«Lately I'm getting lost on you
You got me doing things I never thought I'd do
Never spent so long on a losing battle
But lately giving up don't seem to matter.»HARRY'S POV
Erano passati due giorni, da quando Diana si era svegliata. Due giorni e due notti insonni, passate a rimuginare riguardo tutto ciò che era successo. Al modo in cui mi ero sentito mentre l'avevo vista sgretolarsi davanti ai miei occhi e poi davanti alle mie braccia.
Avevo continuato a pensare e a ripensare a cosa mi avrebbe portato starle così vicino, se quel bisogno costante che avevo di aiutarla, avrebbe successivamente portato me ad aver bisogno di aiuto.
Persino Louis, che mi aveva sempre supportato, era arrivato a chiedermi che intenzioni avessi con lei, dopo avermi raccontato che la sua cena era andata benissimo.
«Amico, abbiamo parlato per ore e non mi sono annoiato. E anche lei. Così dice. Non ho nemmeno pensato al sesso. È un buon segno, vero?» mi aveva chiesto, come se io sapessi qualcosa riguardo ai primi appuntamenti e quali fossero i requisiti per poter dire che fossero andati a buon fine. Quindi avevo scrollato le spalle e lo avevo liquidato con un «credo proprio di sí» troppo preso dai miei pensieri.
E lui, ovviamente, se n'era reso conto, così aveva provato a non farmi accorgere quanto lui fosse preoccupato per le conseguenze del mio attaccamento a lei, ma era come se avesse scritto in fronte un «Ti spezzerà il cuore, amico».
Perché qualcuno che soffre spaventa, spaventa perché si ha sempre la sensazione di tenere per le mani del fragile cristallo che può sbriciolarsi da un momento all'altro.
Perché io avevo visto la vera Diana, quella che credevo essere un diamante grezzo, forte e irreprensibile, mostrare un lato di lei che mi era sempre stato comodo convincermi che non esistesse, mentre invece era solo nascosto sotto chili e chili di attrazione fisica e palese chimica.
Ed io mi ritrovavo costantemente a combattere tra il bisogno di farla stare bene, al chiedermi costantemente se avessi fatto la cosa giusta a prometterle che le sarei sempre stato vicino. Se ne fossi degno, se ne fossi in grado.
L'Harry che ero sempre stato, di certo non lo era. Eppure pronunciare quelle parole mi era risultato semplice come bere un bicchiere d'acqua.
Ad aggiungersi ai miei pensieri, quel giorno, vi era il ritorno del Generale. Un ritorno che non avevo atteso con ansia, anzi. Quinn era nei guai, come meritava di essere. Eppure, quando Thompson aveva convocato anche me nel suo ufficio, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era che non avevo assolutamente voglia di rivedere la faccia della ragazza che, più di tutto e tutti, mi aveva deluso con il suo comportamento.
Assistere alla lavata di capo che le avrebbe fatto Thompson non mi entusiasmava, al contrario dei miei amici, che non vedevano l'ora di capire quali sarebbero state le conseguenze delle sue azioni. Volevo solo pace e tranquillità, smettere di pensare a quel giorno che, per quanto fosse iniziato male e finito peggio, era stato un punto di partenza per un rapporto con Diana, caratterizzato da stima reciproca e volontà di conoscersi in ogni nostra sfaccettatura.
Avevo obbligato Diana a riposarsi il più possibile, sotto lo stretto controllo di Arya, che si era ripromessa di tenerla d'occhio, impedendole di andare a correre alle prime luci del mattino e assicurandosi che durante gli allenamenti non si sforzasse più del dovuto.
STAI LEGGENDO
ARGEMONIA [HS]
FanfictionDiana Denvers ha ventitré anni e il corpo segnato da cicatrici che sono il suo promemoria perpetuo dei cinque anni passati nell'esercito americano. Dopo aver perso il suo plotone in Afghanistan, torna nella sua città natale per un congedo temporaneo...