Fear of becoming

433 23 41
                                    

Akiko's pov

Quella sera mentre tornavo a casa, mi sentivo più leggera.
La brezza autunnale di fine settembre mi aveva solleticato la nuca scoperta per tutto il tragitto: mi ero trattenuta fuori più a lungo dei giorni precedenti, un po' perché era un sabato, un po' perché un po' di svago mi sembrava legittimamente meritato in quel momento, dopo una settimana piena di studio da recuperare; e un po' perché la compagnia di Bakugo si era rivelata stranamente piacevole ed il tempo passato assieme era volato via in un attimo.
Perciò a quell'ora della sera, quando l'aria si raffreddava, non era il massimo girovagare per la città con addosso solo la giacca leggera dell'uniforme scolastica, per niente in grado di difendermi dalle fresche folate di vento che di tanto in tanto si trascinavano con sé le foglie secche atterrate sui cigli delle strade; a dire il vero ero così distratta da non sentire la frescura che mi avvolgeva le spalle, piuttosto la mia mente si perdeva dietro gli sprazzi di luce dei lampioni che illuminavano le strette vie prima di essere inghiottiti nell'oscurità dei vicoli.
O ancora, il mio sguardo si soffermava sulle finestre delle case che costeggiavo, guardavo dall'esterno le luci delle stanze che si accendevano o spegnevano, e mi piaceva immaginare quale parte della casa fosse, o cosa stesse facendo chi ci abitava.

E poi una luce al neon dietro i vetri alti di una porta automatica di un garage, segnalò "casa mia": sicuramente zio Takashi era laggiù ad accordare la chitarra a cui la sera prima era saltata una corda interrompendo sul più bello la sua jam session.

Il rapporto con i miei zii che ormai erano diventati la mia nuova, sola famiglia, si stava consolidando, e non era stato difficile.
Eravamo molto simili, anche se zia Yuki era molto protettiva nei miei confronti -perché ora ero sotto la sua responsabilità, diceva-, la presenza di zio Takashi la rendeva spesso più permissiva.
Inoltre, cosa a cui non ero affatto abituata, cercavano di coinvolgermi nei loro hobby, nelle loro serate e soprattutto nella loro vita, e mi piaceva moltissimo farne parte.
Mi sembrava di tornare bambina, in un periodo indefinito di cui conservavo ricordi felici soprattutto con mamma e con loro, che venivano spesso a casa nostra anche appena trasferiti, ed ogni volta ero fiera di far ascoltare ad un vero musicista quale era lo zio (che ai tempi era spesso impegnato a tenere diversi live nei paesini limitrofi), i progressi che avevo fatto a lezione di pianoforte ed i pezzi classici che man mano imparavo.

Sorrisi pensando alla scuola di musica: finalmente vivere in una famiglia come quella che era la mia aveva ottenuto il secondo punto a suo favore, riflettei.
Il primo naturalmente era l'aver preso lezioni di arti marziali, ovviamente sotto prescrizione paterna, poiché far parte di una famiglia d'alto rango significava dover seguire fin da bambina un corso diverso per quasi ogni giorno della settimana.
Ci volevano tradizionalmente colti, addestrati ed obbedienti, ma questa tattica non aveva mai funzionato con me, che ero da sempre stata una bambina ribelle nei limiti delle mie capacità.

Per esempio, odiavo da morire le lezioni di danza classica del venerdì che puntualmente ero costretta a frequentare, almeno finchè un venerdì della mia infanzia, tornata dall'ennesima frivola lezione decisi che la soluzione risedesse nell'appiccare il fuoco allo stupido tutù in tulle rosa gettandolo nel grande camino acceso in salotto sotto gli occhi di mia madre. E parve funzionare, perchè in qualche modo subito dopo l'accaduto riuscì a far desistere papà dalla sua idea.

Invece, le lezioni di disegno e di pianoforte erano le mie preferite, tanto da diventare passioni a cui crescendo ero rimasta fedele. Avevo abbandonato il karate per una sorta di tacita vendetta nei confronti di mio padre quando ormai non aveva più potere decisionale sulle mie scelte di vita, convertendomi al taekwondo, arte marziale coreana. Questo mi aveva altamente preparato nel fronteggiare gli avversari nel combattimento corpo a corpo, poiché di solito la maggior parte di loro era abituata ad uno stile giapponese, e questo celato vantaggio mi rendeva fottutamente felice. Per il resto avevo fatto dell'arte e della musica praticamente la mia vita, o almeno, l'unica altra via di fuga, oltre alla lettura. E finire in una famiglia con due artisti -un aspirante rockstar che lavorava in un negozio di strumenti musicali, ed una pittrice che gestiva una galleria d'arte a Tokyo- mi aveva praticamente stravolto la vita, in meglio.

Why won't you show yourself? [ITA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora