Capitolo tre.

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N.A. LA STORIA NON E' MIA IO MI LIMITO SOLO A PUBBLICARLA.

HALF A HEART

 (Ice on Fire) capitolo 3.




POV di Hanna.

La mattina arrivò presto. Troppo presto.
Riuscii a prendere sonno solo alle cinque del mattino e quando vidi l'orologio segnare le otto non rimasi nel letto un secondo di più. Tirai le tende, dando il buongiorno a una Londra già affollata e trafficata. Chester era ai piedi del letto e iniziò a sbattere la coda quando mi vide.
«Buongiorno.»
Non appena mi piegai per accarezzarlo, tutto ciò che avevo nello stomaco - in realtà niente - mi risalì nella gola e dovetti scappare verso il bagno. Mi piegai in ginocchio, circondando la tazza con una mano, mentre con l'altra mi tenevo i capelli e iniziai a vomitarci dentro.
«Che cazzo! Hanna stai bene?»
Louis apparse sulla porta. Il cuscino ancora stampato sulla faccia e gli occhi delle fessure. Si precipitò al mio fianco, mentre Chester rimaneva spettatore. Questo piccolo bagno era troppo affollato.
La gola mi bruciava e potevo sentire quel gusto disgustoso nella bocca che mi faceva venire voglia di vomitare ancora. Le goccioline di sudore mi ricadevano dalla fronte e mi misi seduta, ansimando, quando ebbi finito. Mio fratello se ne stava lì a fissarmi, l'espressione triste e preoccupata.
«Mi avrà solo fatto male qualcosa ieri sera.»
«Mi prendi in giro? - scattò - Non hai toccato cibo ieri.»
Dannazione. Dannazione Hanna. 
Mi alzai dal pavimento, andando verso il lavandino per sciacquarmi la bocca.
Louis era ancora lì, mi fissava attraverso lo specchio, e in un attimo il panico mi avvolse quando mi resi conto che non avevo la panciera al solito posto. Istintivamente portai le braccia sul mio stomaco, come da farmi da scudo.
«Dove vai?»
Louis mi seguì non appena lasciai il bagno e, senza rispondergli, entrai nella mia stanza, chiudendo la porta a chiave alle mie spalle.
«Hanna..»
Potevo sentire Louis con la testa poggiata sulla porta, che mi implorava.
Appiattì la schiena sulla superficie dura e scivolai giù a terra.
«Hanna ti prego, parlami.»
Soffocai un singhiozzo che sentivo stava per arrivare. Combattei con le mie lacrime, affinchè non uscissero. Non volevo parlare. Volevo solo sparire, sparire da questa realtà di merda. Una realtà in cui non so più chi sia, non so cosa farne della mia vita e di quello che verrà. E continuavo a starmene rannicchiata sul pavimento, le ginocchia al petto e la testa nascosta. Fin quando alzai lo sguardo e lo vidi seduto sul bordo del mio letto. Mi sorrideva, con quel sorriso caldo che aveva sempre avuto. E rimasi a guardarlo, senza dire una parola, e non c'era più dolore. Liam era lì. Era sempre stato con me in questi giorni.
«Sei in ritardo.» sussurrai.
«Ora sono qui.»
La sua voce mi da pace in tutto quel casino che ho dentro. Mi avvicinai scalza al letto e mi accoccolai tra le sue braccia. Non stavo diventando pazza, vero?


POV di Harry.

Lascio la casa di Eddie troppo tardi per i miei orari. Ho le ginocchia che tremano mentre mi avvicino alla mia piccola casa dall'altro lato del viale. Non avrei dovuto fare così tardi, mi ucciderà questa volta, letteralmente. Riesco già a sentire i suoi pugni su di me, i suoi calci.. la porta di ingresso è già aperta, perchè? Ho paura a varcare la soglia, ma lo faccio. 
"Mamma?" la chiamo, la voce tremante.
"Sono in cucina" 
Mia mamma mi da le spalle mentre è indaffarata con i fornelli. 
"Vai a chiamare tuo padre" mi dice.
Sento la telecronaca di una vecchia partita di baseball alla televisione in salotto e lo vedo di spalle fissare la piccola scatola quadrata.
"Papà?" mi avvicino.
Quando gli tocco la spalla, il suo corpo cade pesantemente per terra e io mi affretto ad avvicinarmi, vedendolo con gli occhi nel vuoto e l'espressione di dolore nel volto. Non respira. Perchè cazzo non respira?
"Mamma! Mamma!!"
Mia madre cammina verso di me, una pezza vecchia in mano.
"Papà non risponde!" sono nel panico.
"Lo so tesoro, l'hai ucciso."
Mia madre mi rivolge un'espressione di delusione e non sento altro che dolore. Dolore e basta. Dolore Dolore Dolore..


