotto, quando all'improvviso sussultai a causa un rumore sordo che rimbombò nella quiete come se fosse stato un temporale notturno. Dietro di me, qualcosa di incredibilmente solido stava sbattendo contro il vetro della finestra. Impossibile pensare che i rami dell'albero appena sotto la mia finestra giù in giardino potessero causare un simile frastuono, nonostante avessi già sperimentato nelle nottate più ventose quanto fossero in grado di risuonare ansiogeni, come se fossero dita ossute di scheletri ambulanti che raschiavano il vetro per entrare dentro. Sarebbe stato terrificante ed allo stesso tempo esilarante se fosse accaduto anche questa notte, trentuno di ottobre, Halloween. Non ero fuori a festeggiare o divertirmi, ma mi stavo rilassando.

Tac...tac...

Nell'oscurità del resto della camera, fuori dallo stretto cerchio luminoso della lampadina, la sveglia sul comodino lampeggiava sul display lo stesso numero ripetuto per quattro volte, indicando che il giorno si sarebbe ufficialmente concluso da lì a un'ora e mezza circa.

Ci fu un altro tac mentre mi alzavo e muovevo veloce un paio di passi verso la finestra, così che ora, abbastanza vicina all'origine del suono potei capire che quello che aveva appena colpito per l'ennesima volta il vetro della mia finestra era un dannatissimo ciottolo. E un altro ancora. Rigorosamente sradicati dal sentiero di casa della vicina, la vecchia signora Kuratake, che perdeva un gatto al mese e ne ritrovava puntualmente due dopo aver tappezzato l'intero quartiere di volantini. Forse era questa la ragione per la quale ogni qualvolta la si incontrasse, quando alzava il braccio e sventolava la mano in un saluto educato dal fondo della sua borsetta rossa risaliva il tintinnio di scatolette di cibo per gatti che cozzavano tra loro.

Tac e un ultimo sassolino attecchì con un tale fragore che temetti potesse frantumare il vetro piuttosto che semplicemente scheggiarlo come era ormai sicuramente già successo.

Accidenti a te Kyoka, pensai mentre nel chiarore lunare riflesso nel giardino sul retro riconobbi la sua sagoma e l'inconfondibile blu dei suoi capelli. Feci scorrere velocemente la metà inferiore della finestra verso l'alto prima che le venisse in mente di buttarla giù a sassate e mi affacciai con l'intenzione di lanciarle in testa il vaso della mia pianta carnivora nell'angolo del davanzale, ma prima che potessi concretizzare il desiderio, mi accorsi che non era sola. Due sagome, una più alta dell'altra, la affiancavano su entrambi i lati: riconobbi l'acconciatura di un paio di tonalità più chiara della mia come appartenente senza dubbio a Mina Ashido; dall'altra parte un groviglio folto di capelli dal colore vivace quanto quello degli occhi che mi stavano fissando divertiti, mi confermò che si trattava di Eijiro Kirishima.

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