Call me when you're sober

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Akiko’s pov

-<<Non abbiamo ancora finito?>> chiesi in tono di supplica, lo stomaco che brontolava dalla fame.

-<<Non ancora>> disse Kyoka in quella che sembrava una spiacevole considerazione, e si apprestò a raggiungere Mina. Le borse della spesa le sbattevano contro le caviglie sottili ad ogni passo, ma sembrava che la sua attenzione fosse tutta circoscritta alle ciocche della frangia che continuava a soffiarsi via dal volto.

Il centro commerciale sembrava più luminoso quella mattina, forse era solo a causa delle decorazioni natalizie che erano state smontate e sostituite da quelle più sobrie tradizionali di Capodanno: al posto dei pini addobbati, i corridoi dell’edificio erano tempestati da shimekazari di ogni colore e accanto all’entrata di ogni negozio spiccavano piantine di felci.

Erano state quattro ore e mezza molto intense. Fare shopping con Mina era intenso.
Aveva l’abitudine di sostare in un qualsiasi negozio per il doppio del tempo necessario, ed era d’obbligo setacciare tutti quelli di cui trovava interessante la vetrina. E per il momento erano stati solo ventitrè.

Era davvero incredibile che nonostante fossi notevolmente allenata, i muscoli degli avambracci tirassero sotto l’inconcepibile peso delle borse della spesa, neanche fossero stati degli elastici.
Dopotutto si poteva dire che avessimo quasi svaligiato il supermercato.
Mina in persona aveva stilato una lista dell’occorrente per preparare la cena di Capodanno, e sfamare l’intera 1A sarebbe stato certamente un lavoraccio, costoso e impegnativo, ma qualcosa mi suggeriva che la ragazza si fosse un po’ lasciata prendere la mano. Insomma, per esempio non erano affatto necessarie quelle sei confezioni di panna spray!

Ovviamente il cibo non era tutto ciò che aveva intenzione di acquistare, sebbene fosse perlomeno l’unica cosa che occorreva per organizzare una festa il giorno dopo, perciò io e Kyoka avevamo dovuto scortarla in tutti i negozi del secondo e terzo piano, fino alle tende dei camerini dove avrebbe provato vestiti che non avrebbe poi comprato. A niente erano servite le nostre suppliche, nemmeno quando l’ora di pranzo era passata: Mina sembrava non soffrire la fame. E come biasimarla? Aveva quasi prosciugato il piccolo stand che offriva mochi nella hall del centro commerciale.

-<<Mancano ancora le decorazioni!>> esclamò.

-<<Mina! A nessuno frega niente delle decorazioni!>>

Kyoka aveva la tendenza a perdere il controllo delle emozioni quando era affamata, a differenza di me che preferivo rimanere in silenzio e non lamentarmi davanti a certe questioni. 

-<<Ma come puoi dire una cosa del genere! Bisogna creare l’atmosfera adatta, è una festa! E-… oh, scusatemi un secondo>>
Il cellulare aveva preso a squillarle ad un volume irritabilmente alto che aveva richiamato l’attenzione degli altri clienti che attraversavano accanto a noi il grande corridoio. Si immobilizzò lasciando cadere con poca grazia le buste che stringeva tra le dita, e quando atterrarono contro il pavimento sperai che le confezioni di uova e i vasetti di marmellata non si trovassero lì dentro.
Con un gesto veloce si cacciò il cellulare fuori dalla tasca posteriore dei jeans e rispose alla chiamata allontanandosi di qualche passo. 

Scambiai un’occhiata con Kyoka: stavamo davvero pensando di lasciarla lì e scappare da lei?

Fortunatamente -o forse no- tornò dopo pochi secondi.

<<Era mia madre>> sbuffò. <<Devo tornare a casa>> 

Sua madre era una radiologa sul punto di fare tardi per il suo turno di lavoro. E aveva appena rimproverato Mina accusandola di essere la ragione del suo ipotetico ritardo: non avrebbe potuto lasciare a casa da sole le sue sorelline minori, quindi doveva tornare immediatamente a casa per badare a loro.

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