Mi svegliai di soprassalto, ritrovandomi in un bagno di sudore. Cacciai via quella visione dalla mia testa, smuovendola velocemente e premendomi le tempie con le dita. Dalla luce che entrava nella mia stanza capii che era mattina, ne fui grato perchè non avevo nessuna intenzione di rimettermi a dormire. Mi alzai dal letto con addosso solo un paio di boxer e aprii la porta, trovando Zayn seduto sul divano.
«Tutto bene?» chiese, rimanendo sulle sue.
Sapeva che non doveva chiedere troppo, ma provavo piacere nel fatto che si preoccupasse per me, mi sentivo meno solo.
«Ho solo un dannato casino nella testa..» risposi.
Presi un pò di caffè, sperando che mi tenesse sveglio anche oggi. Non volevo più chiudere gli occhi.
«Puoi parlarne..» azzardò Zayn, senza guardarmi.
Rimasi a fissare la mia tazza di caffè, e il nero al suo interno. Ecco come mi sentivo. Nero. 
«Mi hai sentito?» gli chiesi, non sicuro di voler sapere la risposta.
«Erano più dei gemiti, sicuro di non aver sognato qualcosa di trasgressivo?»
Cercò di portare la conversazione su un tono più piacevole e in qualche modo ci riuscì. Immagini di me e Hanna in quella piccola stanza d'hotel si impadronirono della mia testa e sorrisi, cacciando quelle immagini qualche secondo dopo.
«Che farai oggi?» mi chiese, notando la mia espressione più rilassata.
Che avrei fatto? Non lo so. 
Avrei di sicuro bevuto qualcosa, fumato qualche sigaretta, preso la chitarra e sarei andato all'Irish.
«Niente di particolare.» risposi semplicemente.
«Aproposito, il tuo capo è molto carino.» mi stuzzicò.
Il mio capo? Zayn era passato all'altra sponda?
«Josh?» chiesi, perplesso.
«No! Oddio no! Intendevo Emma!»
Risi alla sua reazione e al mio pensiero sciocco.
Ovvio che parlava di Emma, ma era difficile considerare una ragazza della mia stessa età il mio 'capo.'
«Si? Non l'ho notato.» feci spallucce, prendendo una maglietta dal cassetto.
«Perchè non le chiedi.. che so.. di uscire..»
Cazzo Zayn. Stavi andando così bene avvicinandoti piano piano a me.
Lo guardai con un'espressione accigliata e lui capì subito.
«Errore mio.»
Alzò le mani al cielo in segno di resa e se ne tornò nel suo studio improvvisato.
Emma carina? Si diavolo, lo so che era carina, ma non mi interessava. Cioè, era sicuramente meno fastidiosa della media, ma era comunque il mio capo. E poi aveva i capelli castani, gli occhi scuri, non aveva le lentiggini. Cazzo. Quanto mi mancano quelle lentiggini.


POV di Hanna.

Due ore dopo mi risvegliai al bordo del letto, con le ginocchia al petto. Guardai ancora fuori dalla finestra e vidi più traffico e più gente di qualche ora fa. Mi alzai, trascinando i piedi fuori dalla porta e pregando che Louis non fosse ancora lì. Non c'era. Lo cercai un pò per tutta la casa, fino a trovare un suo biglietto sul tavolo della cucina.

