17 - Devi dirmelo

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«Non si desidera mai ardentemente ciò che si desidera solo con la ragione.»

DIANA'S POV

Harry Styles mi avrebbe mandata al manicomio, di questo incominciavo ad esserne sempre più certa ogni singola volta mi ritrovavo vicina a lui in quel modo. Io avevo provato a stargli lontana e ci ero riuscita per settimane, proprio per evitare quel circolo vizioso di battute provocatorie, corpi spasmodici vicini e labbra sempre ad un battito di cuore di distanza.

E Dio, quando mi era vicino in quel modo, la mia razionalità sembrava svanire in un istante lasciando spazio a quella spensieratezza che avevo sempre bramato ma che non sentivo di meritarmi.

E lo odiavo per questo, lo odiavo terribilmente. Perché riusciva a farsi spazio tra le mie remore e i miei timori con qualche parola sussurrata con la sua voce sempre roca e profonda, con le sue grandi mani a lambire il mio corpo che scoprivo scalpitare ogni volta si trovasse a meno di un metro dal mio.

E adesso mi trovavo in un bagno a rinfrescare il mio viso cercando di eliminare quella sensazione di inadeguatezza e calore promiscuo che lui mi aveva causato.

Me ne sarei andata, a costo di rubare le chiavi della macchina che Arya si era portata da Chicago e me ne sarei tornata in camera mia a maledirmi di aver accettato l'invito di Louis e per aver desiderato che Harry mi avesse baciata ancora e ancora.

Ma quando sollevai il mio bacino dal bordo del lavandino su cui mi ero appoggiata per andarmene il più in fretta possibile, ciò che vidi tramite lo specchio mi fece immediatamente capire che non me ne sarei andata presto come invece speravo di fare.

Harry era ora dietro di me a due passi di distanza dal mio corpo, con i suoi capelli scompigliati dalle mie e dalle sue mani, la camicia con i bottoni sbottonati fino all'addome a far intravedere quanto il suo busto fosse scolpito alla perfezione, con i suoi tatuaggi a renderlo ancora più accattivante, a darmi un motivo in più per non togliergli gli occhi di dosso.

«Perché te ne sei andata?» mi chiese, immobilizzandomi sul posto con il suo tono imperante e avvicinandosi di un altro passo.

«Ti ho già detto perché, Harry.»
Non avevo il coraggio di girarmi verso di lui e affrontare i suoi occhi che erano fissi sul mio viso tramite lo specchio, alla ricerca di risposte.

«Ti sbagli - un altro passo, pochi centimetri a separare il suo petto dalla mia schiena - Hai detto che tutto questo è un enorme e gigantesco sbaglio, ma non mi hai detto perché.»

Sentivo il suo respiro ad ogni parola pronunciata imbattersi sui miei capelli, il suo sguardo a sostenere il mio, brulicante e assetato. Le mie gambe cedere alla prepotenza di ciò che Harry rappresentava per me.

Non risposi, ma dell'Harry che aveva rispettato il mio silenzio nelle ultime settimane, nonostante il nostro bacio, che se non fosse stato interrotto si sarebbe trasformato in qualcosa di più - di molto di più - non c'era più traccia.

Harry quel giorno si sarebbe imposto, quanto meno per avere delle risposte. Risposte che però io non avrei mai potuto dargli, perché nemmeno io ero in grado di razionalizzare il tutto abbastanza per comprendere la causa di quel desiderio bruciante; di quel desiderio che mi scuoteva le viscere e l'epidermide sempre puntellata di brividi.

Brividi che si moltiplicarono a dismisura quando riparlò.

«Continui a sfuggirmi, ad ignorarmi. - La sua mano spostò i miei capelli su una sola spalla, su cui poi posò un leggero bacio. - Eppure tutto ciò che è successo, mi sembra tutto, tranne che sbagliato.»

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