«Nessun bene, senza compagno, ci dà gioia.»
HARRY'S POV
«Si può sapere che ti prende? E' da prima a cena che sei strano.» La voce alta di Quinn mi distrasse dalla ricerca del pigiama nel comò di fronte al letto. Seduta ai piedi del mio letto, mi stava osservando con un'espressione tra il dubbioso e lo scettico.
Io, come tutti quelli che erano stati designati addestratori o che erano lì da lungo tempo, avevo a disposizione una camera tutta per me. Era il mio piccolo angolo di paradiso, considerando che per più di vent'anni avevo dovuto condividere la stessa stanza con Louis. Non che mi dispiacesse chissà quanto, avevo fatto l'abitudine al suo perenne disordine e al suo russare costantemente durante la notte, ma quando qualche anno prima mi avevano concesso questo privilegio, non mi ero tirato indietro dal saltare per la gioia.
Proprio perché non ero mai stato da solo in una stanza per vent'anni, quando Quinn mi aveva chiesto di spostare le sue cose nella mia stanza, avevo rifiutato con mille giri di parole cercando di non farla rimanere troppo male. Alla lista dei motivi che non avrei mai ammesso con lei, al primo posto c'era anche la sua invadenza quando mi mostravo più silenzioso del solito e sulle mie, piuttosto che iniziare una discussione che, conoscendola, mai e poi mai avrebbe portato a qualcosa di buono. Ed era proprio per questo che aveva passato tutta la cena ad insistere di passare la notte da me, nonostante avessi provato in tutti i modi a farle capire che non fosse una buona idea.
Inutile dire che mi pentii di non aver fatto di più, perché il tono che aveva usato per rivolgersi a me, fu la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
«Cos'era la scenetta che hai messo su prima, mmh?» Le chiesi, dopo essermi infilato i pantaloni del pigiama e rinunciando ad infilare la maglietta.
Lei in tutta risposta, incrociò le braccia al petto, indispettita e incredula. Era impossibile che non si fosse resa conto di cosa mi stesse infastidendo in quel momento, impossibile. E quel suo cercare di far finta di nulla era snervante.
«Quale scenetta? Non capisco...» mi passai una mano tra i capelli, frustrato, prima di sbuffare.
«Sai bene di cosa sto parlando, Quinn. Non fare la finta tonta.» Lei ruotò gli occhi al cielo, scuotendo la testa, ed io dovetti serrare la mascella e i pugni, per evitare di far finire uno di questi contro una parte del mobilio.
«No, non lo so. Se fossi più chiaro potrei anche darti delle spiegazioni, non credi?» Il tono da spocchiosa lo aveva sempre utilizzato, in certe occasioni era anche divertente, ma quella non rientrava di certo tra quelle.
«Prima, con la Denvers.» Mi limitai a dire, sapendo che avrebbe capito immediatamente. Infatti fu così, visto che rise amaramente, scuotendo la mano davanti al viso come se la questione che stavo tirando fuori fosse qualcosa di poco conto che non valeva nemmeno la pena tirare in ballo.
«Ho semplicemente specificato in che rapporto fossimo io e te, tu non lo hai fatto, allora l'ho fatto io. Dov'è il problema?» Chiese retoricamente, alzando il tono di voce di un'ottava.
«Peccato che fosse già piuttosto palese e che tu lo abbia fatto sempre con i tuoi soliti modi del cazzo!» Mi resi conto di aver alzato la voce solo quando finii di parlare e in parte me ne pentii, ma non era la prima volta che faceva qualcosa del genere, ed io, nonostante fossi un tipo piuttosto paziente, avevo i miei limiti.
«Harry - mi ammonì - Adesso stai esagerando. E' normale che io metta in chiaro certe cose, mettitelo bene in testa! Ed è normale che mi dia fastidio vedere una recluta, per giunta molto bella, ronzarti intorno!» Sì, la Denvers era davvero molto bella, non avrei mai potuto negarlo, nemmeno sotto tortura, ma questo non giustificava la sua perenne invadenza e voglia di mettermi in imbarazzo.
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ARGEMONIA [HS]
FanfictionDiana Denvers ha ventitré anni e il corpo segnato da cicatrici che sono il suo promemoria perpetuo dei cinque anni passati nell'esercito americano. Dopo aver perso il suo plotone in Afghanistan, torna nella sua città natale per un congedo temporaneo...