20 - "Buon" Natale

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«Ricordare con gioia ciò che è stato, ricordando... non si deve soffrire, anche se una dolce malinconia ci struggerà. I cammini delle persone sono tanti, le strade s'incrociano, si sfiorano, si scontrano, si ritrovano e si perdono. Però ognuno è unico.»

DIANA'S POV

Erano settimane che all'Argemonia si respirava aria natalizia e nient'altro. Le decorazioni oro, rosse e verdi predominavano in qualsiasi stanza si facesse ingresso, palestre comprese. Con l'arrivo del Natale, tutto aveva assunto nuovi colori e nuovi animi, più allegri e più spensierati. Come se quella festività avesse avuto il potere di assemblare nuovamente le giovani e vecchie anime ammaccate che vi vivevano all'interno.

Non si poteva dire lo stesso di me, io avevo sempre avuto un rapporto decisamente conflittuale con quel giorno dell'anno.
A casa il Natale era un giorno come gli altri, ci obbligavamo sempre a pensare che lo fosse. Perché ci sono certi giorni in cui l'assenza di qualcuno pesa un po' di più, sembra sempre più incolmabile, soprattutto quando la tradizione voleva che gli affetti si riunissero tutti insieme a tavola e condividessero la gioia dell'unione, lasciandosi alle spalle dissidi e malcontenti, una pausa forzata da tutti i tormenti quotidiani.

Io, mia madre e mia sorella, non ci eravamo mai riuscite. Ci avevamo provato, quando papà era ancora in vita, assente perché impegnato a servire il nostro paese. Ma il suo posto vuoto a capotavola, dopo la sua morte, sembrava messo in evidenza da dei riflettori luminosi di nostalgia e pentimenti, i sorrisi indossati per augurarci "Buon Natale" un po' più finti e delle lacrime erano sempre l'ordine del giorno, quando andavamo fargli un saluto al cimitero per non farlo sentire solo.

E allora tutto diveniva un automatismo di azioni e pensieri, fino all'arrivo del giorno seguente, al ritorno alla propria quotidianità.

E, quella mattina, avevo deciso di comportarmi esattamente come avevo fatto nei tredici anni precedenti. Uscita dal bagno della camera di Harry, dopo aver visto che si fosse addormentato talmente profondamente da non aver sentito la porta richiudersi alle mie spalle, avevo deciso che fosse meglio raccogliere le mie cose e tornare nella mia camera per recuperare l'occorrente per una doccia e iniziare la giornata esattamente come avrei fatto in qualsiasi altro giorno dell'anno.

La notte appena trascorsa era stata un piccolo regalo che inconsapevolmente avevo fatto a me stessa, che il mio corpo aveva deciso di concedermi, sbloccando il lato di me bisognoso di quel tipo di attenzioni, di un risveglio inconscio dei sensi e il cedere alla complicità affine che avevo da sempre avuto con Harry.

Una complicità che quella notte si era riconfermata in tutto e per tutto, in ogni nostra singola azione. Una complicità che in parte mi spaventava e dall'altro mi aveva spinta a fare quello che poi avevo fatto.

Senza nessun pentimento o rimpianto, ma con la consapevolezza che tutto quello che era successo fosse stato soltanto un momento in cui avevo lasciato nella mia stanza la Diana tormentata, silenziato il mio cervello e vissuto una notte come una semplice ventitreenne che sentiva il bisogno di una notte brava all'insegna del diniego di apocalittici pensieri.

Pensieri che temevo mi avrebbero tormentata se solo mi fossi addormentata per più di cinque minuti, uno dei tanti motivi per cui l'addormentarmi di fianco a Harry fosse fuori discussione.

Erano mesi ormai che ero perseguitata da terribili incubi, che mi facevano svegliare nel bel mezzo della notte senza respiro e madida di sudore dalla testa ai piedi. Nonostante passassi le giornate a sfiancarmi il più possibile, a consumare ogni mia singola energia per essere talmente stanca da cadere in un sonno profondo, questi venivano comunque a farmi visita, a bloccare ogni mio singolo arto, come ad obbligarmi ad assistere a quelle scene cruente che il mio disturbo da stress post traumatico mi proponeva fino al risveglio.

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