11 - Leggerezza

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«Desiderio di leggerezza

nel cuore che pesa

come pietra

dentro una barca.»

«Chissà perché, ma io me lo sentivo dal primo momento in cui ti ho vista, che avresti fatto qualche danno.»

Quelle parole uscirono dalla sua bocca in un sussurro sommesso, con la sua voce roca e spezzata dalla nostra risicata vicinanza, con i suoi occhi impegnati a viaggiare su ogni piccolo ed insignificante dettaglio del mio viso. Tutto sembrava essere stato avvolto da un inspiegabile immobilismo, mi sentivo imprigionata in quell'atmosfera fatta di cloro, acqua e epidermidi bagnate in contatto.

Avevo imparato a conoscere me stessa e il mio corpo quando era vicino a lui e, anche se normalmente quelle parole mi avrebbero fatta scappare a gambe levate o sperare nell'arrivo di qualche suono ripetitivo e fastidioso che irrompesse in quell'eco di risate e sospiri pesanti, così non fu. Anzi.

Mi ritrovai a sorridere furba, con una strana euforia addosso. Aver giocato in quel modo con Styles, senza nessuna allusione sessuale o complimento troppo esplicito sul mio corpo, mi aveva dato un senso di serenità e spensieratezza che non ero riuscita a provare da tempo, facendomi rendere conto che fossi io quella a prendere troppo sul serio la vicinanza di Harry.

Ed ero sempre io a temerne l'effetto, quando invece mi sarebbe bastato prenderlo meno sul serio, accettare questa come inevitabile conseguenza di un'attrazione inspiegabile, una chimica ancora non compresa e cercare di alleggerire quei momenti, senza creare ulteriori drammi nel casino che era la mia vita.

Non era semplice farlo, quando dentro di me si innescava un meccanismo di razionalità estrema, ricerca di risposte a domande che non potevano averne, oltre agli inevitabili sensi di colpa che provavo per una persona che ormai non esisteva più se non nei miei ricordi, nel mio cuore e nella mia anima.

Ma in quel momento, che appariva sospeso nel tempo, sembrava tutto più... Leggero.

Leggere mi sembravano le mie mani a premere sul suo petto e leggera mi sembrò la sua presa sui miei polsi. Leggero mi sembrò il suo respiro sulla mia mia fronte e leggero fu il mio sorriso specchio del suo.

Sdrammatizzare, dovevo semplicemente sdrammatizzare.

«Se per danno intendi aver alzato il livello di preparazione dell'intera Argemonia, sì, ho proprio fatto un danno.» Risposi quindi, con un occhiolino e facendogli la linguaccia come una bambina con fare vanesio, spingendolo e allontanandomi dal suo corpo per sorpassarlo. Scesi sotto la superficie d'acqua con un paio di bracciate e, nonostante la massa d'acqua sotto di me, lo sentii ridere sguaiatamente e forse anche trattenere un'imprecazione.

Nuotò anche lui verso di me, ma all'ultimo decise di raggiungere il bordo della piscina, sollevandosi sulle braccia e regalandomi la visione dei suoi addominali e dei suoi bicipiti, bagnati e in tensione, ma decisi di non farmi tangere da una visione così afrodisiaca quali i muscoli e le sue felci tatuate che mettevano in risalto la V del suo basso addome o dal modo in cui si spostò i capelli bagnati all'indietro dopo che gli erano ricaduti sulla fronte, ancora sorridente per via del modo in cui per la seconda - se non terza - volta lo avevo respinto.

«Non era proprio questo quello che intendevo, ma sì, hai ragione. Non te la cavi così male.» Disse, schizzandomi ancora dell'acqua addosso che non riuscii ad evitare che mi arrivasse dritta in faccia perché troppo impegnata a rimanere a galla.

«Ed io che pensavo che tu mi considerassi solo un bel culo e delle belle tette!» lo rimproverai, dopo essermi passata le mani sugli occhi, avvicinandomi a lui e usando le sue ginocchia come appiglio, troppo stanca per continuare a muoverle per non sprofondare.

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