12. Process of healing

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Calipso's pov

-Dov'è Luke?- era l'ultima cosa che chiesi prima di andare in panico. Era come se tutti i sentimenti negativi, ansia, tristezza, preoccupazione, si fossero accaniti insieme nel mio stomaco in quel momento. Repressi l'istinto di vomitare.

Ero completamente lucida e sentivo una bruttissima sensazione.

-Cal, calmati- mi disse Izzy, ma la ignorai. Mi alzai di corsa nonostante il giramento di testa e mi mossi tra la folla barcollando. -Dove stai andando?-

-A cercare Luke- risposi ormai lontana. A dire il vero, non avevo la minima idea di dove cercarlo ma sapeco di doverlo fare. Delle persone stavano morendo e l'idea che lui potesse essere un obiettivo mi preoccupava a morte. Senza di lui, chi avrebbe protetto gli altri Deceivers?

Appoggiai la mano sulla maniglia della porta d'uscita e appena la aprì mi ritrovai faccia a faccia con qualcuno. Ero così agitata che non lo guardai nemmeno in faccia e gli finì addosso.

-Cal, ti senti male?- chiese la sua voce preoccupata. Mi stava trattenendo per le spalle.

Tirai un grande sospiro di sollievo quando vidi Luke illeso. Mi poggiai una mano sulla fronte e lo fulminai con lo sguardo. Dove sei stato per tutto questo tempo? Che è successo? Perché mi hai invitata se poi avevi intenzione di lasciarmi sola?

-No che non sto bene. Te ne sei andato e non ti ho più visto. Pensavo potessi essere morto!- sbottai tutto d'un fiato. Avevo bisogno di una boccata d'aria e magari anche di un nuovo cuore funzionante. Troppe emozioni per una sola serata.

Luke scoppiò a ridere, cercando di mantenere il mio passo verso il giardino. Una volta raggiunta la quercia, mi girai con le braccia incrociate. Mi dava fastidio il fatto che mi seguisse, ma non volevo se ne andasse.

-Aspetta, hai ancora della droga nel sangue?- mi prese in giro.

-Fanculo Luke, sono seria-. Gli tirai una pacca sulla spalla ma continuò a ridere.

-Okay d'accordo. Stavo aiutando un ragazzo dei Prometheus con una sbronza assurda. Tutto qui- si affrettò a spiegare. Tutto qui?

-Cosa? Io stavo morendo dall'ansia e tu aiutavi uno in preda al vomito?- domandai basita.

-È andata più o meno così- disse con la massima tranquillità. Presi un profondo respiro e mi calmai.

-Okay, sai cosa? Non importa- annunciai infine. Proprio quando stavo per andarmene mi afferrò per la mano, intrecciando le sue dita con le mie. Era la seconda volta che lo faceva quella sera. Volevo prenderlo a pugni. Invece strinsi le sue dita ancora più forte.

-Eri preoccupata per me- ripeté con il suo dannato sorrisino sul volto. Non sapeva fare altro?

-Non è carino ridere di chi si preoccupa per te- dissi seccata ma contenta di quel piccolo contatto tra di noi. Con delicatezza mi appoggiò alla corteccia dell'albero, senza mai staccare la mia mano dalla sua.

-Io ti piaccio- disse d'un tratto, lasciandomi completamente spiazzata.

-Che stai dicendo? Ovvio che no- ribattei, cercando di mantenere ferma la voce e di non pensare al contatto con la sua pelle. Si avvicinò sempre di più, lasciando poco spazio tra di noi. Non potevo più indietreggiare perché la corteccia della quercia mi stava già graffiando la schiena. I suoi occhi si illuminarono di blu per un secondo.

-Stai mentendo-

Stava ridendo. Ancora. Non sopportavo quando faceva così.
Perché mi piaceva quando rideva, però?

-No- dissi senza fiato.

Non mi piaceva il fatto che credesse di sapere tutto, non mi piaceva il suo modo di prendermi in giro, non mi piaceva la sua altezzosità. Non mi piaceva lui. 

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