- Sono andato al lavoro, spero tu stia bene.. un bacio, Lou.-

Mi sentii male al pensiero di averlo chiuso fuori da tutto. Non sapeva niente di quello che mi stava succedendo, era ignaro di tutto e se non avessi iniziato a dirlo ad alta voce, sarei scoppiata. 
Feci una doccia veloce, asciugai i capelli e per un attimo fissai il mio corpo nello specchio. So che probabilmente passavo più tempo davanti allo specchio che altrove ma, non riuscivo proprio a capacitarmi come la persona che vedevo non fossi più io. Sarei dovuta andare da un parucchiere, da un'estetista.. avevo un aspetto terribile. Con un brivido presi la panciera nascosta nell'ultimo cassetto e la strinsi forte contro il mio busto. Sentii una fitta, ma la ignorai. Ignorare. Era questo che stavo facendo da settimane ormai. Presi un jeans e una maglietta larga sotto gli occhi attenti di Chester. Louis poteva essere ostinato quanto voleva. Oggi mi sarei trovata un lavoro. Non potevo starmene chiusa in casa, sarei impazzita. Avrei anche dovuto chiamare mia madre, Aria.. non ne avevo la forza. Il coraggio, in realtà. 
Misi il guinzaglio a Chester ed uscii all'aria aperta. 
Sorprendentemente, sorgeva il sole.
Okay, non era un sole chissà quanto luminoso ma per i canoni di Londra andava più che bene. 
Mi stupii della quantità di gente che camminava per strada, non ricordavo fosse così affollata.
Cercavo disperatamente un 'cercasi commessa', 'cercasi babysitter', 'cercasi qualsiasi cosa per una ragazza disperata'. Ma niente. Andai così per delle ore, fin quando si fecero mezzogiorno e mi resi conto di non aver messo niente nello stomaco. Per quanto questa cosa mi stesse facendo impazzire, non potevo permettermi di non mangiare. Non ora. Decisi così di entrare dentro una caffetterie carina, almeno sembrava, e ad accogliermi vidi una signora un pò in carne, con il sorriso sulla faccia.
«Buongiorno bellissima!» mi rivolse un sorriso ancora più caldo.
«Salve, - mi resi conto di Chester - lui può entrare?»
La signora mi fece cenno di si e Chester entrò nel locale con me, sedendosi accanto al mio sgabello.
«Cosa ti servo? Un caffè? Un muffin?» ci pensai su.
Di cosa avevo voglia?
«Vada per il muffin.» acconsentii.
Attesi il mio ordine, fissando le mie mani che giocherellavano con una bustina di zucchero. Non so perchè, sembrava interessante.
«Qualcosa ti turba?» mi chiese la signora, di cui ancora sconocevo il nome.
Mi passò il mio muffin su un piattino di ceramica e sentii il mio stomaco emettero un sospiro di sollievo. Cibo.
«No.. niente.. niente di particolare..»
Mi guardò e io potevo immaginare la mia faccia accigliata e immersa nei pensieri. In realtà non stavo pensando a molto, a nulla di particolare.
«Cercate per caso un aiuto..? o un..»
«Cara mi dispiace tantissimo, abbiamo già tanto personale qui.»
Mi guardò con un espressione dispiaciuta e sentivo che era sincera.
«Non fa niente..»
Sono abituata a vedere la mia vita andare a rotoli, avrei voluto aggiungere.
«Senti, - mi disse - Londra offre molto lavoro, sono sicura che troverai qualcosa.»
Dovevo sembrare proprio patetica. Qui seduta a una tavola calda, con le briciole di un muffin ormai mangiato e l'espressione nel vuoto. Io e il mio fedele cane. Patetico.
«Grazie.» feci per andarmene ma fui bloccata di nuovo.
«Aspetta! Prendi almeno un cappuccino!» 
Mi passò il bicchiere e la ringraziai con un cenno della testa.
«Io sono Mary.» mi rivolse ancora una volta quel sorriso caldo.
«Hanna.»
Le sorrisi ancora e uscii insieme a Chester.
Quel cappuccino era buono, molto. Giravo per le strade ancora speranzosa, ma alla fine dovevo rendermi conto che oggi non era giornata. Potevo sempre riprovarci pomeriggio.
«Oddio!!»
No, no, non poteva succedere sempre.
«Scusa!!»
Cercai di dire, notando tutto il liquido marroncino sulla maglietta della ragazza. Perchè finivo sempre con lo andare a sbattere sulla gente?
«Oh non è un problema!» 
Aveva lunghi capelli castani e occhi scuri, era molto più magra di me e sembrava davvero adorabile. Soprattutto perchè continuava a sorridermi nonostante l'avessi riempita di cappuccino.
«Davvero mi dispiace!» Chester spostava la testa da me a lei, quasi felice per aver avuto una scossa alla giornata.
«Tanto stavo andando al lavoro, dovevo comunque cambiarmi.»
Mi sorrideva ancora, mentre guardava divertita la macchina che si creava.
«Lavoro, - sospirai ad alta voce - la parola della giornata.»
«Cerchi lavoro? - i suoi occhi si illuminarono - Io e mio fratello abbiamo aperto un locale qua vicino e stiamo cercando personale.»
Non ci credo. Finalmente una bella notizia.
«Dici.. davvero?»
«Il locale si chiama Irish pub, so che è un nome ridicolo ma ci stiamo lavorando ed è proprio qui dietro, passa stasera e se ti piace puoi avere il lavoro, okay?»
Gia la amavo. Sorrideva sempre e la sua allegria era contagiosa.
«Io sono Emma.» allungò una mano verso di me.
«Io sono Hanna.» la strinsi.
«Il tuo cane ovviamente è ben accetto.»
Si piegò verso Chester e lo coccolò sulla piccola testolina, suscitando la sua felicità. Vedete? Metteva allegria.
«Spero di vederti stasera allora.»
«Ci sarò.»
La vidi allontanarsi ancora con il sorriso in viso e iniziai a credere che fin quando esistevano persone come Emma, potevo ricominciare davvero.
Con un bambino nella pancia, mi derise la mia coscienza.


POV di Harry.

«Cos'è quella merda?» sbottai, vedendo Emma entrare nel locale.
Decisi cosa fare in quella giornata dopo la domanda di Zayn. Sarei uscito, avrei bevuto e poi suonato. Ed eccomi qui, con un bicchiere di birra in mano, all'Irish. 
«Una ragazza mi ha rovesciato il cappuccino sulla maglietta.» spiegò.
Venne dietro il bancone e si sfilò la maglietta davanti ai miei occhi.
«Cazzo! Che fai?» mi allontanai istintivamente.
Che problemi aveva?
«Beh? Non siamo degli adolescenti, ti scandalizzi?»
Rimasi perplesso, ritrovandomi a fissare il suo corpo più a lungo del dovuto. Zayn aveva ragione. Era carina e.. sexy. Cacciai subito quel pensiero.
«Certo che no!» mi difesi.
Emma si abbassò scomparendo per qualche minuto alla mia vista e quando riemerse si stava infilando una maglietta pulita.
«Che succede?» Fantastico.
Josh spuntò con una cassa di birra in mano e ci guardò perplessi.
«Evidentemente Harry non è abituato a vedere una ragazza in reggiseno.»
Era seria? Mi stava dannatamente stuzzicando.
«Tu cosa?!» si accigliò suo fratello.
Grazie. Qualcuno trovava la cosa strana quanto me.
«Non vuoi che ti risponda, fidati.» le risposi tra i denti.
«Tranquillo fratellino, - spiegò - nessuna sensibilità è stata toccata.»
Josh alzò gli occhi al cielo e iniziò a sistemare le casse di birra nel congelatore.
«Come vi stavo dicendo, - riprese Emma - dopo che questa ragazza mi ha versato il cappuccino addosso..»
«Vi siete presi per mano e avete fatto un girotondo?» la interruppi.
Mi fulminò con lo sguardo. 
«..cercava un lavoro ed era così carina mentre si scusava con me che ho invitato lei e il suo cane a venire stasera per vedere se le piaceva il locale.»
«Cane?!» chiedemmo io e Josh all'unisono. Che fastidio.
Cane. 
Cane.
Chester. Chissà che stava facendo Chester..
«Basta che non sia petulante e ficcanaso come te.» finii il mio bicchiere di birra.
«Siate carini, - ci avvertì - entrambi.»

{spazio me}

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