8 - Invidia

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«Guardando bene, si scopre che nel disprezzo c'è un po' di invidia segreta. Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete, una libertà che non vi concedete, un coraggio, un'abilità, una forza, dei vantaggi che vi mancano, e della cui mancanza vi consolate col disprezzo.»

Le settimane successive al giorno più buio che avessi vissuto all'Argemonia, furono decisamente monotone. Gli allenamenti procedevano bene, ma era sempre più difficile conciliare le mie poche ore di sonno con l'intensità dell'addestramento. Per questo, quel venerdí - quando mi ritrovai al poligono dell'Accademia - presi un respiro di sollievo.

Amavo quel luogo e il senso di privacy che riusciva a trasmettermi. Le spesse pareti che dividevano ogni postazione, le cuffie insonorizzate che riuscivano ad escludere tutto ciò che mi circondava dandomi modo di non pensare ad altro che ai bersagli, rendevano le due ore che dovevo passare in quel posto decisamente le più piacevoli della giornata.

Accadeva spesso, infatti, che durante tutti gli altri allenamenti avessi sempre la perenne sensazione di essere osservata dai miei compagni e non sempre con sguardi di ammirazione. Samanta Carter, in particolare, continuava a darmi filo da torcere da qualche giorno a quella parte, precisamente da quando, durante un corpo a corpo, l'avevo messa a tappeto dopo soli due minuti. Da quel giorno in poi, non mi aveva mai rivolto la parola se non strettamente necessario ed era un continuo fare commentini a bassa voce, alcuni anche riguardanti le mie ustioni e le mie cicatrici e altri simili a quello fatto durante il primo addestramento con Harry ogni volta che lui si complimentava con me per il lavoro svolto. Ecco, a questo si limitavano le parole che io e quel ragazzo dagli occhi verdi magnetici ci rivolgevamo, ma questo era un pensiero che stavo cercando di eliminare il più possibile.

Tornando a Samanta, io l'avevo sempre ignorata, dopotutto sapevo che non potevo di certo stare simpatica a tutti, avrei dovuto accettarlo e farmene una ragione, la sua era soltanto invidia. Mal riposta, ma pur sempre invidia.

Ed io ci provavo seriamente a mantenere la calma, a far finta di niente, ma quando superai la soglia dell'atrio del poligono, mentre cercavo di rimettere dentro il mio borsone la mia borraccia e inciampai perché aveva ben deciso di farmi uno sgambetto, non ci vidi più.

Mi sollevai dalla posizione accovacciata che avevo assunto per la caduta e subito notai come Arya la stesse trucidando con lo sguardo, ma appena spostai lo sguardo su quella stronza e sul suo sorrisetto di vittoria stampato in volto, mentre la sua amichetta Kate cercava di trattenere le risate, fui sicura che il mio, di sguardo, fosse molto più intimidatorio di quello della mia amica.

Sospirai, cercando di mantenere la calma e poggiai il mio borsone in terra, controllando che Malik - il nostro addestratore - non fosse ancora arrivato e feci un passo verso di lei, avvicinando il mio viso al suo, decisamente poco grazioso e spigoloso, che mi stava guardando con un'aria di sfida e sufficienza.

«Non ti facevo così sbadata, Denvers.» Disse, spostandosi una ciocca di quei capelli color prugna che avrei tanto voluto strapparle dalla testa ad uno ad uno.

«Ed io non ti facevo così stupida da provocarmi fino a questo punto, Carter.» Risposi, cercando di controllare il mio respiro e la rabbia che stava cercando in ogni modo di essere sfogata su quella faccia da finta innocente che si era dipinta addosso.

«Io non ho fatto niente, sei tu che non sai dove mettere i piedi ogni volta che scendi dal piedistallo su cui gli addestratori ti mettono ogni volta.» A quelle parole, scoppiai a ridere di gusto, girandomi verso Arya che la stava guardando con aria sbalordita e ridicolizzante. Era patetica e non si rendeva nemmeno conto di esserlo.

Tutti gli altri nostri compagni, cioè gli altri ragazzi, stavano seguendo la scena con attenzione, in attesa che succedesse qualcosa di più allettante, ma in quel momento decisi di non accontentare la loro sete di gossip. Le voci ad Argemonia volavano in fretta e non mi andava di diventare lo zimbello di tutta l'accademia.

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