CAPITOLO 46

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POV JENNIFER

Non ho la minima idea di quanto tempo sia passato da quando mi hanno rinchiusa in una delle fredde celle di Azkaban.

Riesco a distinguere quando è giorno e quando è notte solo da una piccola finestra sbarrata posta nel punto più alto della piccola stanza.

Mi hanno messo uno straccio addosso e hanno inciso con dell'inchiostro nero il numero ᛈᛉ555 nel mio collo. Immagino di essere la prigioniera numero 555, wow.

Passo le giornate rannicchiata in un angolo, cercando di impedire al freddo di penetrarmi nelle ossa ma ormai è impossibile.

Ad Hogwarts ero riuscita a riprendere peso, grazie a Draco, ma adesso sono di nuovo magrissima, qui non mi danno quasi nulla da mangiare.

I dissennatori passano costantemente davanti alle celle portando il freddo con loro e irradiandolo nelle piccole stanze dei prigionieri.

Non provo più emozioni da non so quanto tempo, quando gli Auror mi hanno portata qui dopo mi hanno affidata ai dissennatori che non sono riusciti a trattenersi e mentre mi portavano alla mia cella mi hanno risucchiato tutte le emozioni.

Mi hanno tolto la bacchetta e ovviamente non posso mandare lettere, non vivo più da quando sono qui.

Non so quante sono state le volte in cui ho pianto facendomi notare da altri prigionieri che non facevano altro che lamentarsi per il rumore che facevo. Quindi ho iniziato a versare lacrime silenziose, senza disturbare nessuno.

Non so quanto tempo sia passato ma una cosa è certa, sono chiusa qui da un'eternità. Ho cominciato a contare le notti un po' di tempo fa e sono arrivata a 102, ma il mio corpo mi da segnali più che evidenti del fatto che io sia qui da più tempo.

Era un giorno come un altro, facevo su e giù per la stanza come mi è solito fare. Le catene mi rovinavano i polsi e le caviglie costringendomi a stare il più ferma possibile ma ormai non provavo più dolore come una volta.

Non piangevo da molto tempo e le notti che ero riuscita a contare avevano superato la soglia dei 400 già da un po' facendomi capire che sono qui da più di un anno. Unico lato positivo, forse, è che i giorni volano.

Un dissennatore passò davanti alla mia cella ma non ci feci troppo caso, nemmeno quando entrò nella stanza e si mise davanti a me a prendere le ultime emozioni che mi erano rimaste.

Crollai a terra senza forze, chiusi gli occhi e per un secondo vidi una luce azzurra, molto potente, poi buio e silenzio.

Aprii gli occhi trovandomi in una stanza familiare. La luce fioca che penetrava dalla finestra mi diede la possibilità di adattarmi all'ambiente circostante e farmi capire dove io mi trovassi.

L'orsacchiotto di peluche.

L'armadio bianco.

Il letto contro il muro.

La mia camera.

Tentai di alzarmi ma un forte dolore alla testa mi fece buttare di nuovo sul letto imprecando dal dolore.

Sentii qualcuno salire le scale di corsa, poi la porta si aprì di colpo e Carmen fece il suo ingresso con le lacrime agli occhi.

"Tesoro mio, finalmente" corse ad abbracciarmi e la strinsi forte a me, abbandonandomi alle lacrime.

Altri passi mi fecero distogliere l'attenzione da tutta la gioia che provavo in quel momento e dalla porta entrò la professoressa McGranitt.

"Professoressa" sussurrai senza fiato dalla gioia di vederla davanti a me.

𝐸 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑐𝒉𝑒 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑡𝑖 𝑜𝑑𝑖𝑎𝑣𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora