26 - Quella giusta

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«Ad unire il cuore delle persone non è soltanto la sintonia dei sentimenti. I cuori delle persone vengono uniti ancora più intimamente dalle ferite. Sofferenza con sofferenza. Fragilità con fragilità.»

LOUIS' POV

Quella mattina mi ero svegliato decisamente di buon umore, per più motivi. Il Generale era tornato e aveva convocato Quinn e Harry nel suo ufficio, probabilmente per punire la prima per ciò che aveva fatto a Diana, che di certo non aveva fatto nulla per meritarsi un trattamento simile. 

Tutti avevano pensato, fino a quel momento, che fosse cresciuta, che non fosse più la ragazzina di sedici anni un po' complessata che mostrava il suo dolore con la cattiveria gratuita. A volte erano arrivati a darmi anche dell'esagerato per l'odio che covavo nei suoi confronti, ma non mi sarei mai aspettato l'opposto.

Ero sempre stato bravo a mascherare le mie vere emozioni con la mia ironia irriverente e il mio sdrammatizzare costante, ma la verità era che Grace era stata il mio primo grande amore -  per quanto a diciotto anni fosse stato per me difficile comprenderlo - e vederla prendere un aereo per volare chilometri e chilometri lontano da me, mi aveva letteralmente spezzato il cuore, portandomi a dissimulare il dolore che in realtà stavo provando per quel più che giustificato abbandono.

Ed io non avevo lottato abbastanza per lei, era una conclusione a cui ero arrivato soltanto anni dopo, passati a provare rancore per lei per non essere rimasta a lottare per noi due, a non darmi la possibilità di conoscere a fondo nessun altra per paura di incappare nello stesso sgomento causato dal dolore.

Ma chi, a sedici anni, sarebbe rimasta in un luogo che non sentiva casa sua? Con un ragazzo che tutti dipingevano come il pagliaccio del gruppo, buono solo a lanciare qualche freccia al centro di un bersaglio, che, secondo tutta l'Argemonia, se la faceva con tutta la popolazione femminile dell'Accademia?

Se solo Quinn non avesse fatto quello che aveva fatto, io forse avrei avuto più tempo per capire a fondo i miei sentimenti per lei, per dimostrarle di non essere soltanto un idiota, ma qualcuno su cui avrebbe potuto fare affidamento, qualcuno in grado di darle l'amore che quella ragazza si meritava.

Ma ogni lasciata è persa, ed io di questo me ne ero reso conto troppo tardi e, una volta averlo capito, era stato veramente difficile trovare qualcuno che mi facesse pensare «È lei, è lei quella giusta.»

Mi avevano dovuto sparare, far temere per la mia vita e poi per le funzionalità del mio braccio, quello che usavo per parare il culo ai miei amici come un angelo custode, per farmi incontrare quella persona.

Forse era un po' prematuro pensare quelle cose, me ne rendevo conto, ma avevo avuto modo di conoscerla a fondo, durante quelle tre settimane, mentre cercavo di riprendermi da quel brutto colpo.
Avevo cercato di non mostrarmi debole, davanti ai miei amici, di mostrarmi come l'uomo virile che non si faceva scalfire da nulla, ma quando la sera, dopo le sedute di fisioterapia in cui a malapena riuscivo a muovere le dita, venivo preso dallo sconforto e dalla paura di non poter più imbracciare le mie armi, c'era lei ad evitare di farmi crogiolare nel mio dolore.

E sì, era il suo lavoro far stare bene i suoi pazienti - ed era dannatamente brava in quello - ma la compassione che i suoi occhi mostravano, le sue fragilità che tra una conversazione e l'altra mi aveva rivelato, avevano fatto sì che mi legassi a lei al punto tale da non riuscire a farmi pensare ad altro che a lei, ai suoi capelli bruni, lunghi e spettinati, ai suoi occhi scuri che si inumidivano a vedermi atterrito, troppo spaventato dall'ignoto che alleggiava sul mio futuro da milite.

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